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Infermieri. Nuove competenze? Ma allora anche nuove responsabilità

di Anna Brambilla

10 MAG - Gentile direttore,
sono un medico, sto seguendo in questi giorni con interesse il dibattito in corso sulle prospettive del Sistema Sanitario Nazionale in merito al nuovo patto tra professionisti della salute in costruzione presso il ministero della Salute. Il fatto che le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e la professione ostetrica siano state oggetto e soggetto di una profonda evoluzione formativa è da considerare come un elemento certamente positivo.

Ma non possono essere sottovalutate alcune riflessioni.
Ridisegnare il rapporto fra professione medica e professione infermieristica attribuendo agli infermieri competenze e atti finora di pertinenza medica, senza che venga parimenti ristrutturata la titolarità degli stessi atti in termini di responsabilità, induce ad alcune considerazioni.La costante evoluzione scientifica e tecnologica giustifica l'evoluzione organizzativa dell'assistenza medica e di quella infermieristica, e certamente anche una maggiore attenzione alla spesa economica in sanità la motiva in termini di efficienza.
Tuttavia, all'evoluzione formativa della professione infermieristica non è finora corrisposta una pari evoluzione ordinamentale, che all'efficienza economica abbia mai associato con precisione il rispetto dell'appropriatezza assistenziale.
Nè il progetto ministeriale sulle nuove competenze infermieristiche appare voler seriamente colmare questo vuoto, anzi… tutt’altro.
Infatti, sollevare il personale medico da atti e competenze non può tradursi in un'attribuzione al personale medico di responsabilità medico-legali per atti e competenze da lui non direttamente svolti, sotto la forma ambigua della "responsabilità di equipe" o dell’”atto medico delegato”.
E’quantomeno singolare pensare che alla nuova “autonomia” professionale non debba corrispondere una proporzionale e personale assunzione di responsabilità giuridica professionale.

Il termine “responsabilità” è l’unico che manca del tutto nei documenti ministeriali!
A proposito del cronoprogramma, lascia perplessi che la “valenza epocale” del progetto elaborato dal tavolo tecnico sia stata il frutto di un “intenso lavoro svolto in pochi mesi”... altrettanto dicasi per il fatto che “lo svolgimento di una siffatta ricomposizione delle competenze professionali ... prevederebbe l’avvio in tempi rapidi”.
Sorge il sospetto che l'urgenza sia motivata proprio dall'intenzione di voler attribuire al progetto ministeriale una valenza di unilaterale volontà politica, e non di proposta tecnica condivisa, come peraltro già verificatosi in questi ultimi tempi in altri settori del lavoro, pubblico e non.
Ecco perché solo nel momento in cui il documento ministeriale ha preso il nome di “bozza definitiva” è stata frettolosamente cercata nei medici una “condivisione” di tale progetto, di fatto ridotta da tanta frettolosità a mera presa d’atto.
Considerare l’implementazione delle competenze dell’infermiere come un “emergenza” lascia intendere che le ragioni di questa rivisitazione delle competenze mirino ad un risparmio sulla spesa rappresentata dal personale sanitario.

Ma quest’obiettivo non è affatto privo di alcuni lati oscuri, che al cittadino, utente e finanziatore del Ssn, devono essere chiariti senza falsi pudori.
Uno tra tutti: gli ultimi sviluppi della professione infermieristica hanno di fatto traghettato un certo numero di infermieri dalle corsie (nelle quali i loro colleghi sono stati lasciati in balìa delle ristrettezze di personale) alle scrivanie degli uffici infermieristici.
Quanta parte del proprio orario di lavoro svolge dietro una scrivania buona parte dei laureati in scienze infermieristiche? Questo lavoro è quello per cui essi sono stati formati? Le nuove competenze infermieristiche progettate dal ministero non rischiano di incrementare questo fenomeno? E tutto questo potrà mai essere un effettivo risparmio di spesa?

Dott.ssa Anna Brambilla
Milano

10 maggio 2012
© Riproduzione riservata

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