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Salute, sicurezza ed economia

di Cristina Banchi

21 DIC - Gentile Direttore,
ho letto con molto interesse e coinvolgimento la lettera della dott.ssa Palma Sgreccia “Libertà o morte! Contro la scienza del sistema, meglio riflettere” pubblicata il 14 dicembre. Condivido le riflessioni esposte e la disanima delle possibili ragioni della diffidenza verso lo stato terapeutico. Nel tiro alla fune tra diritti e doveri, tra restrizioni che generano sicurezza reciproca (la tirannia sanitaria) e il libero arbitrio (la libertà di ubriacarsi) che esige il rispetto della privacy, i sanitari, e tutti coloro che si prendono cura, come gli educatori, ma non solo, anche coloro che devono lavorare ad un sportello, poste, banche… sono la fune.

"Libertà o morte! Contro la scienza del sistema! sono gli slogan che possono riassumere le varie forme estreme di protesta”. Credo abbia ben descritto ciò che come persona e come sanitario mi ferisce di più: è stato concesso ad un gruppetto di persone il permesso all’istigazione alla violenza (alla strage!!!), contro lo sforzo immane della stragrande maggioranza dei cittadini.

Le crepe generate da questa banale tolleranza sono state devastanti. Questo aspetto associato alla scarsa trasparenza e alla sfiducia ben descritte nell’articolo, ha generato la giustificazione a comportamenti contrari alle raccomandazioni. Se possono farlo loro, lo faccio.

E’ cresciuto sempre di più il disinteresse rispetto al fatto che uscire, assembrarsi, fregarsene delle regole generasse contagio, con esso malattia e morte.

Siamo arrivati a sfiorare i 1000 morti al giorno. Come è possibile continuare a negare?

Ho una mia opinione. Dario Musso, l’ex generale Pappalardo, i gilet arancioni hanno nomi cognomi, parlano agiscono in maniera eroica. Sono persone, individui che lottano per la loro autodeterminazione, in nome di un diritto universale. Possono apparire fulgidi, altruisti, paladini dei libertà.

I sanitari sono numeri. Senza volto, senza nome e meno che mai cognome. I morti sono numeri. Sacchi chiusi, cosparsi di varichina, bare anonime mandate all’inceneritore (e se dentro non ci fosse nessuno?).

Nell’aggregazione dei dati diventano invisibili. Nella deumanizzazione per invisibilità gli individui scompaiono come persone per trasformarsi nella migliore delle ipotesi in elementi statistici o variabili. Nella deumanizzazione per invisibilità semplicemente non si prendono in considerazione come esseri umani, e perciò non si considerano gli atti nei loro confronti con lo stesso peso1.

I pochi volti dei sanitari sconvolti disturbano, infastidiscono, l’aggressività verso i sanitari, che sembrava superata, riemerge ancora più violenta.

A questo effetto di invisibilità, si associa il pregiudizio basato sull’età, detto ageismo.
L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni (mediana 82), di cui il 66% affetto da almeno 3 patologie croniche preesistenti2.
L’ageism si basa su stereotipi fortemente radicati nella cultura, che vede gli anziani obsoleti, fuori tempo, un peso sociale ed economico, sacrificabili.

Il 6 marzo è stato pubblicato il comunicato stampa della SIAARTI e le Raccomandazioni di etica clinica. Il documento è scritto in un momento che definirei apocalittico, prevedendo gli scenari possibili e indicando dei criteri decisionali terribili, ma di fatto inevitabili in tempi di pandemia, il triage di guerra che nessuno vorrebbe mai applicare.
Il documento è stato ampiamente discusso e criticato, personalmente lo ritengo coraggioso e obiettivo. Necessario. Se le risorse sono poche è indispensabile decidere come ottimizzarne l’utilizzo e la responsabilità delle scelte deve essere condivisa.

Mi domando adesso, dopo un periodo di relativa pace, dopo aver vissuto quella catastrofe ed aver dovuto applicare quei criteri da guerra di trincea, perché adesso niente è cambiato? La seconda ondata non solo è stata altrettanto devastante, ma non cenna a ridursi. Non siamo più nell’emergenza di marzo, ma continuiamo ad accettare di affrontare la gestione della sanità con gli stessi criteri, adesso, a mio avviso discutibili.

Come conciliamo l’aumento dei decessi con la continua riduzione dei ricoveri? Più leggo questa tendenza, più non mi torna. Se aumentano i morti, ma gli ospedali si svuotano, dove si muore? Come si muore? I luoghi di cura alternativi sono adeguati a curare? Penso alle residenze per anziani o per disabili e mi viene da dire di no.

Ciò che manca, a mio avviso, è la coerenza tra ciò che decidiamo e le conseguenze nel tiro alla fune tra salute/sicurezza ed economia. Il problema è che così non si risolve né l’uno né l’altro problema, ma se il valore dell’economia supera il valore delle vite umane e della sicurezza dei lavoratori, che venga ammesso. Smettiamo di scandalizzarci davanti agli assembramenti nei centri commerciali, e applaudiamo il risorgere dell’economia.

Cristina Banchi
Infermiera

 
1.  Volpato C.; “Deumanizzazione: come si legittima la violenza”, ed. Laterza; Bari 2016, pag. 147
2.   https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia

21 dicembre 2020
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