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Il doppio incubo dei medici della sanità privata

di Carmela De Rango

02 MAR - Gentile Direttore,
quanto spazio verrà dedicato nel Recovery Plan al grande tema del welfare relativo alla sanità? Questo è indubbiamente uno dei grandi temi sul tavolo governativo, soprattutto oggi, mentre la Sanità è sottoposta ad un così grave test, avendo indubbiamente rivelato molti punti deboli e difficoltà organizzative.
 
Si è anche notato come la sanità pubblica, da sola, non sia sufficiente ad assicurare alla popolazione una capillare e completa assistenza, tanto che si è dovuto ricorrere alla sanità privata, che ha risposto da par suo all’emergenza, dimostrandosi una insostituibile risorsa.
 
Da pochi mesi abbiamo ricordato il 50esimo dall'approvazione dello Statuto dei Lavoratori, opera dei grandi giuristi Gino Giugni e Giacomo Brodolini. Dopo il 1969, l'anno dell'autunno caldo per la scadenza dei contratti di lavoro, il futuro era ancora gravido di tumulti e sconvolgimenti, quando, nel maggio del 1970, giunse quella che ancora oggi è la pietra miliare del diritto del lavoro. Un lavoro che oggi, al tempo del Covid-19, nonostante gli elogi tessuti ad alcune specifiche categorie, come i professionisti della sanità, vede svilire i propri principi basilari.
 
Noi medici che operiamo nella sanità privata stiamo vivendo un doppio incubo: da un lato, come gli altri colleghi, siamo tutti senza indugio in prima fila per combattere il Covid, e io stessa sono stata contagiata lo scorso marzo; dall'altro chi ci ha voluti in prima fila, e poi chiamati “Angeli” durante questi mesi di emergenza pandemica, di contro, poi ci ha derisi in sede di rinnovo contrattuale.
 
L'Aiop, l'associazione che raccoglie le cliniche private profit, ha rinnovato il contratto ai non-medici, ma non ai medici. Come se noi medici della sanità privata profit appartenessimo ad una categoria diversa e distinta da quella dei medici delle strutture pubbliche e delle strutture private appartenenti all’altra grande categoria della sanità privata, l’Aris. Come se fossimo professionisti solo sulla carta e non nella realtà: eppure svolgiamo mansioni identiche, professionalmente allo stesso livello. Quante volte, nello svolgimento della mia quotidiana attività mi sono tornate alla mente le parole di Pietro Nenni "Rinnovarsi o perire".
 
In questi mesi di emergenza, noi medici, con un contratto scaduto da tre lustri, ci siamo rinnovati: abbiamo accettato uno nuovo status, abbiamo accettato flessibilità, responsabilità nuove, consci che fosse necessario rinnovarsi, modificare il nostro essere medici nelle strutture sanitarie, per non “perire”, ossia per non essere relegati ad un ruolo di gregario delle strutture pubbliche.
 
Sta mutando l'indirizzo di questa professione, in un paese che d'un tratto si è destato dal denso torpore in cui era caduto e si è accorto che mancano, come l'aria, i professionisti della sanità. Una corsa contro il tempo, come si è soliti fare in Italia davanti ad un'emergenza, perché purtroppo si è preda degli eventi e nessuno è in grado di prevederli e tanto meno di anticiparli e, conseguentemente, gestirli al meglio.
 
Quando una parte datoriale si arrocca e non concede il giusto, produce non solo un danno oggettivo alla comunità, ma anche una cocente delusione nei soggetti, come i medici che non sono soltanto meri esecutori, ma collaboratori, anzi indispensabili collaboratori: operando in questo modo Aiop corre il rischio di esacerbare gli animi e di creare una serie di discriminazioni non solo tra ospedali pubblici e privati, ma anche tra ospedali privati, tanto da potersi configurare un'azione di concorrenza sleale tra aziende ospedaliere Aiop e aziende Aris, l'associazione religiosa che, vogliamo ricordarlo e sottolinearlo con forza, ha invece rinnovato il contratto. Eppure, le strutture sanitarie di entrambe le associazioni, percepiscono i medesimi Drg, e le stesse tariffe dallo Stato, ma le strutture associate ad Aiop conseguono un maggiore profitto in quanto, a seguito del mancato rinnovo contrattuale, hanno minori costi per il personale medico di circa il 30% in meno rispetto alle aziende sanitarie associate Aris.
 
Fuori da ogni ulteriore considerazione e commento, resta il frutto malato di una rottura drammatica: quella tra chi è al fronte per combattere il Covid e chi, nelle stanze di chi “governa” Aiop, ritiene che la sfera dei diritti appartenga ancora al secolo scorso. Niente di più illusorio.
 
 
Dott.ssa Carmela De Rango
Segretario Nazionale della CIMOP (Confederazione Italiana Medici Ospedalità Privata)

02 marzo 2021
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