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Melanoma. Osservando lo stesso tumore su uomo e topo si scopre come si svilupperà


Se entro 22 mesi dal trapianto di tessuti malati su modello animale con deficit immunitario è possibile riscontrare il tumore nel sangue, allora lo stesso melanoma darà luogo a metastasi anche sull’uomo. La corrispondenza - mai osservata prima – raccontata in uno studio su Science Translational Medicine.

10 NOV - Comprendere come si potrebbe diffondere un cancro della pelle è il primo passo per curarlo. Proprio a questo scopo, un team di ricercatori dello UT Southwestern Medical Center ha sviluppato un metodo innovativo per predire la progressione di melanomi di stadio III, trapiantando su modello murino tessuti umani: basta monitorare se il tumore è rilevabile nel sangue dei topi a distanza di 22 mesi dal trapianto. Lo studio è stato pubblicato su Science Translational Medicine.
 
Ai topi scelti per la ricerca, che presentavano un sistema immunitario compromesso, sono state trapiantate le cellule tumorali di 20 pazienti. In questo modo, osservando sia il tasso con cui la patologia si diffondeva nei topi che le variazioni nel quadro clinico dei pazienti, i medici potessero riconoscere delle similitudini, in particolare nello sviluppo di metastasi. In particolare, gli scienziati hanno osservato che quando il melanoma diventava metastatico ed evolveva in stadio IV nei topi, lo stesso accadeva anche negli esseri umani; viceversa, quando su modello murino il cancro non riusciva a produrre metastasi, non lo faceva neanche nei pazienti. “Probabilmente è il primo caso di studio della biologia del tumore in cui osserviamo un modello animale in cui la progressione della patologia ha un’associazione così forte con quello che accade nei pazienti”, ha commentato Sean Morrison, coordinatore dello studio. “Lo stato altamente compromesso del sistema immunitario di questi topi rende possibile l’osservazione della nascita delle metastasi nei melanomi umani, e dunque lo studio delle differenze intrinseche tra i diversi tumori”.
 
Gli scienziati hanno osservato che il miglior predittore per comprendere se ci sarebbe stato un passaggio allo stadio IV, era l’osservazione di cellule tumorali nel sangue: se entro 22 mesi il cancro non arrivava ad essere riscontrabile nel sangue, questo non avrebbe sviluppato metastasi neanche nei pazienti. Ciò suggerisce – spiegano i ricercatori – che l’ingresso nel flusso sanguigno è qualcosa che favorisce lo sviluppo di tumori secondari a distanza.
Ora il team sta cercando di sviluppare a partire dalle conoscenze che offre questo studio dei nuovi target terapeutici, in modo da poter iniziare dei trial per i pazienti con melanoma. “Il modello animale che abbiamo usato offre opportunità di studio che prima non potevamo neanche immaginare”, ha commentato Timothy Johnson, della Multidisciplinary Melanoma Clinic dell’Università del Michigan, che ha collaborato allo studio. “La nostra missione è quella di trovare un metodo per curare questo terribile tumore, e questi risultati sono una base di partenza da cui possibilmente arrivare a sviluppare nuove terapie per trattare i pazienti”.
 
Laura Berardi

10 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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