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Piastrine. I valori di riferimento non vanno bene per tutti. Vanno rivisti


La denuncia da uno studio italiano: i valori delle piastrine nel sangue, fondamentali per la coagulazione, variano molto tra uomini e donne e tra giovani, adulti ed anziani, mettendo in conto anche le aree geografiche del nostro Paese. Per questo, dicono gli esperti, bisogna ridefinire i parametri.

13 FEB - Nel tempo, da quando la medicina ha cominciato a usare le analisi del sangue come uno dei primi test per la salute dei pazienti, sono stati definiti i cosiddetti valori di riferimento: perché siano considerati ‘normali’ – rispetto alla media, s’intende – i livelli rilevati dei vari componenti del sangue devono essere compresi tra limiti minimi e massimi definiti per ogni parametro. Eppure, per uno di questi parametri, potrebbe essere essere giunto il momento di ripensare quei numeri, di adattarli meglio a ciascuna persona: si tratta delle piastrine, cellule fondamentali per i processi di coagulazione del sangue, per le quali secondo una ricerca italiana pubblicata su PLoS One, sembra che i valori di riferimento non rispecchino perfettamente la realtà.
 
In particolare, secondo gli scienziati dell’Istituto di Genetica delle popolazioni di Sassari e dell’Istituto di Genetica Molecolare di Pavia – entrambi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) – i parametri per queste componenti potrebbero oscillare da paziente a paziente molto più di quanto non immaginato prima: i valori di riferimento comunemente usati per definire “normale” il numero di piastrine sono compresi tra un minimo di 150.000 e un massimo di 400.000 (450.000 in alcuni casi) per microlitro di sangue, ma quegli stessi limiti, attualmente uguali per tutti, potrebbero ora dover essere rivisti per adattarsi alle differenze esistenti tra uomini e donne e tra giovani, adulti ed anziani, mettendo in conto anche le aree geografiche del nostro Paese. “Tutti noi crediamo che sia giunto il tempo di pensare ad una migliore definizione dei limiti di normalità per le piastrine del sangue. I valori usati in laboratorio oggi possono andare bene per l’età adulta, nella quale non vediamo molta differenza con i numeri da noi riscontrati. Dove le differenze si notano maggiormente, però, è soprattutto nel caso di bambini e anziani”, ha spiegato Carlo Balduini, Direttore del Dipartimento di Medicina Interna del policlinico San Matteo di Pavia, che ha guidato lo studio
 
 
Per dirlo, la ricerca ha preso in esame 40.987 persone che erano state  inserite in sette studi condotti in differenti parti del nostro Paese, per un totale di nove distinte popolazioni. Alcune ricerche avevano incluso popolazioni residenti in aree piuttosto ampie, mentre altre si erano concentrate sui cosiddetti “isolati genetici”, zone in cui c’è stato poco scambio con l’esterno, dove gli abitanti si sono sposati molto spesso con persone della stessa area, portando a creare un patrimonio genetico uniforme e ben distinto dalle altre zone. “Ciò che abbiamo osservato è qualcosa che altre ricerche in passato avevano fatto sospettare, ma che oggi, con un numero così grande di persone studiate, possiamo definire con esattezza: esistono variazioni importanti nel numero delle piastrine ed è giunto il momento di ripensare quei valori di riferimento uguali per tutti”, ha continuato Balduini.
 
La ricerca pubblicata su PLoS One, alla quale insieme agli Istituti del Cnr hanno lavorato dieci istituzioni scientifiche italiane,  mostra ad esempio come le donne abbiano mediamente un numero più alto di piastrine rispetto agli uomini. Ma come, ad esempio, anche l’età sia importante.
Negli anziani, infatti, si nota una diminuzione progressiva delle piastrine. Nei ragazzi al di sotto dei 15 anni, invece, il numero è decisamente più alto rispetto agli altri periodi della vita, senza che si notino differenze tra uomini e donne.
Infine, differenze significative sono state riscontrate tra le diverse aree del territorio italiano prese in esame. Con questi dati, appare evidente che i valori di normalità non possono essere uguali per tutti.
 
Ma questa ricerca non comporta solo una conoscenza più approfondita dell’organismo. La ridefinizione dei valori di normalità per le piastrine potrà infatti avere importanti risultati clinici, come spiega ancora il ricercatore: “Il risultato che possiamo augurarci è una minore medicalizzazione di persone che in realtà stanno bene. Facciamo l’esempio dei bambini. Alle analisi, tanti risultano avere un numero alto di piastrine. In questi casi spesso si avvia una serie di esami per verificare la possibile presenza di patologie anche gravi. Negli anziani avviene il contrario, ed anche qui ci si preoccupa della possibile presenza di malattie serie. D’altro canto, sempre secondo i limiti attuali, un valore apparentemente “normale” in un bambino potrebbe in realtà non esserlo. Ridisegnando i valori di riferimento secondo l’età e il sesso potremo decidere con molta più cura se approfondire o no una situazione. Avremo una minore medicalizzazione per persone che in realtà stanno bene ed una maggiore precisione nelle diagnosi”.
 
“Ricerche come questa – ha concluso Giovanni de Gaetano, membro del Comitato scientifico del Progetto Moli-sani, che ha contribuito alla ricerca con oltre 20.000 soggetti adulti sani - dimostrano come gli studi di popolazione, quelli che raccolgono informazioni sulle persone di un particolare territorio, siano una delle colonne portanti della medicina moderna. Da questi grandi progetti possono derivare informazioni cruciali, dalle quali possono scaturire nuovi metodi di indagine o nuove terapie. Potremmo dire che siamo di fronte ad una medicina e ad una ricerca scientifica fatte tra la gente e per la gente”.

13 febbraio 2013
© Riproduzione riservata

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