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Deficit neurologici. Scoperto il ruolo della ferritina


È stata scovata a Milano, dai ricercatori del San Raffaele, la mutazione nel gene della ferritina (di tipo L) che causerebbe la mancanza della proteina coinvolta nella regolazione del ferro nel nostro organismo, che può portare ad alterazioni neurologiche. Lo studio potrebbe portare a nuove opzioni terapeutiche.

02 OTT - La relazione tra carenza di ferro nell'organismo e anemia è nota alla medicina ormai da tempo. Ma l'assenza di questo minerale – parte fondamentale dell'emoglobina, la molecola essenziale per il trasporto dell'ossigeno nel sangue – è associata anche ad alterazioni neurologiche che si manifestano nei pazienti con forme di convulsione: la più famosa sindrome delle gambe senza riposo, che colpisce in Italia circa il 5% della popolazione. Oggi uno studio italiano ha identificato per la prima volta nell’uomo una mutazione nel gene della ferritina (di tipo L) che causa la mancanza della proteina coinvolta nella regolazione del ferro nel nostro organismo: uno studio che potrebbe aiutare a scovare nuovi target terapeutici per le patologie neurologiche collegate alla carenza di ferro.
 
Lo studio dei ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele Milano, finanziato da Telethon e coordinato da Sonia Levi, responsabile dell’Unità Proteomica del metabolismo del ferro e professore associato in Biologia Applicata presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, è stato pubblicato sulla rivista The Journal of Experimental Medicine.
La ferritina è una proteina che svolge un ruolo fondamentale nella gestione del ferro e nel mantenimento dell’omeostasi del metallo nelle cellule del nostro organismo. L’accumulo del ferro nell’uomo è responsabile di diverse patologie, tra queste quelle di carattere neurodegenerativo come le neuro-degenerazioni associate ad accumulo di ferro cerebrale (NBIA). In questo lavoro i ricercatori hanno dimostrato come la mancanza di ferritina causi nell’uomo una carenza di ferro, provocando un aumento dello stress ossidativo e del danno cellulare, associando così le alterazioni neurologiche alla mutazione presente nel gene della ferritina.
 
Questo risultato è stato possibile anche grazie all’utilizzo di una tecnica molto innovativa detta riprogrammazione-cellulare-diretta. Il procedimento permette di ottenere neuroni umani partendo da una semplice biopsia cutanea. Nello specifico vengono prelevate dal braccio dei pazienti i fibroblasti della pelle che in seguito vengono opportunamente coltivati e riprogrammati in laboratorio. Per la prima volta al mondo i ricercatori del San Raffaele hanno dimostrato che, grazie alla ri-programmazione, è possibile studiare patologie su modelli cellulari difficilmente ottenibili dall'uomo, come nel caso dei neuroni, primariamente coinvolti nelle patologie neurodegenerative. “Questo lavoro rappresenta un passo in avanti nella conoscenza dei meccanismi biologici che sono alla base del coinvolgimento del ferro nelle patologie neurologiche, argomento fino ad ora poco definito”, ha spiegato Levi. “Inoltre possiamo pensare in futuro di utilizzare questa metodologia di riprogrammazione cellulare sia per approfondire le conoscenze sui meccanismi molecolari alla base delle alterazioni patologiche sia per l’identificazione di nuovi target terapeutici”.

02 ottobre 2013
© Riproduzione riservata

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