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Alzheimer. Arriva il test clinico per scovare i livelli di rame nel sangue, indici del rischio


Il nuovo test è stato sviluppato dai ricercatori dell’Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca (AFaR) e Canox4drug, società biomedica italiana: già in uso presso il Policlinico Agostino Gemelli di Roma, si chiama C4D e permette di misurare la quantità di rame “libero” in circolo nel sangue – che è associato al rischio di sviluppare la malattia – con rapidità, precisione e replicabilità.

05 NOV - Sono oltre 10 anni che si indaga sul ruolo del rame nello sviluppo della malattia di Alzheimer, anche in Italia: in particolare è stato progressivamente dimostrato che nella demenza derivante da questa malattia esiste una relazione tra declino cognitivo e livelli di rame “libero” presente nel sangue, ossia quella quota di rame circolante non legato alla proteina che normalmente lo trasporta, la ceruloplasmina (rame Non-Ceruloplasminico). Livelli eccessivi di questo tipo di rame sono tossici e aumentano il rischio di ammalarsi di Malattia di Alzheimer. Oggi un test, sviluppato nel nostro paese dai ricercatori dell’Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca (AFaR) guidati dalla Dott.ssa Rosanna Squitti, permette di misurare tramite semplici analisi del sangue la quantità di rame presente nel sangue, e dunque di iniziare la terapia ancor prima che si sviluppino i primi segni della malattia.

L'anomalia nei livelli di rame infatti, rilevata per tempo, aiuta anche a meglio identificare quei casi pre-sintomatici (i cosiddetti Mild Cognitive Impairment = MCI) che hanno un elevato rischio di sviluppare la malattia nei successivi 5-6 anni. Infatti, nel gruppo preso in esame e seguito per 6 anni, mentre gli MCI con rame normale avevano circa il 20% di probabilità di progredire in Alzheimer, in quelli con rame elevato tale probabilità saliva oltre il 50%. Fino ad oggi, però, il metodo era usato quasi esclusivamente in laboratorio, e sebbene fosse molto utile per la ricerca, rimaneva poco utilizzabile come test clinico su larga scala.
 
Di recente però, Canox4drug, società italiana di ricerca nel campo biomedico nata nel 2012 che vanta la collaborazione di esperti con un’esperienza ventennale nel settore, in collaborazione con l’AFaR, ha sviluppato C4D, un test innovativo in grado di misurare la quantità di rame Non-ceruloplasminico in circolo con rapidità, altissima precisione e replicabilità. L’iter da seguire è semplice: è sufficiente sottoporsi ad un prelievo ematico. Il sangue prelevato viene analizzato per mezzo di una sonda fluorescente, che emette dei segnali; il cambiamento di emissione è proporzionale alla quantità di rame Non-ceruloplasminico presente nel campione. Tale test è già pienamente operativo presso il Policlinico Agostino Gemelli di Roma, ma sarà presto reso disponibile in molti altri ospedali e centri italiani che si occupano di Alzheimer. L’interesse verso questo nuovo “killer” deriva anche dal fatto che – a differenza di altri fattori di rischio - può essere normalizzato grazie ad un intervento terapeutico che i Ricercatori stanno già mettendo a punto.
 
Tutto ciò è stato discusso nel corso anche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove la scorsa settimana sono stati presentati e discussi i risultati di oltre 10 anni di studi sul ruolo del rame nello sviluppo della malattia di Alzheimer. La riunione scientifica ha preso in esame lo stato dell’arte della ricerca per la diagnosi precoce di Alzheimer grazie ai più moderni mezzi (test neuropsicologici, neuroimaging, biomarcatori) ed ha discusso il ruolo delle recenti scoperte sul rame anche in un’ottica di prevenzione e cura.
Alla piena riuscita del convegno hanno contribuito alcuni tra i migliori ricercatori italiani di “settore” (Paolo Maria Rossini, Stefano Cappa, Alessandro Padovani, Giovanni Frisoni, Massimo Gennarelli oltre, ovviamente, a Rosanna Squitti). 

05 novembre 2013
© Riproduzione riservata

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