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Mangiare carne cruda provoca il cancro del colon (e non solo)?

di Maria Rita Montebelli

Potrebbe essere un misterioso virus, trasmesso attraverso il consumo di carne di manzo poco cotta, la causa di alcuni tipi di tumore comuni nel mondo occidentale, dal colon alla mammella e polmone (nei non fumatori). A ipotizzarlo è il virologo tedesco Harald zur Hausen, premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 2008. A rischio anche le carni processate e quelle essiccate all’aria.

11 GIU - Le carni rosse sono da tempo sul banco degli imputati come possibile fattore di rischio di tumore e da tempo si ritiene che sia il metodo di cottura, in particolare quella alla brace, il vero responsabile della loro cancerogenità. Ma la spiegazione potrebbe essere molto più complessa.

“Il 21% di tutti i tumori umani – ha ricordato il professor zur Hausen, nel corso della sua lettura magistrale in occasione del conferimento del premio ‘Science of Oncology’ al congresso dell’ASCO, tenutosi di recente a Chicago - sono correlabili a qualche forma di malattia infettiva; in particolare, l’1% circa di questi è attribuibile ad una parassitosi (es. Schistosomiasi, Clonorchis, Opisthorchis, ecc), il 35% circa ad una malattia batterica (es. Helicobacter pylori) e ben i 2/3 ad un’infezione virale (i virus dell’epatite B e C sono causa dell’epatocarcinoma, l’HPV è causa di carcinoma della cervice e dei tumori testa-collo; altri esempi di tumori correlabili ad infezioni virali sono ad esempio l’HIV 1 e 2, il virus di Epstein Barr, l’Herpes virus 8. E la scoperta di queste relazioni causali, ha avuto come importante ricaduta la messa a punto di vaccini preventivi per l’epatite B e per l’HPV, che proteggono rispettivamente da epatocarcinoma e cancro della cervice”.  Ma questa potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Una serie di indizi epidemiologici starebbero a infatti  un’eziologia infettiva per molti altri tumori umani, non ancora correlati ad un’infezione particolare.

L’incidenza del cancro del colon è in aumento in tutto il mondo, ma in alcuni Paesi, come il Giappone e la Corea ha presentato un vero boom epidemiologico tra il 1975 e il 2010; al contrario negli Usa è in riduzione, anche grazie al diffuso uso della colonscopia come esame di screening. In India il tasso di incidenza permane invece molto basso.

Un fattore di rischio sempre più chiamato in causa per il cancro del colon è l’alimentazione ricca di carni rosse e di carni processate; il consumo di manzo in particolare sembra correlato ad un aumentato del 20-30% di cancro del colon; e a supporto di questo parla l’epidemiologia, che vede elevati tassi di questo tumore nelle nazioni a maggior consumo di carni rosse (manzo): Argentina, Uruguay, Nuova Zelanda, Usa e la maggior parte delle nazioni europee.

Una possibile spiegazione patogenetica è data dal fatto che durante la cottura e il processamento delle carni rosse si generano dei cancerogeni chimici (composti N-nitrosi, amine eterocicliche, idrocarburi aromatici eterociclici, che richiedono tutti un’attivazione metabolica per essere convertiti in una forma cancerogena); le feci di chi segue una dieta ricca di carne sono ricche di nitroso-tioli e di nitroso-eme. E questo potrebbe già rappresentare una spiegazione del perché il consumo di carni rosse sia potenzialmente cancerogeno. Al contrario, il consumo di carni bianche e di pesce è considerato ‘sicuro’ o addirittura di ‘protettivo’, anche quando si usano metodi di cottura (grigliate, affumicate, fritture) in grado di generare idrocarburi aromatici eterociclici in elevate concentrazioni.

Ma i metodi di cottura da soli, non bastano a spiegare come il consumo di carni rosse possa provocare il cancro. Un interessante dato epidemiologico è che tra le nazioni a più bassa incidenza di tumore del colon c’è la Mongolia, che è anche una delle nazioni con il più elevato consumo di carne rossa, essiccata o alla brace; le carni più consumate in questo paese sono però lo yak (50%), un bovino molto diverso geneticamente dai nostri, le carni ovine, di cammello e di cavallo. L’incidenza maggiore di cancro del colon si riscontra invece nelle nazioni ad elevato consumo di carne di manzo (Europa, Nord America, Giappone, Australia).

“Una possibile ipotesi è che alcuni animali domestici alberghino delle infezioni croniche che, trasmesse all’uomo, siano in grado di causare un tumore – sostiene il premio Nobel - Molto interessanti come modello di studio sono Giappone e Corea, la cui dieta è cambiata in maniera simile dal dopoguerra ad oggi: è diminuito il consumo di cereali (riso) e aumentato quello di carni rosse (shabu shabu, sukiyaki, sashimi di manzo crudo in Giappone; Yukhoe, una sorta di tartare di carne cruda, in Corea). Ma anche la carne essiccata (manzo di Kobe, Biltong, bresaola, ecc.) può essere una fonte di infezioni virali. Nella carne cotta al sangue, al centro le temperature si aggirano sui 40-50 gradi e non superano mai i 50-70; e molti agenti infettivi sopravvivono tranquillamente a queste temperature”.

Da queste osservazioni, zur Hausen fa scaturire l’ipotesi che il tumore del colon retto nell’uomo potrebbe essere correlabile ad un virus, relativamente termo-resistente e presente nella carne poco cotta o cruda; questo agente potrebbe causare un’infezione latente nel tratto gastro-intestinale, un comportamento comune a tutti i virus cancerogeni, e le sue potenzialità cancerogene sarebbero inizialmente tenute a bada da specifiche proteine cellulari. Con il sopraggiungere di eventi mutazionali, quali quelli mediati dagli idrocarburi aromatici, dai composti N-nitroso e dalle amine aromatiche eterocicliche, che si sviluppano durante la cottura della carne, si creerebbe infine la giusta ‘alchimia’ per l’induzione del tumore. Anche la presenza di infiammazione cronica, quale quella indotta dallo Streptococcus bovis o dal Fusobacterium nucleatum potrebbe interagire in maniera sinergica nell’induzione del tumore. Secondo questa teoria sarebbe insomma un’interazione sinergica, anche non concomitante, tra fattori chimici e biologici (infezione transitoria o latente da parte di un virus cancerogeno putativo, consumo di carne di manzo cruda o poco cotta, consumo d carne di manzo arrostita alla brace o processata) alla base della comparsa del cancro del colon.

I ricercatori tedeschi, perseguendo questa ipotesi, sono andati ad analizzare i sieri di 130 manzi europei in buona salute, dei quali hanno estratto e sequenziato il DNA. Questo ha permesso loro di isolare un ampio numero di DNA a singolo filamento circolare, vagamente imparentati con le famiglie degli Anellovirus e dei Circovirus e verosimilmente abbastanza termoresistenti. Queste sequenze di DNA circolare a singolo filamento non sono state tuttavia ritrovate all’interno di varie linee cellulari di tumore del colon, ma i ricercatori hanno dimostrato che questi agenti si possono trasmettere da una cellula umana all’altra e sembrano correlati con una malattia neurologica cronica non tumorale, attualmente in fase di studio.

Ma questi misteriosi virus trasmessi dalla carne di manzo poco cotta, non sono chiamati in causa solo per il cancro del colon; recenti segnalazioni, li correlano anche alla comparsa del tumore della mammella e del polmone (nei non fumatori). A suggerire una correlazione tra consumo di carni rosse e tumore della mammella è anche uno studio appena pubblicato su British Medical Journal, che ha analizzato i dati delle oltre 88 mila donne tra i 26 e i 45 anni, partecipanti al Nurses’ Health Study II. In 20 anni di follow up sono stati registrati 2.830 casi di tumore della mammella e i ricercatori americani hanno riscontrato un aumento del rischio di tumore della mammella pari al 22% nelle donne che consumavano più carni rosse. L’incidenza più bassa di tumore è stata invece registrata nelle consumatrici di carni bianche, legumi e frutta secca.

Infine, sono almeno 20 gli studi epidemiologici, che segnalano un aumentato rischio di cancro dell’orofaringe e del polmone tra macellai e lavoratori dei macelli, categorie professionali regolarmente esposte agli aerosol originati dalla lavorazione delle carcasse degli animali macellati. “In questo caso potrebbe trattarsi di un agente infettivo trasmesso per via aerea. Si tratta per ora di osservazioni epidemiologiche, ma gli studi in questo settore sono in piena attività. Se tutto ciò venisse confermato – conclude zur Hausen - un giorno potremmo trovarci a vaccinare il bestiame, per prevenire alcuni tipi di tumore nell’uomo”.

Maria Rita Montebelli

11 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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