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Infarto. Se il DHEA è basso, aumenta il rischio

di Maria Rita Montebelli

Bassi livelli dell’ormone surrenalico DHEA e della sua forma solfato (DHEA-S), possono predire il rischio di eventi coronarici a 5 anni negli uomini anziani. È la conclusione alla quale giunge uno studio svedese, pubblicato su JACC.

11 NOV - Il DHEA (deidroepiandrosterone) è un pro-ormone sessuale prodotto dai surreni, presente in circolo soprattutto nella sua forma solfato (DHEA-S); è l’ormone steroideo che si ritrova in maggior concentrazione nel sangue, ma i suoi livelli si riducono gradualmente col passare degli anni. In passato sono stati pubblicati molti lavori sugli effetti metabolici e vascolari di questo ormone, ma la correlazione tra livelli di DHEA/DHEA-S ed eventi cardiovascolari non è chiara.
 
Uno studio svedese delle università di Gothenburg, Uppsala e Malmö, condotto in collaborazione con l’Università della California di San Diego e pubblicato su JACC (Journal of the American College of Cardiology) ha cercato appunto di esplorare l’ipotesi che i livelli circolanti di DHEA e DHEA-S fossero predittivi di eventi coronarici maggiori o di eventi cerebro-vascolari. La ricerca è stata condotta in un’ampia coorte di maschi anziani (2.416 maschi di età compresa tra i 69 e gli 81 anni), facenti parte dello studio prospettico Osteoporotic Fractures in Men, nell’area di Gothenburg, Uppsala e Malmö. Gli eventi cardiovascolari sono stati desunti dai registri nazionali svedesi.
 
Durante i 5 anni di follow up, si sono verificati 302 eventi cardiovascolari e 225 eventi cerebrovascolari. Le concentrazioni di DHEA/DHEA-S sono risultate inversamente associate al rischio di un evento coronarico aggiustato per l’età, ma non di un evento cerebro-vascolare. L’associazione tra livelli di DHEA e rischio di cardiopatia ischemica rimaneva significativa, anche dopo aver operato aggiustamenti per i fattori di rischio cardiovascolari tradizionali, la funzione renale, le concentrazioni di testosterone ed estradiolo e la proteina C reattiva.
 
Lo studio ha dunque dimostrato che più bassi erano i livelli di DHEA all’inizio dello studio, maggiore era il rischio di coronaropatia nel corso dei 5 anni di follow up.
 
“La produzione endogena di DHEA – afferma Åsa Tivesten, coordinatrice dello studio – sembra essere un fattore protettivo contro le malattie coronariche. Ma elevati livelli di DHEA potrebbero essere anche un indicatore di un buono stato di salute in generale negli uomini anziani”.
 
L’azione di protezione del DHEA/DHEA-S nei confronti del rischio di coronaropatia potrebbe essere riconducibile ad un effetto diretto di questo ormone sui tessuti target  o ad un effetto indiretto, legato alla conversione locale in testosterone o estradiolo a livello dei tessuti target. Tra i meccanismi cardioprotettivi chiamati in causa vi sono la modulazione del remodeling vascolare e dell’infiammazione oltre a possibili azioni a livello di funzione endoteliale, stress ossidativo, eterogenesi, sistema immunitario, sensibilità all’insulina, metabolismo lipidico.
 
“Questo studio – chiarisce il professor Claes Ohlsson, coautore dello studio – stabilisce una chiara correlazione tra le concentrazioni di DHEA nel sangue e il rischio di malattie coronariche, ma non permette di stabilire se la somministrazione di DHEA sia in grado di ridurre questo rischio nei singoli pazienti”.
 
Maria Rita Montebelli

11 novembre 2014
© Riproduzione riservata

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