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Biotecnologie. Il convegno alla Cattolica. Snellire la burocrazia e rinforzare l'attrattività del sistema

di Gennaro Barbieri

Il settore rappresenta un punto di forza per il tessuto economico italiano, ma non mancano i nodi irrisolti: l'instabilità del quadro normativo e gli ostacoli alla costruzione di un habitat adeguato allo sviluppo industriale. Ne hanno discusso i principali stakeholders del comparto.

16 GEN - Il settore delle biotecnologie rappresenta uno dei comparti trainanti del settore industriale italiano, con oltre 400 imprese che in Italia operano in ricerca e sviluppo su un livello di investimenti che, nel 2013, si aggirava intorno al miliardo e mezzo di euro. Il numero di start up biotecnologiche rappresenta il 2,5% del totale delle nuove imprese complessivamente registrate nel nostro Paese. Il panorama presenta comunque ancora nodi irrisolti, legati soprattutto alla difficoltà tutta italiana di garantire un habitat adeguato allo sviluppo industriale del settore. E’ sulla base di queste dinamiche che si è sviluppato il dibattito organizzato dalla Cattolica di Roma, per iniziativa dell’Altems in collaborazione con il centro di Ricerche e Studi in management sanitario, coinvolgendo alcuni dei principali stakeholders.

“E’ necessario ricomporre il gap tra l’incremento delle risorse necessarie all’assistenza e una crescita economica che si rivela piatta se non addirittura al ribasso – ha osservato Americo Cicchetti, direttore dell’Altems – Per centrare l’obiettivo le priorità risiedono in tre concetti chiave: innovazione, competenze e sostenibilità. E per valorizzare queste parole d’ordine esiste un’unica opzione: massimizzare i nostri giacimenti di competenze, mettendoli a sistema”.

La filiera delle biotecnologie chiama automaticamente in causa la ricerca farmaceutica che sembra attraversare una fase particolarmente florida. “Grazie all’arrivo di nuove molecole, è sempre più concreta la possibilità di curare malattie che, fino a pochi anni fa, erano considerate inguaribili – ha ricordato Luca Pani, direttore generale del’Aifa – In Europa, nel 2014, sono state approvate 34 molecole: era da inizio anni Novanta che non veniva tagliato un simile traguardo. Bisogna poi aggiungere che stanno approdando nuovi farmaci per l’Alzheimer e per l’Epatite C”. Altro elemento di rilievo risiede nel “percorso adattativo, un nuovo iter adottato temporaneamente dall’Aifa per facilitare l’ingresso dei farmaci innovativi. Per quanto riguarda questa procedura, fino a dicembre abbiamo ricevuto 29 richieste di applicazione e ne abbiamo selezionate 9, con molti farmaci orfani o terapie avanzate".

Un effettivo sviluppo del settore è comunque legato indissolubilmente “alla creazione di un nesso organico tra ricerca accademica e industria – ha sottolineato Riccardo Palmisano, vice presidente delegato Area Salute di Assobiotec – Purtroppo però l’Italia manca di attrattività per gli investitori esteri, a causa dell’enorme frammentazione degli interlocutori. La sfida è quindi rappresentata dalla capacità di non cedere alla tendenza di mantenere l’esistente”. E, per invertire la rotta, “serve necessariamente un sistema normativo più stabile che consenta di programmare a lungo termine”.

A svolgere una funzione complementare al biotech “è indubbiamente il mondo dei dispositivi medici – ha evidenziato Stefano Rimondi, presidente di Assobiomedica – Si tratta però di una materia trattata con un enorme tasso di ignoranza, come dimostra l’esempio ricorrente e inappropriato della siringa. In realtà il sistema dei dispositivi è assai complesso, in quanto composto da oltre un migliaio di codici”. Quello dei dispositivi è un settore che pesa enormemente, “configurando un valore pari a 18 miliardi”. Purtroppo però “il mercato domestico sconta un calo annuale pari al 5%, mentre l’export cresce del 9%. Dati che esemplificano le difficoltà del quadro italiano, privo di un adeguato supporto a start up e a nuove iniziative”.

Tuttavia l’apparenza inganna “e i problemi reali non sono legati alle risorse – ha precisato Walter Ricciardi, Commissario dell’Iss – Basti pensare che l’Italia, dopo Gran Bretagna e Canada, è il terzo Paese al mondo nel rapporto tra fondi utilizzati e qualità della ricerca”. Il salto di qualità non può però prescindere “da un’effettiva valorizzazione dell’alleanza vincente tra pubblico e privato. E’ questa la strada per scardinare quel moloch burocratico che frena quotidianamente il lavoro delle nostre eccellenze”.
 
Gennaro Barbieri

16 gennaio 2015
© Riproduzione riservata

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