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Tumori: un altro passo verso la ‘biopsia liquida’ non invasiva

di Maria Rita Montebelli

Una nuova tecnica messa a punto degli Stati Uniti consente di individuare su un campione di sangue anche un piccolissimo numero di cellule tumorali circolanti, consentendo di far diagnosi di tumore, di verificare la possibilità di risposta al trattamento e di monitorare i successi della terapia. Il tutto senza ricorrere ad una biopsia vera e propria

07 APR - E’ per molti aspetti una sorta di ‘biopsia liquida’ e forse un giorno, nella diagnostica dei tumori, potrà prendere il posto di quella tradizionale invasiva. La tecnica, messa a punto dai ricercatori della Carnegie Mellon University (CMU), utilizza un apparecchio (un chip microfluidico) che emette onde sonore, in grado di separare le cellule tumorali presenti nel circolo sanguigno (CTC, circulating tumor cells) , dai globuli bianchi normali. Già in passato erano stati fatti tentativi in questa direzione, ma tutti sono risultati troppo lenti e indaginosi per poter sperare di ritagliarsi un posto nella pratica clinica.
 
Il nuovo device, 20 volte più rapido dei precedenti, fa invece ben sperare e infatti i ricercatori americani hanno già presentato una domanda di brevetto.
Lo studio applicativo su pazienti in carne ed ossa ha dato risultati incoraggianti ed è stato pubblicato sulla versione online di PNAS.
 
“Al momento – spiega Subra Suresh, presidente della CMU e coautore dello studio – il gold standard per rilevare le CTC consiste nell’impiego di anticorpi, utilizzati per ‘marcare’ queste cellule; con la nuova tecnica non c’è bisogno di ‘etichettare’ le cellule tumorali circolanti per riconoscerle e questo evita di danneggiarle chimicamente. Questo approccio innovativo offre a medici e scienziati la possibilità di ottenere il maggior numero di informazioni attualmente possibile sul tumore e sulle sue metastasi.”
 
Per diagnosticare un tumore, per verificare la natura benigna o per valutare la possibilità di risposta ad una determinata terapia, normalmente è necessario ricorrere ad una biopsia, cioè ad un prelievo di tessuto tumorale. E a seconda della sede del tumore questa procedura può risultare più o meno complessa e invasiva.
 
Tutto ciò viene superato dalla tecnica della biopsia liquida, che permette di individuare delle cellule tumorali, distaccatesi dal tumore primitivo e finite nel circolo sanguigno. Diversi i vantaggi di questa metodica: in primo luogo il test si effettua su un prelievo di sangue. La ‘biopsia liquida’ inoltre può fornire molte più informazioni sulle possibilità di risposta ad un trattamento, sulle metastasi e sulla genetica di quel tumore, rispetto alla biopsia tradizionale
 
Certo le CTC in genere non sono molto numerose; allo stato attuale è un po’ come cercare il classico ago in un pagliaio e per questo si fa ricorso a tecniche di marcatura con sostanza fluorescenti o si ricorre a tecniche meccaniche o magnetiche nel tentativo di isolarle. Si tratta di metodiche però che in un modo o nell’altro finiscono con il danneggiare queste cellule, rendendole inservibili per i test funzionali o per quelli genetici. Anche in questo senso, il nuovo device della CMU rappresenta una novità. Per funzionare infatti non è prevista l’etichettatura delle cellule tumorali circolanti; le forze meccaniche generate dalle onde acustiche sono infatti molto ‘gentili’ e non danneggiano le CTC che, così isolate, sono pronte per sottostare agli altri test.
 
Dopo aver ottenuto un campione di sangue dal paziente, i globuli rossi vengono rimossi e la restante parte del prelievo viene inserita in un canaletto del chip, attraversato dalle onde sonore, che separano le cellule cancerose da quelle normali, consentendo così di isolarle. Attraverso l’impiego di simulazioni e di modelli computerizzati i ricercatori americani sono riusciti ad ottimizzare la forma dei canalini e il posizionamento delle onde sonore, in modo da velocizzare al massimo il processo di separazione (che nei vecchi modelli durava dalle 30 alle 60 ora per prelievo di sangue).
 
Nello studio pubblicato su PNAS il nuovodevice a chip microfluidico è stato utilizzato su campioni di sangue prelevati da tre donne affette da cancro della mammella e i risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti con il metodo a ‘etichetttura’ CellSearch, già approvato dall’FDA, risultando ugualmente validi.
 
Il nuovo apparecchio potrebbe trovare impiego in clinica non solo per diagnosticare un tumore o la presenza di metastasi ma anche per monitorare la risposta al trattamento.
Prossimo obiettivo dei ricercatori americani sarà quello di rendere ancor più rapido questo test, portandolo al di sotto dei 30 minuti per prelievo, e di mettere a punto una versione che permetta di saltare il passaggio della separazione dai globuli rossi.
 
La ricerca è stata finanziata dai National Institutes of Health.
 
Maria Rita Montebelli

07 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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