Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Lunedì 29 APRILE 2024
Scienza e Farmaci
segui quotidianosanita.it

Come fare una raccolta record di fondi per la ricerca: Just do it!

di Maria Rita Montebelli

Una donazione storica quella fatta all’istituto di oncologia dell’Università dell’Oregon (OHSU). Con una clausola pesante però. Raccolta come la sfida del secolo e vinta. Questi gli ingredienti dell’incredibile storia di fund raising scritta a quattro mani dal miliardario Philip Knight, co-fondatore della Nike e da Brian Druker, oncologo dell’OHSU.

05 LUG - E’ una di quelle storie inspirational stelle e strisce, talmente belle da sembrare incredibili e per questo finite anche sulle pagine di Nature (*), rivista notoriamente non specializzata in favole.
 
Il 20 settembre 2013, in una serata destinata a cambiare forse il corso della sua vita, Brian Druker prende la parola durante una cena di gala organizzata per raccogliere fondi per la ricerca oncologica presso la sua università. Con voce incerta si accinge a leggere il discorso scritto da sua moglie, sapendo che la posta in gioco è molto alta. Tra gli ospiti del gala c’è infatti Philip Knight, cofondatore del mitico brand sportivo Nike. Knight si è già dimostrato molto amico della sua istituzione.  Qualche anno prima infatti, insieme alla moglie Penny ha donato al centro oncologico dell’OHSU, diretto da Druker, la ragguardevole cifra di 100 milioni di dollari.
 
La speranza era dunque quella di colpire col suo discorso il generoso donatore per far sì che mettesse di nuovo mano al portafogli. Con una cifra magari inferiore, ma sempre consistente.
 
Ma il povero Druker non era preparato a quello che il genio di Knight aveva escogitato questa volta. Un’idea forse ispirata al più famoso claim pubblicitario della Nike, ‘Just do it’, imprevista quanto geniale.
 
Knight prende la parola, dopo il discorsetto di Druker. Non per offrirgli una semplice donazione, ma per proporgli un vero e proprio affare. La donazione offerta dal generoso billionaire della Nike è di 500 milioni di dollari questa volta. Ma ad una condizione, come nelle favole di principi e draghi.
La prova da superare è tostissima: la mega-donazione verrà elargita solo se Druker e colleghi riusciranno a portare a casa in due anni di fund-raising forsennato e disperato, una cifra almeno pari a quella promessa da Knight. Non un dollaro in meno. Pena il ritiro della generosa offerta.
 
Sembra quasi di vedere la fornte imperlata di sudore del povero Druker, passato dal ‘gasp’ di fronte all’offerta dei 500 milioni di dollari, all’occhio sbarrato di fronte alla prospettiva di veder scomparire tutto in un soffio. Come nelle magie delle fate cattive. Evenienza tutt’altro che remota peraltro, visto che l’OHSU fino a quel momento era riuscito a portare a casa, ma solo negli anni veramente felici, una decina di milioni di dollari di donazioni.
Ma quando il gioco si fa duro, i duri non possono che entrare in ballo.
Superato lo shock iniziale, Druker e colleghi si rimboccano le maniche e cominciano una battaglia contro il tempo e contro i propri limiti per arrivare a quel traguardo impossibile. Traguardo - diciamolo subito -  tagliato con ben due mesi di anticipo rispetto alla scadenza della ‘prova’: 500 milioni di dollari raccolti in 22 mesi, la cifra in assoluto più alta mai raccolta da un’istituzione americana per vincere una donazione-sfida.
 
“Le campagne milionarie – commenta Bruce Flessner, consulente per le attività di fund-raising presso il Bentz Whaley Flessner di Minneapolis – sono relativamente rare e quando un’università si prefigge un obiettivo così ambizioso, tipicamente riesce a raggiungerlo in non meno di sette anni, facendo appello ad ogni singola risorsa di tutta la struttura.
Il Knight Cancer Challenge aveva invece come obiettivo una raccolta fondi per un singolo istituto all’interno dell’università. Il tutto, in un pabulum economico, ben lontano dalle ricchezze incalcolabili presenti a New York o nella Silicon Valley. Portland è una grande città, ma non esattamente una zecca di milionari”.
 
Ma l’OHSU aveva il suo asso nella manica. Druker in persona. Il timido ricercatore dal discorsetto per la cena di gala scritto dalla moglie, è uno degli scienziati che con il loro lavoro hanno portato a disegnare uno dei farmaci più rivoluzionari del secolo, il Gleevec.
Approvata negli USA nel 2001, questa molecola ha trasformato in una manciata di pastiglie la sentenza di morte implicita nella diagnosi di leucemia mieloide cronica, in una malattia cronica, ben gestibile nella maggior parte dei pazienti.
 
Questo cocktail esplosivo di genialità - da una parte lo scienziato di successo, dall’altro il fondatore dell’iconico  brand sportivo –  ha scosso dalle fondamenta il difficile popolo delle donazioni, colpendolo al cuore e al portafoglio.
 
Il Knight Cancer Challenge ha ricevuto da ogni singolo Stato stelle e strisce, ma anche da 5 Paesi stranieri, una pioggia di oltre 100 mila donazioni, una delle quali di ben 100 milioni di dollari. Anche in questo caso un tycoon dell’abbigliamento sportivo, Gert Boyle, presidente della Columbiasportwear. Una donazione-memorial in questo caso, visto che la sorella maggiore di Boyle, una biologa molecolare, mentore di Druker quando era ancora un studente presso la University of California di San Diego, aveva avuto la vita recisa da un cancro del cervello.
 
Ma il contribuito più sostanzioso per la vittoria del ‘challenge’, la vera mossa vincente è venuta dalla richiesta, fatta da Druker e colleghi allo stato dell’Oregon, di un contribuito di 200 milioni di dollari per costruire due edifici per l’istituto di oncologia. Occasione unica per creare nuovi posti di lavoro e per combattere nello stesso tempo il killer numero uno dei cittadini dell’Oregon, il cancro appunto.
 
Una posta molto alta, del tipo win or loose, vinta alla grande dall’agguerrito Knight. Nel marzo dello scorso anno, il senato dell’Oregon ha dato il suo Ok al progetto con 28 voti favorevoli e due contrari.
 
Ma quando Druker pensava di avere ormai in pugno il ‘Challenge’ ecco arrivare una bella doccia fredda. Uno scivolone di quelli imperdonabili sul versante della comunicazione.
L’aggressivo claim scelto per il ‘Challenge’ si era spinto infatti a dipingere Druker come una delle persone che, con la scoperta del Gleevec aveva trovato la ‘cura’ per la leucemia. La cosa non è andata giù ad alcuni pazienti con leucemia mieloide cronica, persone costrette a prendere il costoso farmaco vita natural durante, sotto la spada di Damocle continua della comparsa di effetti collaterali o della resistenza alla terapia. La parola ‘cura’, ecco no, proprio non potevano digerirla perchè rischiava paradossalmente di portare ad un rallentamento della ricerca in questo settore, e quindi alla possibile scoperta di nuovi e più potenti farmaci per la loro malattia.
 
Bisognava correre subito ai ripari, per evitare un catastrofico effetto domino sulla buona reputazione del Challenge. Via dunque lo slogan scomodo, a favore di uno meno trionfalistico, ma di certo più onesto, che suonava più o meno così:  “Abbiamo controllato un tumore. Ora dobbiamo colpire altri tipi di tumore, aggredendoli così come loro fanno con noi”.
 
Due anni di pura adrenalina, per un risultato storico, da Guiness dei primati.
Il risultato, una montagna di dollari,che servirà ora a Druker per assumere 30 ricercatori agguerriti che si applicheranno nello studio del cancro nelle prime fasi dello sviluppo, quelle più aggredibili dai trattamenti. Un altro filone di ricerca sarà dedicato allo sviluppo di nuovi test più accurati e in grado di ridurre le false diagnosi.
 
Tanto lavoro da fare con la possibilità di dedicarsi per un bel po’ di tempo solo alla scienza, senza preoccuparsi di come foraggiarla e sostenerla. Una storia di successo che si spera possa ispirarne tante altre.
Anche all’interno del nostro Paese, tanto ricco di idee, quanto povero di fondi per permettere loro di spiccare il volo.
* (Nature Volume: 523, Pages: 14–15 Date published:  (02 July 2015) DOI:  doi:10.1038/523014a)
 
Maria Rita Montebelli
 

05 luglio 2015
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Scienza e Farmaci

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy