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Carcinoma nasofaringeo avanzato. Nuovi risultati mostrano  l’attività antitumorale di pembrolizumab


Pembrolizumab in monoterapia ha ottenuto un tasso di risposta globale del 22,2% nei pazienti pretrattati. Questi i risultati dello studio di Fase 1b KEYNOTE-028, presentati allo European Cancer Congress 2015.

28 SET - Msd ha annunciato oggi la presentazione dei primi risultati della ricerca sull’uso di pembrolizumab, la terapia anti-PD-1 dell’azienda, come monoterapia per pazienti con carcinoma nasofaringeo (NPC) avanzato non resecabile – un tipo di tumore della testa e del collo – con espressione di PD-L1 (≥1% delle cellule nei nidi tumorali o nelle bande PD-L1+ dello stroma). I dati provengono da uno studio di Fase 1b (KEYNOTE-028) e hanno dimostrato un tasso di risposta globale (ORR) (confermato e non confermato) del 22,2% (95% CI, 8,6-42,3) nei pazienti valutabili (n=27) trattati con pembrolizumab. I risultati sono stati presentati nel corso di una sessione orale da Chiun Hsu, National Taiwan University Hospital, allo European Cancer Congress (ECC) di Vienna (Abstract n. 2801). 
 
"Il carcinoma nasofaringeo avanzato è una grave forma di tumore della testa e del collo spesso associata a una prognosi sfavorevole - ha dichiarato Hsu -. «Questi dati presentati all’ ECC indicano il potenziale per nuovi approcci al trattamento di questo tipo di tumore per il quale, al momento, esistono poche opzioni di cura e, inoltre, confermano la necessità di portare avanti la ricerca sul potenziale funzionamento di pembrolizumab in alcuni tipi di tumore della testa e del collo".

Msd ha avviato un vasto programma di sviluppo clinico per la valutazione di pembrolizumab nel tumore della testa e del collo in diverse linee terapeutiche, sia in monoterapia, sia in associazione a chemioterapia o altri agenti. Nell’ambito di KEYNOTE-028, pembrolizumab è in studio in pazienti con NPC avanzato non resecabile che non rispondono alla terapia attualmente disponibile o per i quali tale terapia non è appropriata. Questo studio è il secondo a mostrare l’attività precoce di pembrolizumab nei pazienti con tumore della testa e del collo e il primo su una terapia anti-PD-1 a dimostrare un’attività clinica in pazienti con NPC ricorrente o metastatico. Per ulteriori informazioni sui nostri trial clinici oncologici, visitare www.keynoteclinicaltrials.com.
 
"I dati che emergono da questo studio clinico mostrano ancora una volta che pembrolizumab è attivo in differenti tipologie di tumori, inclusi quelli difficili da curare con i trattamenti standard - ha dichiarato Roger Dansey, Senior Vice President e Therapeutic Area Head, Oncology Late-Stage Development di Merck Research Laboratories -. Sulla base di questi e degli altri risultati ottenuti sinora, stiamo continuando a portare avanti un programma clinico completo sul tumore della testa e del collo con pembrolizumab, sempre focalizzati sulla realizzazione del pieno potenziale di questa terapia per rispondere alle esigenze di cura ancora insoddisfatte dei pazienti con tumori difficili da trattare, come il carcinoma nasofaringeo".

Altri risultati dello studio KEYNOTE-028 per il carcinoma nasofaringeo
KEYNOTE-028 è uno studio clinico di Fase 1b, multicoorte, non randomizzato e di tipo basket – un modello di trial che permette di studiare più sottopopolazioni di diversi tipi di tumore o diversi tipi istologici nell’ambito di un unico studio. Questo studio clinico, attualmente in corso, sta valutando la sicurezza, la tollerabilità e l’attività antitumorale di pembrolizumab in monoterapia (con dosaggio 10 mg/kg ogni due settimane) in oltre 450 pazienti con 20 diversi tipi di tumore. Lo studio è stato disegnato per valutare i pazienti con tumori solidi avanzati che esprimono PD-L1 e non hanno risposto alla terapia attualmente disponibile o per i quali tale terapia non è appropriata.

Questi primi risultati su 27 pazienti con NPC avanzato già trattati in maniera aggressiva hanno dimostrato un ORR del 22,2% (n=6/27) (secondo i criteri RECIST v1.1), incluse sei risposte parziali (95% CI, 8,6-42,3). Inoltre, il 55,6% dei pazienti ha mostrato una malattia stabile (n=15/27) (95% CI, 35,3-74,5), il tasso di controllo della malattia (DCR) è stato del 77,8% (n=21/27) (95% CI, 57,7-91,4) e la riduzione del tumore è stata raggiunta nel 67% dei pazienti. Il tasso di sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 6 mesi è stato del 49,7 e quello a 12 mesi del 28,9%. La durata mediana del follow-up per i pazienti valutabili è stata di 12,9 mesi (range da 2,2 a 15,0) e la durata mediana della risposta è stata di 10,8 mesi (range da 4,8 a 10,8).

Gli eventi avversi sono stati generalmente coerenti con i dati sulla sicurezza riferiti in precedenza per pembrolizumab. Gli eventi avversi di Grado 3-5 correlati al trattamento e valutati dai ricercatori sono stati: epatite (n=2), polmonite (n=2), anemia (n=1), dolore al volto (n=1), aumento della creatin fosfochinasi (n=1), proteinuria (n=1) e sepsi (n=1). Gli eventi avversi immuno-mediati sono stati: ipotiroidismo (n=5), epatite (n=4) e polmonite (n=3). Si è verificato un decesso correlato al trattamento a seguito di sepsi batterica.
 
Informazioni su PD-L1 e sull’espressione di PD-L1
PD-L1, chiamato anche ligando 1 della morte programmata, è una proteina espressa su molti tipi di cellule, incluse alcune cellule tumorali. In condizioni normali, l’interazione di PD-L1 con un’altra proteina, chiamata recettore 1 della morte programmata o PD-1 (Programmed Death receptor-1), funziona da importante checkpoint del sistema immunitario, mantenendo in equilibrio questo sistema e impedendo all’organismo di attaccare le proprie cellule in caso di infiammazione o infezione. Quando i tumori esprimono PD-L1, tuttavia, possono eludere il rilevamento e la distruzione da parte delle cellule T citotossiche – un tipo di cellule immuni antitumorali – permettendo al tumore di sopravvivere e svilupparsi. L’espressione PD-L1 dei tumori è stata osservata a vari livelli in molti tipi di tumore, tra cui il carcinoma mammario, il tumore del polmone e della vescica e il carcinoma nasofaringeo. Livelli elevati dell’espressione di PD-L1, chiamati sovraespressione, sono al momento sotto studio per poter essere utilizzati al fine di identificare i pazienti con maggiore probabilità di rispondere a determinati approcci di cura su base immunologica. 

28 settembre 2015
© Riproduzione riservata

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