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Zika. Al via studio per valutare il collegamento tra infezione e microcefalia

di Julie Steenhuysen

Ricercatori americani e brasiliani insieme per capire se è proprio l'infezione del virus a causare la malformazione alla nascita. I primi risultati previsti in primavera.

22 FEB - (Reuters Health) - Stati Uniti e Brasile uniscono le forze per affrontare l’emergenza Zika, prima che sia troppo tardi e prima che l’epidemia raggiunga gli USA. Lo studio si svolgerà a João Pessoa, nello stato di Paraíba, in Brasile, dove gli esperti contano di arruolare 100 bambini con microcefalia insieme alle loro madri. In Brasile ci sono stati, finora, 500 casi confermati di microcefalia, un raro difetto della nascita caratterizzato da piccole dimensioni della testa. Più di 3900, però, sono i casi sospetti che gli esperti stanno valutando. Eppure, nello stato sudamericano, normalmente i casi di microcefalia sono intorno ai 150 l’anno. L’aumento nel numero di questi difetti ha portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a dichiarare Zika un’emergenza sanitaria internazionale.
 
L’avvio di uno studio approfondito era nell’aria già da diverse settimane. La ricerca vedrà la partecipazione di esperti americani dei Centers for Diseases Control and Prevention (CDC) con ricercatori brasiliani, uniti per esaminare i bambini già nati con la malformazione e le loro madri e per determinare se Zika o altre infezioni abbiano causato il difetto alla nascita. “Quello che stiamo cercando di fare è di definire meglio l’associazione tra microcefalia e infezione da virus Zika”, ha dichiarato Erin Staples, epidemiologa al CDC, che coordinerà lo studio. In un’intervista, Staples ha dato un’idea di come si svolgerà la ricerca. Gli esperti sperano di coinvolgere 100 madri con i loro neonati con microcefalia. I dati raccolti saranno quindi messi a confronto con 300/400 coppie madre-figlio sane. I primi risultati dovrebbero arrivare in primavera.

Lo studio
L’eventuale infezione del virus Zika sarà valutata su campioni di sangue, anche se i test diagnostici che valutano gli anticorpi contro questo virus attualmente a disposizione sono limitanti, dal momento che la risposta a Zika somiglia a quella contro la febbre dengue, una malattia causata da un virus correlato, presente anche in Brasile. I ricercatori, comunque, sperano che prendendo i campioni sia dalla madre che dal figlio si riesca a capire se Zika sia effettivamente coinvolto. Inoltre, gli esperti guarderanno anche all’esposizione ad altri fattori che possano essere alla base della microcefalia. La certezza su un eventuale nesso tra virus e microcefalia, però, si avrà solo con anni di studi, ha precisato comunque Staples.


La situazione attuale
Nel frattempo, le evidenze del collegamento tra microcefalia e infezione da Zika virus aumentano. I ricercatori hanno trovato il virus nel tessuto cerebrale del feto, nel liquido amniotico e nella placenta. Inoltre, l’autopsia effettuata su un feto abortito ha mostrato la presenza del materiale genetico virale nel cervello e evidenze che il virus si stava replicando. Il Brasile è l’unico Paese ad aver riportato un netto aumento dei casi di microcefalia dopo la diffusione del virus Zika, lo scorso anno. E i CDC hanno tutto l’interesse a svelare il mistero man mano che l’epidemia si sposta verso nord. Attualmente, il virus trasmesso dalle zanzare è giunto in Porto Rico e man mano che arriva la primavera gli esperti si aspettano che raggiunga diversi Stati del Sud degli USA.Gli esperti dei CDC lavoreranno insieme ai membri del Ministero della Salute brasiliano. Il team di esperti cercherà anche di determinare le più comuni caratteristiche di microcefalia eventualmente associate all’infezione da Zika virus e di verificare se altre anomalie possano derivare dall’esposizione al virus. Secondo Staples, solo per arruolare le madri con i bambini ci vorranno dalle quattro alle cinque settimane, ma i tempi potrebbero allungarsi. “Dobbiamo essere sicuri di avere un buon numero di casi per riuscire a dire con un buon grado di certezza che sta succedendo”, ha concluso l’epidemiologa americana.
 
Julie Steenhuysen

22 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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