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Glioblastoma. Terapia laser aumenta efficacia chemioterapia

di Anne Harding

L'ipertermia indotta dal laser altererebbe la struttura della barriera emato-encefalica favorendo l'ingresso dei farmaci antineoplastici e aumentandone così l'efficacia. Lo studio su PloS OnE.

02 MAR - (Reuters Health) – La rimozione mediante laser del glioblastoma, una forma neoplastica che colpisce il sistema nervoso, altererebbe la struttura della barriera emato-encefalica per diverse settimane, dando la possibilità, così, ai farmaci chemioterapici di raggiungere il cervello. A dimostrarlo è stato uno studio coordinato da Eric Leuthardt della Facoltà di Medicina della Washington University di Saint Louis, nel Missouri. La ricerca è stata pubblicata su PloS One.

“La terapia laser apre una ‘finestra’ che può essere utilizzata per far passare i farmaci chemioterapici che altrimenti non potrebbero raggiungere il sistema nervoso centrale”, ha dichiarato Leuthardt, il primo autore dello studio. “A livello preliminare penso che questo meccanismo aprirà le porte a nuovi trials clinici che non avevamo mai potuto considerare prima”.

La barriera emato-encefalica protegge il tessuto cerebrale facendo passare solo ossigeno e glucosio e bloccando molte molecole, tra cui i farmaci chemioterapici. Studi di laboratorio hanno, però, suggerito che l’ipertermia altererebbe la barriera. Per valutare questo approccio terapeutico sull’uomo, Leuthardt e colleghi hanno sfruttato la risonanza magnetica per guidare la termoterapia interstiziale laser (LITT), una tecnica miniinvasiva approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) americana per il trattamento dei tumori al cervello.

Lo studio
I ricercatori hanno utilizzato un liquido di contrasto per misurare, su 14 pazienti che si sono sottoposti a risonanza magnetica, la permeabilità della barriera emato-encefalica nella regione intorno al tumore, prima e dopo la terapia laser. Dai dati raccolti, dopo la LITT è stato registrato un picco di trasferimento del contrasto dai vasi sanguigni al cervello che è poi andato gradualmente diminuendo nelle successive quattro settimane. I livelli nel sangue di enolasi, un enzima che è anche utilizzato per valutare l’alterazione della barrierea emato-encefalica, risultavano, inoltre, aumentati dopo la terapia laser, con un picco da una a tre settimane dopo la procedura e una ritorno alla normalità dopo sei settimane.

La FDA ha approvato la tecnologia usata per LITT nel 2009. La procedura si esegue facendo passare una sonda laser nel cervello attraverso una piccola incisione sul cranio. Mentre il paziente è nella macchina della risonanza magnetica, la sonda viene roboticamente guidata verso la porzione centrale del tumore, dove il laser distrugge le cellule cancerose. I pazienti solitamente possono andare a casa già il giorno seguente. “Con il laser – ha spiegato Leuthardt – si può fare un’incisione molto precisa e non ci sono molti effetti collaterali a seguito dell’intervento”. Lo studio pubblicato su PloS One fa parte di un trial più ampio che arruolerà in tutto 40 pazienti e valuterà anche la somministrazione del farmaco antineoplastico doxorubicina in alcuni pazienti subito dopo la LITT o diverse settimane più tardi. “I risultati preliminari sono incoraggianti – ha dichiarato Leuthardt – i pazienti ai quali viene somministrata la chemioterapia durante il trattamento con il laser sembrano rispondere meglio”.

Fonte: PloS One 2016

Anne Harding

(Versione italiana QuotidianoSanità/Popular Science) 

02 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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