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Obesità: il ramipril previene l’insufficienza renale


Uno studio Cnr di Reggio Calabria e dell'Istituto Mario Negri di Bergamo dimostra che l’Ace inibitore è efficace non soltanto nel ridurre la pressione arteriosa, ma anche per rallentare la progressione verso la fase terminale dell'insufficienza renale. Sono i pazienti obesi quelli che traggono i maggiori benefici.

25 MAG - È il principio attivo più venduto in Italia e tra i primi nel mondo, ma il ramipril continua a riservare sorprese. Uno studio condotto dall'Ibim-Cnr di Reggio Calabria e dall'Istituto Mario Negri di Bergamo e pubblicato sul Journal of American Society of Nephrology (JASN) conferma infatti che è in grado di rallentare la progressione verso la fase terminale dell'insufficienza renale. Ma, soprattutto, dimostra - ed è qui la novità - che a trarne i maggiori benefici sono i pazienti obesi, che sono anche la popolazione più a rischio.
“Oggi, infatti, - ha spiegato Carmine Zoccali, responsabile della sede di Reggio Calabria dell'Istituto di biomedicina e immunologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibim-Cnr) e direttore dell'Unità operativa di nefrologia e trapianto renale Ospedali riuniti di Reggio Calabria - l'obesità è considerata la causa più frequente di insufficienza renale cronica, tanto che il rischio di contrarla risulta più che triplicato nei soggetti con obesità lieve e addirittura sette volte maggiore in quelli con obesità severa. Nonostante la frequenza della malattia renale cronica legata all'obesità, la ricerca specifica sui farmaci che possono ridurre e/o prevenire il danno renale negli obesi è ancora molto limitata”, ha aggiunto.
Ramipril è un inibitore dell'enzima che regola la sintesi dell'angiotensina II: alti livelli di questa sostanza, ha proseguito Zoccali, “possono determinare un aumento della pressione arteriosa e, al contempo, un'alta pressione di filtrazione nei glomeruli renali, una delicatissima e fondamentale componente microscopica dei reni”.
È nata da queste considerazioni la nuova analisi dello studio Ramipril Efficacy in Nephrology (Rein), un trial randomizzato, placebo-controllo, che aveva esaminato gli effetti del ramipril in 337 pazienti adulti di ambo i sessi, con malattie renali proteinuriche (presenza di proteine nelle urine) non correlate al diabete. La velocità di progressione di queste malattie e gli effetti del ramipril sono stati poi confrontati nei pazienti obesi e in sovrappeso rispetto a quelli normopeso.
“Dalla ricerca è emerso che il ramipril ha abbassato notevolmente il rischio di progressione verso la fase terminale dell'insufficienza renale in tutte e tre le categorie ponderali (normopeso, sovrappeso e obesità), ma l'entità della riduzione del rischio è risultata maggiore per i pazienti obesi, circa l'86% rispetto al 45% di quelli normopeso”, ha illustrato il ricercatore. “Questa osservazione è importante in quanto, nei pazienti trattati con placebo, gli obesi erano proprio la categoria a rischio più alto di sviluppare nefropatia all'ultimo stadio, con un rischio più che doppio di finire in dialisi rispetto ai normopeso”.
Rimane ancora da dimostrare, ha concluso Zoccali, “se gli Ace-inibitori come il ramipril hanno lo stesso effetto protettivo anche nei pazienti con più bassi livelli di proteinuria o in totale assenza, in attesa di conferma anche dei risultati della ricerca su studi effettuati in pazienti di altre etnie. È però confermato che l'uso del ramipril e, probabilmente, l'uso di altri Ace inibitori non solo è in grado di ridurre la pressione arteriosa ma anche di correggere l'aumento della pressione di filtrazione a livello glomerulare, così risultando utile nel ritardare la progressione della malattia renale nei pazienti obesi”, ha concluso. 

25 maggio 2011
© Riproduzione riservata

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