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Tiroide. L'uso dell’imaging deve essere personalizzato

di David Douglas

Secondo quanto emerge da uno studio statunitense, l’utilizzo dell’imaging dopo il trattamento iniziale del carcinoma differenziato della tiroide è in aumento, ma, a oggi, non ha comportato tangibili miglioramenti nella sopravvivenza specifica della malattia.

02 AGO - (Reutes Health) - Secondo quanto emerge da uno studio statunitense, l’utilizzo dell’imaging dopo il trattamento iniziale del carcinoma differenziato della tiroide è in aumento, ma, a oggi, non ha comportato tangibili miglioramenti nella sopravvivenza specifica della malattia. Con l’intento di verificare l’utilità dell’impiego dell’imaging nel monitoraggio del trattamento del cancro alla tiroide, Megan R. Haymart e colleghi, della Ann Arbor University nel Michigan, hanno esaminato i dati sanitari relativi a più di 28.000 pazienti con tumore della tiroide diagnosticati tra il 1998 e il 2013, con un follow-up di circa sei anni. E hanno così evidenziato che, tra il 1998 e il 2011, si è verificato un significativo aumento dell’incidenza del cancro (Rate Ratio, 1,05), e lo stesso avveniva anche per l’utilizzo dell’imaging (RR, 1.13) e per il trattamento delle recidive (RR, 1.01). Tuttavia, non vi è stato alcun cambiamento significativo nel tasso di mortalità.
 
Le evidenze
In particolare, l’utilizzo dell’ ecografia del collo era legato a un significativo aumento della probabilità di un ulteriore intervento chirurgico (Odds Ratio, 2.30) e di un ulteriore trattamento con iodio radioattivo (OR, 1.45). Le scansioni con iodio radioattivo sono state associate a un ulteriore intervento chirurgico (OR, 3.39), e ulteriore trattamento con iodio radioattivo (OR, 17.83), e radioterapia (1.89). E questi sono stati anche associati con un miglioramento della sopravvivenza malattia-specifica (Hazard Ratio 0,70). Inoltre, anche l’utilizzo della PET è stato associato ad un ulteriore intervento chirurgico e un ulteriore trattamento con iodio radioattivo e radioterapia. Ma non c’era alcun legame significativo tra ecografia del collo o PET e il tasso di sopravvivenza malattia-specifica (HR, 1,14 e 0,91, rispettivamente).

I ricercatori stessi hanno commentato queste evidenze sottolineando che l’impiego intensivo dell’imaging dopo il trattamento iniziale può essere opportuno per alcuni pazienti con tumore della tiroide, ma per molti non comporta alcun miglioramento negli esiti e nella sopravvivenza. E’ meglio, quindi, limitare l’impiego dell’imaging intensivo, inutile se adottato come pratica di routine, e programmare, dopo il trattamento iniziale, un piano di imaging su misura, considerando attentamente i rischi di ogni singolo paziente.
 
Fonte: BMJ 2016
 
David Douglas
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

02 agosto 2016
© Riproduzione riservata

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