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Epatite C. Gli infermieri italiani dicono sì a produzione farmaci a basso costo per curare tutti


"L’interesse prioritario non può essere quello economico, ma è quello della salute dei cittadini: in un sistema universalistico le cure devono essere accessibili e ugualmente garantite a tutti". Così la Federazione Ipasvi che rappresenta gli oltre 430mila infermieri presenti in Italia, aderisce alla petizione di Salute Internazionale per consentire la produzione di un generico a più basso costo del farmaco, rendendolo accessibile a tutti.

06 OTT - "Se il diritto alla salute e quindi a cure eque ed efficaci è costituzionalmente garantito ed è ribadito anche nei recentissimi Livelli essenziali di assistenza, non ha alcun senso assistere per la cura dell’Epatite C a una limitazione legata esclusivamente a questioni economiche sull’accesso ai farmaci a base di Sofosbuvir, efficaci perché agiscono contro il virus, producendo in un’altissima percentuale di casi la guarigione virologica".

In questo senso la Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi, che rappresenta gli oltre 430mila infermieri presenti in Italia, aderisce alla petizione di Salute Internazionale per consentire la produzione di un generico a più basso costo del farmaco, rendendolo accessibile a tutti: oggi l’Italia ha circa un milione di pazienti affetti da Epatite C, di cui 330 mila con cirrosi e il primato in Europa per numero di soggetti HCV positivi e mortalità per tumore primitivo del fegato. Oltre 20 mila persone muoiono ogni anno per malattie croniche del fegato (due persone ogni ora) e, nel 65% dei casi, l’HCV risulta causa unica o concausa dei danni epatici.

Un’adesione che quindi prende spunto dagli stessi principi fondanti della moderna assistenza infermieristica, in base ai quali il nursing consiste nel porre le persone nelle migliori condizioni possibili per favorire la guarigione delle malattie.

“L’assistenza alla persona che soffre è ovvia – ha sottolineato la presidente Barbara Mangiacavalli - e è il presupposto naturale del “prendersi cura” che rappresenta la mission della professione infermieristica, ma assistere a una sofferenza evitabile della persona senza poter agire per evitarla pure avendone gli strumenti necessari a farlo è qualcosa che travalica il concetto di cure uguali per tutti, di universalità ed equità dell’assistenza e configura, oltre che un danno all’etica della professione, una vera e propria omissione di soccorso".

"Il Codice deontologico – continua - afferma che l'infermiere riconosce la salute come bene fondamentale della persona e interesse della collettività e si impegna a tutelarla con attività di prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione, ma anche che l’infermiere orienta la sua azione al bene dell'assistito di cui attiva le risorse sostenendolo nel raggiungimento della maggiore autonomia possibile, in particolare, quando vi sia disabilità, svantaggio, fragilità e che l'infermiere contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso l'uso ottimale delle risorse disponibili".

"Per questo – conclude Mangiacavalli - l’Ipasvi aderisce alla petizione e per questo ritiene di dover sollecitare il Governo a perseguire la strada della licenza obbligatoria per estendere l’accesso alle terapie anti epatite C a tutti coloro che possono averne beneficio”.

06 ottobre 2016
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