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Troppo alcol indurisce le arterie. Anche nei pentiti della bottiglia

di Maria Rita Montebelli

Bere troppo nel corso degli anni invecchia in maniera prematura la parete delle arterie, in particolare negli uomini, esponendoli così al rischio di malattie cardiovascolari. È quanto emerge da una ricerca pubblicata sul giornale dell’American Heart Association/American Sroke Association. Ma non è facile dire da quale livello l’alcol comincia a diventare un pericolo. L’invito quindi è al consumo prudente

21 FEB - Uno studio appena pubblicato su Journal of the American Heart Association getta nuova luce sugli effetti cardiovascolari dell’alcol. Se è vero che mezzo bicchiere di vino al giorno può avere effetti benefici, di certo l’eccesso fa male alle arterie. E l’indurimento della parete arteriosa persiste anche nei pentiti del gomito alzato. Per questo sottolineano gli autori è molto importante non limitarsi ad esplorare le abitudini attuali del paziente in merito al consumo di bevande alcoliche ma estendere la domanda anche al pregresso.
 
La rigidità aortica misurata in maniera non invasiva rappresenta un forte predittore di eventi cardiovascolari futuri, quali ictus, scompenso cardiaco e coronaropatia, oltre ad essere un precursore dell’ipertensione.
La rigidità delle arterie (o stiffness) rappresenta dunque un importante biomarcatore della salute dell’apparato cardiovascolare e secondo recenti studi mostra una correlazione con il consumo di alcol. Resta tuttavia ancora da chiarire il ruolo delle diverse modalità di consumo di bevande alcoliche nel lungo termine rispetto alla progressione della rigidità arteriosa. Per far luce su questi aspetti, Darragh O'Neill e colleghi del Research Department of Epidemiology and Public Health, University College di Londra, hanno effettuato uno studio longitudinale di coorte, su un arco temporale di 25 anni, allo scopo di valutare l’associazione tra il consumo di alcol nel tempo e le ricadute sulla rigidità vascolare.
 
Per lo studio i ricercatori hanno attinto ai dati dello studio Whitehall II, nel corso del quale i soggetti arruolati sono stati sottoposti a ripetute valutazioni della velocità dell’onda di polso carotideo-femorale (un parametro utilizzato per misurare la rigidità della parete delle arterie) a intervalli di 4-5 anni. Per lo studio appena pubblicato sono stati analizzati i dati relativi a 3.869 persone (73% maschi).
E’ stata quindi effettuata una stratificazione dei partecipanti in base al loro consumo di bevande alcoliche, tenendo anche conto della variabilità nel tempo di questi pattern di consumo.
 
I soggetti di sesso maschile forti consumatori di alcol ( >112 g di etanolo a settimana) mostravano una velocità di onda di polso basale più elevata (0,26 m/s) rispetto ai consumatori ‘moderati’ (1-112 g di etanolo a settimana). Anche i maschi ex-bevitori presentavano un significativo aumento della rigidità arteriosa nel tempo, rispetto ai bevitori moderati (0,11 m/s). Tra i soggetti di sesso femminile non sono emerse associazioni statisticamente significative dopo aver effettuato gli opportuni aggiustamenti per indice di massa corporea, frequenza cardiaca, pressione arteriosa media, diabete mellito, livelli di HDL e trigliceridi.
 
Gli autori dello studio concludono dunque che un elevato consumo di alcol, protratto per molti anni, risulta associato ad un aumentato rischio cardiovascolare, in particolare tra i maschi. I risultati dello studio rivelano inoltre l’importanza di indagare anche sul consumo di alcol in passato, perché può avere ricadute importanti anche a distanza di molti anni e anche dopo aver smesso di bere in maniera esagerata.
“Non è chiaro – commenta O’Neill – quale possa essere l’impatto dell’alcol sulla parete delle arterie; è stato suggerito che il consumo di bevande alcoliche aumenti i livelli di colesterolo HDL o riduca l’aggregazione piastrinica. Ma un consumo eccessivo può attivare alcuni enzimi che portano ad accumulo di collagene, fatto che a sua volta, accelera il tasso di rigidità parietale.”
 
Globalmente ricorda Justin P. Zachariah, Baylor College of Medicine (Houston, Texas) autore di un editoriale pubblicato sullo stesso numero, l’alcol è responsabile di quasi il 6% di tutti i decessi e del 5% degli anni di vita aggiustati per disabilità (DALY). Le conseguenze del consumo di bevande alcoliche vanno dagli eventi cardiovascolari conseguenti ad un’ingestione acuta, ai rischi di lungo termine quali ictus e fibrillazione atriale.
 
Maria Rita Montebelli

21 febbraio 2017
© Riproduzione riservata

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