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Anziani in pronto soccorso: dagli USA un programma per ridurre i ricoveri, assistendoli sul territorio

di Maria Rita Montebelli

Si chiama GEDI ed è un programma dedicato agli anziani che accedono al pronto soccorso. Introdotto in tre ospedali americani nel 2013, il programma ha lo scopo di evitare ricoveri inutili ai ‘codici argento’, ma anche l’effetto ‘sliding doors’, cioè uscire dalla porta di un ospedale per entrare poco dopo in un altro. Uno studio appena pubblicato traccia un bilancio di questa fase sperimentale che appare decisamente interessante: negli anziani assistiti col GEDI il numero dei ricoveri si è ridotto del 33%

12 GEN - L’emergenza pronto soccorso nel periodo invernale non riguarda solo l’Italia ed è esercizio comune a tutti i Paesi quello di trovare possibili soluzioni a questo problema di anno in anno più grave.
 
Dagli Stati Uniti arrivano i risultati di uno di questi tentativi. Alla luce del fatto che un paziente su tre di quelli con più di 65 anni che accedono al pronto soccorso, finiscono poi ricoverati, un gruppo di ricercatori americani della Northwestern University (Chicago) del Mount Sinai Medical Center (New York) e del St. Joseph Regional Medical Center hanno messo a punto un programma di PS (GEDI, Geriatric Emergency Department Innovations) focalizzato sulle cure geriatriche di transizione che ha prodotto una riduzione dei ricoveri del 33% tra gli anziani. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su Journal of the American Geriatrics Society.
 
Un risultato importante non solo e non tanto nel periodo di massimo affollamento dei dipartimenti d’emergenza, coincidente in genere col picco influenzale. Riuscire a ridurre i ricoveri nell’anziano significa infatti evitare lo slatentizzarsi di forme di demenza ben compensate nell’ambiente domestico, il rischio di cadute e di infezioni ospedaliere. Molti degli anziani ricoverati inoltre alla dimissione presentano un peggioramento delle capacità motorie e della qualità di vita.
 
“Questo programma – spiega Scott Dresden, professore associato di medicina d’emergenza alla Northwestern University Feinberg School of Medicine – ha creato una rete di protezione per questa popolazione vulnerabile. Il nostro scopo era di fare in modo non solo di dimettere questi pazienti dal PS ma di far sì che non dovessero essere poi ricoverati nuovamente a breve per qualche problema prevedibile, come una caduta”.
 
In questo studio, delle infermiere specializzate nella cura di pazienti in età geriatrica sono state chiamate a valutare se i pazienti ultra-65enni accettati in PS presentavano alterazioni fisiche o cognitive, se erano in grado di prendersi cura di loro stessi a casa o se presentavano condizioni comorbili multiple, comuni a questa età. In alcuni casi l’infermiera poteva decidere di avviare direttamente il paziente in una RSA, anziché rimandarlo a casa.
 
Ove possibile, questi pazienti (che da noi sarebbero etichettati al triage come ‘codice argento’) venivano spostati in ambienti più tranquilli, dotati di porte, pavimenti con superfici non riflettenti e non scivolose, televisioni e luce naturale. Dopo essere stati opportunamente valutati e dimessi i pazienti venivano seguiti attraverso contatti telefonici e venivano offerti loro appuntamenti con assistenti sociali, se necessario.
 
I soggetti anziani che dopo l’accesso al PS ricevevano questo tipo di attenzioni, venivano ricoverati nel 36% dei casi, mentre nei controlli di pari età il ricovero avveniva nel 53% dei casi.
 
“Il programma GEDI – prosegue Dresden – rappresenta un modello che può essere facilmente adottato anche da altri ospedali”. Lanciato nel 2013, il GEDI ha ricevuto finanziamenti nell’ambito del programma Center for Medicare and Medicaid Innovation (CMMI) Health Care Innovation Award.
 
Maria Rita Montebelli

12 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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