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Terapie anticoagulanti: +30% negli ultimi 5 anni per i farmaci di nuova generazione


Sono oltre un milione le persone trattate con la terapia AVK, cui si devono aggiungere i pazienti a cui sono somministrati i NAO, i nuovi anticoagulanti orali che sono disponibili nel nostro Paese dal 2013. A Bologna un convegno per fare il punto della situazione.

25 GEN - Anziani e donne in gravidanza. È su di loro che si concentra il convegno in corso a Bologna “Anticoagulazione: attualità cliniche e di laboratorio. Aspetti sociali”, organizzato e promosso da Fondazione Arianna Anticoagulazione e dal portale Anticoagulazione.it in collaborazione con FederAIPA. In Italia i pazienti sottoposti a terapia AVK sono circa un milione, cui si aggiungono quelli trattati con i NAO, i nuovi anticoagulanti orali disponibili dal 2013 nel nostro Paese. 
 
Si stima che una patologia come il tromboembolismo venoso colpisca ogni anno almeno un anziano su 100. L’incidenza della patologia nelle donne a rischio nel periodo pre-menopausa è invece di 1 su 10.000. In gravidanza questo numero sale a un caso su 1.000 e nel puerperio decuplica rispetto alla gravidanza.

Per migliorare la qualità di vita dei pazienti e aumentare l’aderenza alla terapia, i maggiori esperti di anticoagulazione a livello nazionale riuniti a Bologna auspicano un maggior dialogo e una più ampia collaborazione tra specialisti di settori diversi (angiologi, cardiologi, ma anche geriatri, ginecologi e così via) e medici di medicina generale. “È importante capire che l’anticoagulazione riguarda una rete di persone: non solo il paziente, i suoi familiari e lo specialista, ma anche il medico di medicina generale e altre figure cardine per la vita del paziente, come il geriatra o il ginecologo. Avremo vinto questa sfida quando riusciremo davvero a costruire reti di persone che comunicano tra loro”, sottolinea Gualtiero Palareti, angiologo, professore di malattie cardiovascolari e presidente della Fondazione Arianna Anticoagulazione di Bologna.
 
Dati di real life sulle prescrizioni di anticoagulanti
Nella due giorni bolognese sono stati anche presentati i dati di real life provenienti dal Registro START2 ( uno strumento indipendente per la valutazione di efficacia e sicurezza dei farmaci utilizzati nel trattamento anticoagulante e antitrombotico) sulle preferenze terapeutiche dei prescrittori per quanto riguarda i pazienti con fibrillazione atriale (FA) e tromboembolismo venoso (TEV).

I dati di real life raccolti da Fondazione Arianna attraverso i Centri TAO che aderiscono al progetto FCSA-START mostrano che tra il 2013 e il 2017 c’è stato un aumento nella prescrizione dei nuovi farmaci di oltre il 30%. Emergono inoltre le preferenze dei medici sulle scelte terapeutiche: per quanto riguarda i pazienti fibrillanti si preferisce prescrivere un NAO agli anziani (il 60% ha più di 75 anni) che hanno già avuto un’emorragia o un ictus. Nei pazienti trattati per tromboembolismo venoso si preferisce invece prescrivere un NAO nei più giovani (il 30% ha meno di 50 anni, con una mediana di 64 anni contro i 68 degli AVK).

A influenzare la scelta terapeutica dei prescrittori non è stata tanto la qualità della terapia stessa (che nei casi analizzati è mediamente molto buona), ma piuttosto parametri come l’età del paziente, la sua compliance o lo stato clinico.
 
Per l’aderenza serve più informazione
Una delle sfide dei trattamenti anticoagulanti riguarda l’aderenza. “Si calcola che quando esisteva solo la terapia AVK circa il 40% di chi avrebbe dovuto sottoporvisi non lo facesse, per le difficoltà connesse ai frequenti controlli di laboratorio – sottolinea Palareti –. Gli anticoagulanti orali diretti possono migliorare la qualità di vita del paziente a patto che aumenti la comunicazione medico-paziente e l’aderenza”. I NAO infatti, proprio perché meno monitorati, incentivano il fai-da-te dei pazienti: secondo alcuni studi il 10% dei pazienti trattati con questa terapia la interrompe senza consultare il medico.
 
Al congresso bolognese i massimi esperti italiani di anticoagulazione si confronteranno anche sulla scelta della terapia in funzione dell’aderenza. “Un paziente informato è un paziente aderente – aggiunge Palareti –. A ciascun paziente occorrerebbe garantire almeno 20-25 minuti di colloquio personalizzato, indipendentemente dal tipo di terapia anticoagulante che deve seguire. Spesso tuttavia il tempo a disposizione del singolo medico è ampiamente insufficiente”. Emerge a gran voce la necessità di riorganizzare il tempo del medico, orientandolo di più al paziente e di meno alla burocrazia. Una migliore organizzazione del SSN (magari affidando al personale infermieristico il compito del rinnovo del piano terapeutico o prevedendo una segretaria in più) permetterebbe di affrontare queste innovazioni in modo più agile, migliorando la qualità di vita dei pazienti e snellendo la mole di lavoro del professionista.

25 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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