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Al via campagna di Lilly “Hai il diabete? C’è una buona notizia per te”


Cinque elenchi da sette elementi ciascuno al fine di permettere a pazienti ma non solo di approfondire alcuni aspetti legati alla gestione della malattia e a sfatare i falsi miti. È questo il contenuto del sito novitadiabete.it, lanciato proprio per promuovere una corretta informazione su una condizione che in Italia riguarda quasi 4 milioni di persone

01 FEB - Superare ostacoli e discriminazioni e pensare positivo. Sono questi gli auspici della campagna educazionale di Lilly “Hai il diabete? C’è una buona notizia per te”, realizzata con il patrocinio della Società Italiana di Diabetologia, dell’Associazione Medici Diabetologi e delle rispettive fondazioni di ricerca appena lanciata. Sul sito novitadiabete.it si trovano infatti una serie di informazioni divise in elenchi da sette elementi ciascuno. Come comportarsi a tavola, come vivere bene nonostante il diabete, ma anche miti da sfatare e un piccolo sondaggio di “cose insopportabili” in cui viene chiesto ai pazienti di indicare qual è l’aspetto che più detestano nella gestione della loro condizione.

Secondo i dati dell'ultimo Osservatorio Arno, nel nostro Paese il diabete riguarda 3,7 milioni di persone diagnosticate e circa un milione di casi non ancora noti. Da notare come il 65% dei pazienti ha 65 anni o poco più, ma circa il 35%, cioè più di un milione di persone, è in piena età lavorativa (tra i 20 e i 64 anni) mentre uno su 5 ha età pari o superiore a 80 anni e il 2% ha meno di 20 anni. Nel mondo ci sono 425 milioni di adulti che convivono con il diabete (la maggior parte con quello di tipo 2) e si stima che nel 2030 saranno 500 milioni di persone.

Diabetici sempre più giovani
E' lo stile di vita che fa si che la comparsa del diabete sia sempre più precoce. L’abbassamento dell’età media dell’insorgenza della malattia è uno degli aspetti che preoccupa di più gli esperti. “Questo fenomeno è maggiormente diffuso nelle città, dove prevalgono sedentarietà e abitudini alimentari poco salutari”, afferma Domenico Mannino, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (Amd) e direttore Uoc Diabetologia e Endocrinologia al Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi Melacrino Morelli” di Reggio Calabria, oggi a Milano per la presentazione della campagna.

Inoltre, prima si manifesta la malattia e più aumentano le conseguenze sulla vita dei pazienti: “Una persona di 20 anni con diabete può avere limitazioni importanti sul lavoro e, se parliamo di donne incinte, un’aumentata esposizione del feto al rischio di alterazioni metaboliche”, aggiunge l’esperto.

Ma una malattia che esplode in piena attività produttiva significa anche costi più alti, per le famiglie e per il sistema sanitario: più visite mediche, più giornate lavorative perse, complicanze più frequenti (come infarto, ictus o insufficienza renale).

L’obiettivo del 7%
“Nell’Unione Europea, e quindi anche in Italia, circa il 40% delle persone con diabete di tipo 2 in trattamento solo con terapie orali non raggiunge il target dell’emoglobina glicata al 7% – fa notare Giorgio Sesti, presidente Società Italiana di Diabetologia (Sid) e professore ordinario di Medicina Interna all’Università Magna Graecia di Catanzaro -. Le linee guida per il trattamento del diabete, infatti, stabiliscono che per avere un buon controllo metabolico e per evitare complicanze gravi, il valore dell’emoglobina glicata deve essere inferiore al 7% e addirittura al 6,5% per chi è agli esordi della malattia senza complicanze”.

In Italia sono circa 600 i centri diabetologici, ma quasi la metà dei pazienti non incontra mai uno specialista per affidarsi esclusivamente al medico di famiglia. “Nel 1987 siamo stati tra i primi in Europa ad avere una legge che prevede un piano di gestione integrata del paziente diabetico, prevedendo la condivisione delle informazioni tra medici di medicina generale e team di specialisti – ricorda Sesti –. Purtroppo, nonostante siano passati oltre 30 anni, in molte parti del nostro Paese questa legge resta disattesa”.

Per quel che concerne invece la prescrizione, Mannino fa notare come: “I medici di medicina generale non possono prescrivere i farmaci innovativi, che permettono di controllare efficacemente i livelli glicemici e hanno un effetto protettivo per le complicanze cardiovascolari e renali, che sono tra le più frequenti e con il più grave impatto sulla qualità e speranza di vita nei pazienti con diabete di tipo 2”, osserva. Non rivolgersi allo specialista significa quindi vedersi negare l’opportunità di essere curati con i farmaci di ultima generazione che possono essere prescritti solo dallo specialista. “Questi farmaci sono più costosi della vecchia classe di sulfoniluree e glinidi, ma permettono un risparmio maggiore sulla spesa ospedaliera perché i pazienti vanno incontro a minori complicanze”, conclude Sisti.

Lorenzo Proia

01 febbraio 2018
© Riproduzione riservata

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