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Vaccinazione anti-Hpv. Gimbe: “Avanzano le evidenze scientifiche ma le coperture precipitano”


Al riaccendersi delle polemiche sulle verifiche dell'obbligo vaccinale, la Fondazione Gimbe sintetizza le migliori evidenze scientifiche sui vaccini per il papillomavirus e mette in luce un inaccettabile paradosso. Mentre la ricerca documenta un eccellente profilo di sicurezza dei vaccini e prove di efficacia definitive per prevenire i tumori Hpv correlati, le coperture vaccinali in Italia precipitano in maniera disastrosa. IL POSITION STATEMENT

10 LUG - Il virus del papilloma umano (Hpv) è un agente a trasmissione sessuale che causa malattie genitali, anali e orofaringee sia nelle donne che negli uomini. In particolare l’infezione da HPV causa oltre il 90% dei carcinomi della cervice uterina, ma anche il 90% circa dei carcinomi dell’ano, oltre ad una percentuale rilevante di tumori orofaringei, della vulva, della vagina e del pene; inoltre alcuni genotipi del virus causano circa il 90% circa delle verruche anogenitali.
 
"Se negli ultimi vent’anni – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – i programmi di screening hanno drasticamente ridotto l’incidenza del carcinoma della cervice uterina, oggi è possibile diminuirla ulteriormente grazie ad una strategia preventiva non utilizzabile per nessun altro tumore, ovvero la vaccinazione anti-Hpv".

In Italia sono disponibili tre vaccini anti-Hpv: il bivalente, che protegge dai tipi 16 e 18, il quadrivalente che amplia la protezione anche contro i tipi 6 e 11 e il 9-valente che oltre ai tipi di HPV del vaccino quadrivalente protegge anche dai tipi 31, 33, 45, 52, e 58. Secondo quanto previsto dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (Pnpv) 2017-2019, la vaccinazione anti-Hpv – che non rientra tra quelle obbligatorie del “Decreto vaccini” – è offerta gratuitamente a maschi e femmine intorno agli 11-12 anni di età con l’obiettivo di raggiungere una copertura vaccinale del ciclo completo in almeno il 95% sia delle femmine che dei maschi, seppur in maniera più graduale: almeno il 60% nel 2017, il 75% nel 2018 e il 95% nel 2019.

"La vaccinazione anti-Hpv – puntualizza il presidente – oggi rappresenta un clamoroso esempio di sotto-utilizzo di una prestazione dal value elevato: infatti, se negli ultimi anni, le prove di efficacia si sono progressivamente consolidate e il monitoraggio degli eventi avversi ha dimostrato che i vaccini anti-HPV hanno un adeguato profilo di sicurezza, la copertura vaccinale in Italia si è progressivamente ridotta, determinando sia un aumento della morbilità per le patologie HPV-correlate, sia dei costi dell’assistenza".

I dati del Ministero della Salute relativi al 2016 dimostrano che le coperture per la vaccinazione anti-Hpv nelle ragazze sono in picchiata: in particolare, a fronte di una copertura intorno al 70% nelle coorti di nascita dal 1997 al 2000, i tassi di copertura vaccinale anti-HPV sono progressivamente diminuiti nelle coorti 2002 (65,4%) e 2003 (62,1%), per poi precipitare al 53% nella coorte 2004. Immancabili, le variabilità regionali: ad esempio nella coorte di nascita 2004 la copertura per ciclo completo oscilla dal 24,8% della provincia di Bolzano al 72,5% della Valle d’Aosta. Inoltre, quasi il 12% delle ragazze ha ricevuto almeno una dose di vaccino ma non ha completato il ciclo, con notevoli variabilità regionali del gap: dallo 0,1% della PA di Trento al 21,4% della Sardegna. Nei maschi, la vaccinazione anti-HPV è ancora un lontano miraggio: relativamente alle coorti di nascita 2003-2004 6 Regioni non rendono disponibili i dati, altre 7 hanno una copertura dello 0% e solo per 8 Regioni sono disponibili i dati di copertura vaccinale: dal 3% della Sardegna al 53% del Veneto.

"Con questi livelli di copertura – puntualizza il presidente – e con i trend in progressiva diminuzione, i target definiti dal Piano Nazionale appaiono del tutto illusori, a dispetto di evidenze sempre più robuste sull’efficacia dei vaccini anti-Hpv, in particolare nel prevenire lesioni pre-cancerose del collo dell’utero nelle adolescenti e nelle giovani donne tra 15 e 26 anni. Tutto ciò configura un caso paradigmatico di analfabetismo funzionale: mentre si diffondono innumerevoli terapie inefficaci e inappropriate per i tumori, utilizziamo sempre meno l’unico vaccino disponibile per la loro prevenzione".

Il Position Statement Gimbe sintetizza le migliori evidenze scientifiche sull’efficacia della vaccinazione anti-Hpv per tutte le patologie Hpv-correlate e in particolare per i tumori del collo dell’utero; dettaglia gli aspetti relativi alla somministrazione (indicazioni, fasce di età, timing, sottogruppi specifici); descrive le evidenze sulla immunogenicità del vaccino; riporta i dati sugli effetti avversi sia internazionali, sia raccolti dal sistema nazionale di vaccinovigilanza. Infine analizza in dettaglio i dati sulle coperture vaccinali in Italia e le possibili strategie per aumentarle.

"La vaccinazione anti-Hpv – conclude Cartabellotta – rappresenta un emblematico esempio dei gap tra ricerca scientifica e sanità pubblica: infatti, nonostante il consolidamento progressivo delle prove di efficacia e del profilo di sicurezza dei vaccini anti-Hpv, la copertura vaccinale diminuisce, testimoniando che il processo di trasferimento delle migliori evidenze alla pratica clinica, all’organizzazione dei servizi sanitari, alle decisioni professionali e alle scelte di cittadini e pazienti è un percorso a ostacoli, spesso imprevedibile e non sempre adeguatamente gestito a livello istituzionale".

10 luglio 2018
© Riproduzione riservata

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