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SOS parti cesarei. Sono troppi. L’appello degli esperti su Lancet

di Maria Rita Montebelli

Nel mondo è boom di parti cesarei, con punte del 50% in alcuni Paesi del mondo occidentale e non solo. Per contro, chi ne avrebbe bisogno, soprattutto nei Paesi a basso income e nelle zone rurali, spesso resta tagliato fuori da questa possibilità. Gli esperti della FIGO (International Federation of Gynecology and Obstetrics) lanciano un appello dalle pagine di Lancet perché si prendano provvedimenti volti ad arginare questo fenomeno.

22 OTT - Gli esperti ormai parlano senza mezzi termini di ‘epidemia’, riferendosi all’uso sempre più invalso in tutto il mondo del parto cesareo. I tassi aumentano, anno dopo anno, e i medici da soli non ce la fanno ad arginare il fenomeno. Per questo chiedono aiuto ad istituzioni governative, gruppi assicurativi, associazioni di donne.
 
La denuncia-appello, firmata da un panel di esperti internazionali, tra i quali l’italiano Gian Carlo Di Renzo (Università di Perugia) è pubblicata su Lancet. Questo position paper va ad integrare un precedente documento pubblicato il 23 gennaio 2007 ed ha ricevuto l’endorsement di FIGO, the International Confederation of Midwives e dal Women Deliver global action group.
 
I tassi di parto cesareo sono passati dal 6 per cento del 1990 al 19% del 2014. E continuano a crescere. Nel nord Europa, sono ancora al di sotto del 20%, ma nell’Europa del Sud e dell’Est, come anche in Cina e in Sud America ormai i cesarei rappresentano oltre il 50% di tutte le nascite. E il trend è lo stesso anche nei Paesi nord africani; qui i cesarei sono passati dal 5 al 28%, ma in Egitto sono al 50%. In pratica una nascita su due avviene col cesareo. Per contro va detto che nei Paesi a basso reddito e nelle zone rurali i tassi di questi interventi sono molto bassi, anche per chi magari ne avrebbe bisogno.
 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità dunque, piuttosto che indicare un obiettivo percentuale da raggiungere, raccomanda che venga offerta la possibilità di ricorrere al cesareo quando realemnte necessario. Allo stesso tempo però l’OMS fa notare che quando i tassi superano il 10-15% non è verosimile che ciò si traduca in un vantaggio per il bambino o per la madre. Secondo altre fonti infine, i tassi più bassi di mortalità materna e neonatale si verificano quanto i cesarei sono intorno al 19%.
 
Le complicanze legate all’abuso del cesareo
La preoccupazione degli esperti per l’abuso di cesarei nasce anche dal fatto che questo intervento è associato a conseguenze perinatali e materne, sia a breve che a lungo termine. Il rischio di morbilità e mortalità materna è legato a complicanze anestetiche e urologiche, emorragie, infezioni, tromboembolia, sepsi; nei neonati nati da cesareo sono invece più frequenti problemi respiratori per parto indotto pretermine, come anche problemi di autoimmunità e obesità. Le complicanze, come visto, possono essere anche a lungo termine; le gravidanze successive possono essere gravate da un aumento dei parti pretermine, rottura dell’utero, placentazione anomala, che può portare ad un’emorragia e all’isterectomia.
 
Perché questa corsa al cesareo?
I motivi, affermano gli esperti, variano da una nazione all’altra; si va dalla perdita di expertise medica nell’assistere ad un parto vaginale magari complesso, a questioni di natura medico-legale. Nelle strutture private, il cesareo consente di pianificare con comodità il parto e non mancano incentivi economici per il medico e la struttura.
 
Le soluzioni
Gestire adeguatamente il dolore del parto, migliorare la privacy e l’assistenza in sala parto e in sala travaglio di certo possono aiutare a ridurre il ricorso al cesareo. Ma finora l’unico argomento che ha veramente funzionato sono stati gli incentivi per medici e ospedali, volti a favorire i parti naturali. Questa è la strada scelta dal Portogallo, che parallelamente ha fatto anche una campagna per informare dei rischi del cesareo; qualcosa di simile è stato fatto anche negli ospedali statali in Iran e in un grande ospedale di Shanghai.
La Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO), partendo da questo background ha dunque redatto un position paper nel quale si appella a organismi governativi, partner delle Nazioni Unite, organizzazioni professionali, gruppi di donne e altri stakeholder per ridurre i cesarei inutili.
In particolare la FIGO chiede di:
- applicare una stessa tariffa (una media), sia per il parto naturale che per il cesareo
- obbligare gli ospedali a pubblicare un report  annuale sul numero di cesarei effettuati, con possibili ricadute sul sistema di finanziamento degli ospedali in caso di inappropriatezza
- utilizzare un sistema di classificazione uniforme per i cesarei (la classificazione Robson/WHO)
- informate adeguatamente le donne su rischi e benefici del cesareo
- reinvestire le risorse finanziarie liberate dalla riduzione dei cesarei per migliorare la preparazione al travaglio e al parto, per implementare strategie di riduzione del dolore, per il training di ginecologi e ostetriche
- riservare infine un’attenzione particolare alle nazioni a basso reddito, visto che l’accesso ai cesarei è insufficiente nelle zone rurali, mentre al contrario è inappropriatamente elevato in ambiente urbano.
 
Maria Rita Montebelli

22 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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