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Melanoma: scoperta una proteina che potrebbe vincere la resistenza primaria all’immunoterapia. Grazie ad un farmaco anti-diabete

di Maria Rita Montebelli

Il 40% dei melanomi non risponde al trattamento con l’immunoterapia. La mancata risposta è tipica dei tumori ‘freddi’, cioè senza infiltrato immunitario. Uno studio appena pubblicato su Nature Immunology suggerisce che aumentare l’espressione di una proteina metabolica, l’UCP2, attraverso la somministrazione di rosiglitazone (un farmaco anti-diabete), attira le cellule immunitarie all’interno del tumore, ripristinando così la risposta agli anti-PD1. A breve gli studi sull’uomo.

23 GEN - L’immunoterapia  ha rivoluzionato la storia naturale del melanoma (oltre che di tanti altri tumori).  Purtroppo però il 40% dei soggetti con melanoma non risponde ai farmaci anti-PD1 e anti-CTLA4.
Nature Immunology pubblica oggi uno studio, firmato da Ping-Chih Ho del Ludwig Institute for Cancer Research (Losanna) che suggerisce una possibile spiegazione a questo fenomeno e forse anche una soluzione.
 
Cosa si sapeva fino ad oggi
“Sapevamo già – afferma Ho – che una delle principali cause di mancata risposta a queste terapie è che il tumore non è infiltrato di cellule T; insomma è come se il sistema immunitario non avesse soldati sul campo di battaglia e quindi non potesse combattere il tumore”.
 
Cosa ha aggiunto questa ricerca: il ruolo della proteina UCP2 nella risposta all’immunoterapia
Gli autori dello studio sono dunque andati a studiare in cosa differiscono, rispetto all’espressione genica, i tumori cosiddetti ‘freddi’ (non infiltrati da cellule T) da quelli ‘infiammati’. L’analisi computazionale dei geni espressi dal melanoma riportata ne The Cancer Genome Atlas (TCGA) ha rivelato che i tumori che manifestano una robusta risposta immunitaria anti-tumorale sono quelli che esprimono elevati livelli di UCP2 (uncoupling protein 2), una proteina mitocondriale metabolica.
 
I melanomi che esprimono molta UCP2, esprimono anche un sottogruppo di citochine che attirano le cellule del sistema immunitario nel loro microambiente, in particolare le cellule T killer e le cellule dendritiche convenzionali di tipo 1 (cDC1). Queste ultime sono in grado di ‘istruire’ e di scatenare le cellule T killer contro le cellule tumorali. Ulteriori analisi condotte sui dati del TCGA suggeriscono che i tumori con elevata espressione di UCP2, presentano un infiltrato infiammatorio di cellule T killer e cDC1.
 
Partendo da queste constatazioni, i ricercatori del Ludwig Institute for Cancer Research sono andati a trapiantare su topi dei melanomi indotti ad esprimere alti livelli di UCP2; l’induzione di UCP2, come previsto, è andata a potenziare la produzione di fattori in grado di provocare una risposta anti-tumorale, attirando al contempo un flusso di cellule T killer e di cDC1 all’interno del tumore.
I tumori trapianti nei topi ‘ingegnerizzati’ per essere carenti di cellule cDC1 al contrario non presentavano questo infiltrato di cellule T killer, neppure in presenza di iperespressione di UCP2.
 
“Questi esperimenti – commenta Ho – confermano che l’espressione di questa proteina da parte delle cellule tumorali può modificare lo stato immunitario del microambiente tumorale e che questo induce un ciclo immunitario anti-tumorale ben noto, controllato dalle cellule cDC1 e T killer”.
 
Come indurre l’espressione di UCP2, la proteina che rende il tumore sensibile all’immunoterapia
In un esperimento successivo i ricercatori del Ludwig Institute hanno trapiantato dei melanomi resistenti al trattamento anti-PD1 nei topi. Dopo aver indotto l’espressione di UCP2 in questi tumori, il trattamento con anti-PD1 induceva una robusta risposta immunitaria anti-tumorale, che determinava un significativo prolungamento della sopravvivenza degli animali. Un altro dato di grande importanza è che la risposta immunitaria restava confinata nel microambiente tumorale, senza cioè andare a danneggiare con risposte autoimmuni altri organi o tessuti.
 
La speranza del rosiglitazone, molecola anti-diabete ‘dimenticata’
A questo punto, gli autori dello studio sono andati a setacciare la letteratura per verificare se esistessero già delle molecole in grado di indurre l’espressione di UCP2. Una di queste è risultata essere il rosiglitazone, farmaco utilizzato fino a qualche tempo fa nel trattamento del diabete di tipo 2. Somministrando il farmaco agli animali ai quali era stato trapiantato il tumore, i ricercatori sono riusciti a ‘infiammare’ i tumori ‘freddi’, rendendoli così sensibili all’immunoterapia e prolungando così la sopravvivenza degli animali.
 
Il rosiglitazone induce l’espressione di UCP2 anche in colture cellulari di cellule di melanoma umano.
 
I passi futuri. Gli studi sull’uomo
“I risultati di questi esperimenti – afferma Ho – dimostrano che i farmaci in grado di attivare questo pathway potrebbero migliorare la risposta all’immunoterapia. La proteina UCP2 potrebbe inoltre servire come biomarcatore di risposta al trattamento con gli inibitori del blocco dei checkpoint.”
Lo stesso gruppo di ricerca sta ora cercando di confermare questi risultati in una serie di studi preclinici che potrebbero fornire il razionale per un trial clinico sull’uomo sull’impiego del rosiglitazone per vincere la resistenza agli anti-PD1 nel melanoma.
 
Maria Rita Montebelli

23 gennaio 2019
© Riproduzione riservata

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