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Trapianto reni. Niente più rigetto con le staminali


Secondo uno studio, che si è guadagnato la copertina di Science Translational Medicine, basterà preparare il corpo del ricevente con le cellule staminali del midollo del donatore per evitare le crisi di rigetto. Unica condizione resterà la compatibilità sanguigna tra donatore e ricevevente.

13 MAR - Uno dei problemi più gravi quando ci si sottopone ad un trapianto è quello della possibilità che l’organo donato venga rigettato dal corpo ospite, attaccato dal sistema immunitario, una condizione che può avere ripercussioni anche molto gravi se non prevenuta con specifici farmaci anti-rigetto. Ma secondo alcuni ricercatori della Northwestern Medicine e dell’Università di Louisville, non è destinato ad essere così per sempre, almeno non nel caso di trapianto di reni. Il segreto, svelato sull’articolo che si è guadagnato la copertina di Science Translational Medicine, potrebbe risiedere nell’uso delle cellule staminali, che potrebbero essere capaci di ingannare l’organismo in modo che riconosca da subito il nuovo organo come parte di se stesso, senza bisogno di immunosoppressori.
 
Con questo nuovo metodo donatore e beneficiario del rene possono anche non essere parenti o dimostrare di essere compatibili, altro grande problema, che talvolta rende l’attesa per un trapianto di organi molto lunga. Le uniche precauzioni devono infatti essere che i due soggetti abbiano lo stesso gruppo sanguigno e siano Rh compatibili.
In un trapianto di reni standard, al donatore viene chiesto di fornire il proprio rene. Con la nuova tecnica, a questa persona viene chiesto di regalare al destinatario dell’organo anche parte del suo sistema immunitario. Il procedimento inizia circa un mese prima dell’intervento vero e proprio, quando le cellule staminali del midollo osseo del donatore vengono raccolte dal sangue prelevato dal rene, con un processo chiamato aferesi. Queste unità biologiche vengono poi inviate ad un laboratorio, dove alcuni specialisti le lavorano mischiandole ad altre ‘cellule facilitatrici’, mentre il corpo del ricevente viene preparato con un ciclo di chemioterapia o di radiazione. In questo modo il midollo spinale si riduce, ‘facendo spazio’ per le staminali donate.
Quando queste ultime sono pronte, si procede al trapianto vero e proprio: prima viene inserito il nuovo organo, il giorno seguente vengono trapiantate nel midollo osseo anche le cellule staminali preparate in laboratorio. In questo modo, spiegano i ricercatori, si crea un sistema in cui i due tipi di midollo coesistono e funzionano nella stessa persona. A seguito dell’operazione il ricevente deve comunque prendere dei farmaci anti-rigetto, ma le dosi di questi diminuiscono man mano nel tempo, finché dopo un anno, i pazienti possono smettere di prenderli.
 
Essere il destinatario di un rene o di qualsiasi altro tessuto non è infatti una cosa sempliceanche per questo. Per fare in modo che l’organismo non rigetti il trapianto bisogna somministrare a questi pazienti grandi quantità di farmaci, che costoro devono aver cura di prendere per il resto della loro vita. Questi farmaci immunosoppressori hanno dei terribili effetti collaterali, che possono andare dall’alta pressione al diabete, dalle infezioni alle patologie cardiache e al cancro, fino ad arrivare a danni diretti allo stesso organo trapiantato”, ha spiegato Suzanne Ildstad, co-autrice dello studio. “Questo nuovo approccio invece potrebbe offrire una qualità di vita migliore e minori rischi a chi deve sottoporsi a questo tipo di intervento”.
Ad oggi i trial clinici sono già in corso per testare la tecnica. “I primi risultati dello studio sono veramente eccitanti e potrebbero avere un impatto impressionante sulla pratica del trapianto”, non ha nascosto Joseph Levental, docente della Northwestern University Feinberg School of Medicine. “Con appena qualche rifinitura, il nuovo metodo potrebbe dimostrare di essere applicabile a molti altri organi, oltre ai reni”. I ricercatori stanno inoltre pianificando nuove sperimentazioni per estendere i benefici studiati anche per coloro che si sono già sottoposti ad interventi di trapianto di reni.
 
Laura Berardi

13 marzo 2012
© Riproduzione riservata

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