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Cervello. Ecco come impariamo cose nuove anche da adulti. E come cureremo l’epilessia


Il meccanismo di apprendimento non si inceppa con l’età, cambia soltanto il funzionamento. Così, per continuare a imparare come quando si era bambini basta allenare il cervello. E forse imparando come viaggiano le informazioni nel cervello potremo curare epilessia e autismo.

28 APR - “Si dice che non si possano insegnare giochi nuovi a un cane vecchio, ma con la nostra ricerca dimostriamo che non è sempre così. Anche da adulti la nostra capacità di imparare può rimanere molto alta. Basta esercitarla”. A dirlo sono alcuni ricercatori del Netherlands Institute for Neuroscience, che in uno studio pubblicato su Neuron spiegano come il cervello di una persona non più giovane impari ad adattarsi alle situazioni nuove. Lo studio potrebbe essere utile per migliorare le terapie per curare disordini come epilessia, autismo e schizofrenia.
 
Il cervello processa infatti le informazioni grazie a reti complesse di cellule nervose.Queste comunicano tra loro e si mandano stimoli a vicenda attraverso le sinapsi: avendo i cervelli giovani una capacità molto alta di creare nuove sinapsi, in età giovanile è molto facile imparare nuove cose, mentre gli organi adulti hanno un numero di sinapsi stabile, che si usano per mettere in pratica le cose imparate da piccoli per il resto della vita. Tuttavia, spiegano i ricercatori, questo non vuol dire che non si possa avere comunque una spiccata capacità di imparare cose nuove.
Precedenti studi avevano dimostrato come approssimativamente un quinto delle sinapsi del cervello inibissero l’attività delle cellule nervose invece di stimolarla. I neuroscienziati del team olandese però hanno dimostrato come molte di queste sinapsi inibitrici spariscono man mano che il cervello adulto impara nuove nozioni o a fare nuove cose. Dunque più si impara, più si avrà facilità a comprendere e conoscere ancora.
I ricercatori sono giunti a questa conclusione proprio osservando le sinapsi inibitorie nei topi, colorandole con proteine fluorescenti e poi seguendo il loro sviluppo per diverse settimane. Successivamente hanno chiuso uno degli occhi dei topi, in modo che questi dovessero imparare a guardare il mondo attraverso l’unico occhio rimasto: dopo pochi giorni l’area del cervello che processa le informazioni di entrambi gli occhi aveva cominciato a rispondere più attivamente all’unico occhio funzionante; allo stesso tempo molte sinapsi inibitorie erano sparite, rimpiazzate da nuove connessioni.
 
Ma le sinapsi che inibiscono gli stimoli sono in realtà vitali per il funzionamento del cervello.“È come se fossero i segnali stradali che indirizzano il traffico di informazioni da una cellula nervosa all’altra”, ha spietgato Christiaan Levelt, primo autore dello studio. “Queste sinapsi assicurano il corretto scorrere degli impulsi nel cervello e quando non funzionano bene il sistema può o andare in sovraccarico, come succede nelle crisi epilettiche, oppure essere rallentato, come quando si amministra un anestetico. Tuttavia, se impariamo come funzionano possiamo correggere anche questi segnali stradali errati, in modo che tutto il flusso di informazioni venga ritarato alla giusta velocità”. Ecco perché, secondo gli scienziati, questo studio potrebbe essere il primo passo verso delle terapie efficaci contro l’epilessia o le altre patologie che dipendono da questo meccanismo inceppato, o anche verso nuovi modi per ‘riparare’ un cervello danneggiato da un trauma.
 
Laura Berardi

28 aprile 2012
© Riproduzione riservata

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