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Medicina territoriale. Meno male che il Pnrr c’è...

di Ettore Jorio

Attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza il Ssn può (ri)fare proprie le ragioni della legge 833/1978 e tradurle finalmente in una assistenza territoriale reale e in quanto tale percepita dall’utenza

15 FEB - Meno male che c’è il PNRR per ridare fiato e l’occasione di trasformarsi ad una assistenza sociosanitaria territoriale morta da tempo. Peccato che per realizzare ciò che occorre dovrà aspettarsi, nella peggiore ipotesi, sino all’agosto 2026.
 
Un po’ di sana nostalgia da nonno
I bei ricordi delle condotte mediche ma anche quelle mutualistiche che, al di là della iattura che queste ultime non assicuravano affatto l’universalità dell’assistenza, hanno lasciato il posto al SSN del 1978 che, nato magnificamente sul piano dei principi e dei criteri, si è rovinato con l’aziendalizzazione delle unità sanitarie locale, di per sé piene di difetti risolvibili. Una svolta non svolta che ha prodotto una concorrenza amministrata pubblico-privato che ha ecceduto nelle prestazioni essenziali ospedaliere più convenienti in termini di DRG, trascurando l’assistenza di vicinato.
 
Le rovine degli extra-budget inopportunamente pagati in alcune regioni; i bilanci gruviera rintracciati “per caso” negli anni 2007 a seguire, che hanno portato 10 Regioni a vivere piani di rientro di cui cinque in regime di commissariamento ad acta; una medicina di famiglia non propriamente adeguata alle esigenze, specie quelle infra Covid; una prevalenza della politica nella governance sono alcune delle tante cause che hanno lasciato residuare la sanità di oggi, difesa dagli eroi e da un sistema ospedaliero che ha retto bene o male, nonostante le mancate previsioni utili a fare della programmazione la carta vincente per ogni domani.
 
Una lotteria della quale il Paese ha già acquistato il biglietto, sperando che sia quello vincente
Il PNRR con il suo privilegiare, nella Missione 6 e non solo, il potenziamento dell’assistenza territoriale, al lordo della telemedicina, potrà realizzare una medicina di prossimità assoluta come quella assicurata una volta, nella quale il binomio condotti (c’era anche la mammana, eroina del tempo nell’assistere i parti in casa!) e medico fiduciario mutualistico, pagato a notula, si guadagnavano il pane rendendo servizi agli utenti di un servizio che in via generale non aveva neppure una denominazione sistemica, fatta eccezione per i richiami di appartenenza alle varie Inam, Enpas, ecc, esclusi i senza lavoro e i diseredati costretti a ricorrere all’ECA con indicibili umiliazioni.
 
Dunque, attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza il Ssn può (ri)fare proprie le ragioni della legge 833/1978 e tradurle finalmente in una assistenza territoriale reale e in quanto tale percepita dall’utenza. Lo farà per il tramite di quanto programmato strutturalmente per assicurare l’assistenza di prossimità, attraverso l’implementazione dell’attività distrettuale con un attento e continuativo esercizio delle funzioni affidate alle organizzazioni fisse funzionali ad intercettare e rimediare al fabbisogno epidemiologico emergente (case e ospedali di comunità) nonché un serio servizio sociale di presa in carico dell’individuo, garantendogli la continuità tra territorio e spedalità (centrali operative territoriali). Una idea da condividersi sul piano ideologico, che dovrà peraltro fare i conti con le Case della salute, sorte a seguito dell’apposito progetto sperimentale di qualche anno fa, in alcune regioni massicciamente in altre affatto.
 
Non solo. Dovrà fare i conti anche con le Aft e le Uccp, rispettivamente funzionali ad estendere h12 l’assistenza mono-professionale dei medici di base e ad h 24 le prestazioni pluri-professionali, entrambe finalizzate a ridurre il ricorso dei codici bianchi nei pronto soccorso.
 
Due condizioni per la legittimità e per il successo dell’attuazione del PNRR
Insomma, un bel progetto di medio-lungo periodo che sta, tuttavia, registrando una qualche devianza procedurale, forse a causa di una velocità realizzativa che rischia di essere impropria e pericolosa. Non solo nella forma ma anche nella sostanza.
 
Nella forma perché, essendo caratterizzati dalla concretezza e dalla stabilità strutturale, dovranno trovare la loro dimensione istitutiva in apposite leggi regionali, di certo implementative delle attività caratterizzanti il distretto sanitario, così come individuato e riempito di contenuti dagli artt. 3 quater-sexies del vigente d.lgs. 502/1992. Ad un tale gravoso impegno saranno soprattutto sottoposte quelle Regioni che hanno addirittura trascurato di farlo nelle loro leggi di dettaglio, alcune delle quali francamente difficili da riconoscersi come tali.
 
Nella sostanza perché siffatte strutture, idealmente apprezzabili, dovrebbero essere allocate, magari in formazione aggregata, nei siti migliori e più favorevoli alla collettività, soprattutto rintracciando preventivamente l’esistenza del fabbisogno epidemiologico, mai rilevato nella quasi totalità delle latitudini geografiche. Una forma procedurale, questa, che dovrà tenere nella giusta considerazione, non solo la copertura finanziaria per realizzarle, resa disponibile dal PNRR, bensì quella necessaria alla loro sostenibilità nel tempo, da rintracciare nei futuri conti di esercizio delle aziende territoriali, che dovranno accollarsi le spese aggiuntive di personale e di esercizio nonchè quelle manutentive.
 
Un adempimento da ossequiare subito, per chi non l’ha già tempestivamente fatto, dal momento che sembrerebbe impossibile per le Regioni deliberarne (meglio se condivisi in sede di consiglio regionale) la istituzione allocata dell’insieme, di certo composto da strutture prevalentemente aggregate, propedeutica al perfezionamento delle rispettive schede e alla nomina dei Rup per ogni singola unità nonché del responsabile del relativo piano operativo regionale. E ancora, iniziare il percorso di realizzazione, a cominciare dal perfezionamento dei rispettivi Cis, entro il prossimo mese di maggio, e dall’avvio delle procedure di gara per l'appalto pubblico programmate verosimilmente per ottobre.
 
Una attività che sarà, di certo, sollecitata e vigilata dall’Agenas, soggetto attuatore dell’iniziativa, che si sta rendendo parte attiva della scansione degli eventi prodromici alla definizione dell’importante opera ricostruttiva del sistema dell’assistenza sociosanitaria territoriale, che sino ad oggi è stata una chimera, fatte alcune delle rare solite eccezioni.
 
Ettore Jorio
Università della Calabria

15 febbraio 2022
© Riproduzione riservata


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