Il futuro della sanità è digitale e questa è una certezza. La digitalizzazione potrà essere lo strumento chiave che permetterà un miglioramento della presa in carico del paziente, della gestione della patologia, perfino della prevenzione e della qualità della vita del cittadino. Tutto questo a patto che si riesca ad operare una profonda trasformazione della Sanità in termini di formazione, legislazione, organizzazione e non solo. Nell’ambito del progetto Dico Sanità: Digitalizzazione Collaborativa - realizzato da Quotidiano Sanità e Sics Editore in collaborazione con Bayer e Telos Management Consulting - un board di esperti sulla digitalizzazione in sanità si è riunito per un confronto su quali siano gli aspetti da implementare e quali i cambiamenti da attuare per favorire la trasformazione organizzativo-digitale.
Sono intervenuti Mattia Altini, Direttore sanitario dell’AUSL Romagna e Presidente della Società Italiana di Leadership e Management in Medicina; Monica Calamai, Direttore generaleDirettore generale AUSLfe Emilia Romagna; Giorgio Casati, Direttore ASL Roma 2; Arturo Cavaliere, Presidente SIFO; Emanuele Ciotti, Direttore Sanitario AUSL Ferrara; Ignazio Del Campo, Dirigente Analista presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria "Policlinico - Vittorio Emanuele”; Gabriella Levato, Coordinatore medico Corso di Formazione specifica in Medicina generale presso PoliS-Lombardia; Maria Teresa Mechi, Direttrice Sanitaria AOU Careggi; Carlo Nicora, Direttore Generale Istituto Nazionale dei Tumori Milano, Vice-presidente FIASO, Ricerca ed Innovazione; Paolo Petralia, Direttore Generale – ASL 4 Ligure e Vice-presidente di FIASO, delega alla formazione digitale e VBHC; Gennaro Sosto, Direttore Generale ASL Napoli 3 Sud Membro Esecutivo Nazionale Federsanità ANCI, per Innovazione e tecnologie sanitarie ASL/Sud Italia e Stefano Vianello, Direttore Distretto 4 Chioggia e ff UOS Cure Intermedie presso Azienda ULSS 3 Serenissima.
Gli esperti hanno individuato alcuni punti, che riguardano principalmente le norme nazionali e regionali sulla digitalizzazione, la gestione dei dati e dei flussi di informazioni, la gestione della privacy, i modelli organizzativi e la necessità di definire il bisogno di salute del paziente, di migliorare la gestione del capitale umano e di operare una trasformazione culturale.
Trasformazione digitale: non solo adozione di nuovi strumenti, ma anche cambiamento organizzativo e culturale
Mattia Altini riassume: “La digitalizzazione è un tema chiave per il successo del Sistema Sanitario Nazionale. Il digitale è uno strumento, quindi accanto all’aspetto tecnologico è necessario un grande sviluppo organizzativo. L’interoperabilità dei sistemi deve consentire ai diversi comparti della sanità di essere interconnessi. Non si possono fare cose nuove con strumenti vecchi, quindi servirà anche un passo in avanti nella formazione perché dobbiamo formare dirigenti capaci di usare nuovi sistemi di dialogo”.
Ignazio Del Campo aggiunge: “I modelli digitali richiedono una governance fondata su una progettazione molto solida non solo della prestazione, delle competenze necessarie agli operatori sanitari ma anche della struttura dei sistemi fisici e digitali di erogazione della prestazione. Qualsiasi strumento messo a disposizione dell’operatore sanitario e dell’utente deve avere la capacità di produrre dei dati che possono essere usati anche per lo sviluppo di modelli di intelligenza artificiale per permettere la creazione di nuova conoscenza. Attualmente la produzione dei dati in ambito digitale è molto ridotta. Quindi serve un intervento normativo che vincoli a forti obiettivi, con deadline chiare. Le singole Regioni, pur nella loro autonomia, devono comunque essere soggetti attivi e attuatori della rivoluzione nella gestione del dato che si trasformerà in una rivoluzione dell’erogazione delle prestazioni perché permetterà all’utente di di accedere a nuovi servizi che garantiranno un miglioramento della qualità della vita e della percezione della malattia”.
In molti evidenziano che la trasformazione dei modelli organizzativi in un'ottica digitale dovrà necessariamente comportare conseguenti investimenti per l’acquisizione di tecnologie e strumentazione e per il change management, per esempio. E poi occorrerà dare una valenza economica a queste tipologie di percorso.
Ma questo non basterà se non si inizierà a pensare in chiave digitale piuttosto che in “chiave cartacea”. Servirà un cambiamento culturale per fare in modo che si sviluppino logiche di lavoro inserite in questa trasformazione.
Tutti concordano, inoltre, sul fatto che l’interoperabilità rappresenti un elemento sostanziale alle soglie del passaggio ad una sanità digitale. Tutti gli specialisti devono poter inserire e leggere le informazioni su un unico, stesso, fascicolo e tutti i sistemi devono comunicare efficacemente. L’interoperabilità del dato non dovrà riguardare solo le prescrizioni farmaceutiche, ma anche il codice astensioni e le prestazioni specialistiche. Perché questo sia possibile sarà necessaria una trasformazione organizzativa. Bisognerà definire un nuovo modello organizzativo in ottica digitale insieme con gli enti locali e tale modello dovrà tener conto della necessità di formare medici, infermieri, tecnici, farmacisti e altri operatori sanitari e di definire i ruoli di ciascuna figura professionale in questo nuovo sistema. Il tutto deve passare attraverso nuove norme e nuove regole che consentano l’interoperabilità dei sistemi e che definiscano standard, sicurezza e qualità della prestazione in tutte le Regioni. Inoltre, sarà indispensabile rivedere la legge sulla privacy e l’RGPD.
Centrale deve essere il valore generato per il paziente grazie alla trasformazione organizzativo-digitale
È stato sottolineato che la digitalizzazione potrebbe perfino permettere di intercettare il bisogno di salute in modo molto più tempestivo di quanto non venga fatto attualmente, addirittura prima dell'insorgenza della malattia. A questo scopo bisognerebbe creare un modello capace di accompagnare il cittadino in tutto l'arco dell'evoluzione della malattia. Si dovrebbe partire dalla conoscenza del profilo epidemiologico e degli indici e degli indicatori che sono correlati ai bisogni e gli esiti di salute per poi stratificare la popolazione in base al proprio rischio di salute. La stratificazione del rischio permetterebbe una programmazione anche nella presa in carico, oltre che un calcolo del monitoraggio degli indicatori di processo e di esito. E si potrebbero addirittura valutare i costi assistenziali integrati, quindi dell'intera patologia. Si potrebbe così aumentare la personalizzazione e l’appropriatezza degli interventi di cura.
Questo percorso non potrà però essere unidirezionale, dal Sistema Sanitario al paziente. I pazienti stessi dovranno essere adeguatamente informati sugli strumenti digitali a disposizione e dovranno saperli usare. Un aspetto tutt’altro che scontato considerando che amo oggi più del 62% dei cittadini non sa cos'è il fascicolo sanitario elettronico e solo il 12% dei pazienti cronici lo usa.
Enrico Santus, in qualità di esperto indipendente di intelligenza artificiale, Head of Human Computation di Bloomberg, già AI & ML Director presso Bayer, AI Scientific Advisor at Laboratory of Data Discovery for Health (HKU), Women's Brain Project (WBP) e MindPhi and K-Juicer, osserva: “il PNRR è un'enorme opportunità per l'Italia, anche dal punto di vista della digitalizzazione. È un ambito nel quale il Paese è indietro rispetto agli Stati Uniti, ma credo che questo ritardo possa essere un grande vantaggio, perché chi ha iniziato prima ha fatto enormi errori. Solo ora negli Stati Uniti si sta sviluppando il paradigma de “l'uomo al centro dell'intelligenza artificiale”, in Italia si potrà partire direttamente da qui”.
Camilla De Fazio