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Pubblicato l’expert paper sull’uso dell’MRD nella pratica clinica

di C.d.F.

In un Expert Paper di recente pubblicazione un panel di esperti ha valutato in che misura la MRD possa essere considerata un endpoint negli studi clinici e uno strumento da utilizzare nella pratica clinica per personalizzare le decisioni terapeutiche delle malattie onco-ematologiche

09 GIU - Di recente un panel di esperti in onco-ematologia si è riunito per valutare in che misura la malattia minima residua (o malattia minima misurabile, il cui acronimo è MRD) possa essere considerata un endpoint negli studi clinici e uno strumento da utilizzare nella pratica clinica per personalizzare le decisioni terapeutiche delle malattie onco-ematologiche, in particolare nella leucemia linfatica cronica (CLL), nel mieloma multiplo (MM) e nei linfomi Non-Hodgkin (NHL). Il frutto della discussione è un Expert Paper il cui obiettivo è di porre le basi per l’implementazione di linee guida strutturate con un maggiore livello di consenso.

“La malattia misurabile residua sta diventando un biomarcatore per misurare la qualità di risposta alle terapie in molti campi dell’onco-ematologia. Nonostante ci sia un’ampia produzione scientifica rispetto all’importanza di questo biomarcatore, non è ancora chiara la trasferibilità dei dati provenienti dagli studi clinici alla comune pratica clinica, spiega Francesco Buccisano, Professore Associato di Ematologia presso l’Università Tor Vergata di Roma, che fa parte del board di esperti che ha redatto il Paper.

“Abbiamo raccolto l’evidenza proveniente dalla letteratura sull’uso della MRD in onco-ematologia per offrire indicazioni sul suo utilizzo nella pratica clinica”. E continua: “Le nostre considerazioni rappresentano una base fondamentale per costruire un consenso più strutturato attraverso l’uso di una votazione di tipo Delfi o attraverso un grading delle evidenze scientifiche raccolte dalla letteratura. Il messaggio generale è che c’è una certa eterogeneità nell’utilizzo e nel ruolo che viene attribuito alla MRD che varia a seconda delle malattie e delle terapie”.

Il Professore osserva che “in generale le entità regolatorie sono interessate a questi marcatori in quanto possono diventare degli endpoint surrogati negli studi clinici. Soprattutto in patologie che oggi, grazie all’innovazione farmacologica, hanno una sopravvivenza di molti anni, la valutazione dell’efficacia dei farmaci può essere anticipata se si raggiungono degli endpoint poi correlati alla sopravvivenza e la MRD è uno di questi”.



La malattia misurabile residua nella leucemia linfatica cronica

Paolo Ghia, Professore di Oncologia Medica, Università Vita-Salute San Raffaele e IRCCS Ospedale San Raffaele si è occupato, insieme ad altri colleghi, dei paragrafi del Paper dedicati alla leucemia linfatica cronica (LLC). “Preciso che, come abbiamo scritto nella pubblicazione, oggi non parliamo più tanto di malattia minima residua, quanto di malattia misurabile residua. Questo perché la MRD cambia in base alla sensibilità delle tecniche usate per l’analisi. Faccio un esempio: finora l’MRD è stata sempre studiata con metodiche di citofluorimetria, che permettono di identificare una cellula leucemica residua tra 10.000 cellule sane. Oggi invece siamo in grado di identificare una cellula leucemica su un milione grazie alle tecniche di Next Generation Sequencing (NGS). Quindi la malattia misurabile residua non indica una guarigione completa, ma la possibilità di raggiungere livelli di risposta molto profonda, fino al limite delle nostre capacità investigative”.

Per quanto riguarda la LLC Ghia commenta: “abbiamo fatto degli enormi passi avanti: fino a qualche anno fa non riuscivamo neanche a ottenere delle risposte complete da un punto di vista clinico mentre oggi, grazie alle terapie innovative, ai farmaci orali e ai farmaci biologici non chemioterapici, siamo in grado di raggiungere risposte molto profonde e persistenti nel tempo. Per questo è necessario andare oltre gli esami radiologici o del sangue per capire quanto è profonda la risposta”.

Attualmente la MRD viene usata negli studi clinici. “Tutti gli studi di nuova generazione valutano la risposta clinica, la persistenza della risposta nel tempo e la profondità della risposta usando la MRD. Questo ci permette di ottenere molto prima la valutazione dell’efficacia di un certo trattamento”. Per quanto riguarda la pratica clinica Ghia osserva: “attualmente questa metodica non viene usata perché di fronte a un certo risultato non abbiamo indicazioni per decidere se continuare una terapia, interromperla o associare ulteriori farmaci. È verosimile che in futuro ci avvarremo della MRD anche nella pratica clinica perché le terapie tradizionali usate per tutti i pazienti per un certo periodo di tempo non danno sempre risultati ottimali. Alcuni soggetti hanno bisogno di un trattamento ulteriore, quindi sono in corso degli studi clinici che valutano l’ottimizzazione della terapia in base alla malattia misurabile residua”.



Partendo dal consenso dell’Expert Paper, conclude Buccisano, “speriamo di poter omogeneizzare l’uso della Malattia Misurabile Residua nella pratica clinica ponendo le basi di un’osservazione nella real-life per l’implementazione successiva delle linee guida”.

C.d.F.

09 giugno 2023
© Riproduzione riservata


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