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Come “prevenire” la morte della sanità? Le cure primarie possono essere una risposta

di R. Romizi, M. Calgaro, G. Santini, S. Riccomi, F. Romizi, P. Lauriola

Le cure primarie, oltre al supporto fisico e psicologico immediato e a domicilio, consentono di indirizzare al meglio l’eventuale percorso diagnostico-terapeutico successivo. Da non dimenticare infine il ruolo sociale che esse esercitano nella e sulla comunità. Per questo occorre evitare di fare errori già fatti

13 SET -

Le immagini dei sanitari che dormivano sul posto di lavoro, il numero dei medici e infermieri morti per il COVID-19 non possono e soprattutto non devono essere dimenticate, perché ci permettono di capire quanto sia necessario non mandare allo sfascio il SSN. Occorre quindi che ci impegniamo con tutte le nostre forze per salvare il SSN. In particolare le cure primarie, che oltre al supporto fisico e psicologico immediato e a domicilio, consente di indirizzare al meglio l’eventuale percorso diagnostico-terapeutico successivo. Da non dimenticare infine il ruolo sociale che esse esercitano nella e sulla comunità. Per questo occorre evitare di fare errori già fatti, ma soprattutto pensare che la nostra sanità è in mano a giovani medici ed è a loro che occorre rivolgerci per realizzare una sanità a dimensione umana, efficiente, e al contempo inserita nel contesto socio-economico, ambientale e climatico in cui viviamo.

Con l’inverno del 2019 scoppia la pandemia e si scopre che la Sanità ha difficoltà ad affrontare l’emergenza COVID-19 e tutti i problemi connessi. In particolare nelle cure primarie

La causa sta nelle disastrose conseguenze del ridimensionamento dei servizi pubblici per ridurre la spesa dello Stato negli ultimi 15-20 anni. Tutto questo nonostante il fabbisogno di cure mediche del paese stia aumentando costantemente, a causa dell’invecchiamento della popolazione ed al maggior numero di patologie tumorali spesso nelle fasce di età giovanili. Da un punto di vista organizzativo si è inoltre assistito ad uno sviluppo di sistemi sanitari regionali sempre più centrati sugli ospedali di eccellenza (pubblici o privati che siano), in cui progressivamente viene sguarnito il territorio sia dei “piccoli” ospedali che dei presidi territoriali necessari. Col risultato che il cittadino si è abituato, per problemi che eccedano la normalità, a intasare i pronto-soccorso degli ospedali, saltando a piè pari la medicina del territorio (MMG e PLS ).

Desertificazione Il termine è stato usato dalla Fondazione Gimbe per esprimere la gravissima carenza di medici dovuta alla prevista “gobba” pensionistica combinata agli effetti dovuti alla insufficienza delle borse di studio per il corso triennale di formazione, sia in termini economici che numerici.

Da sempre la Convenzione per la Medicina di base e per la Pediatria di libera scelta fissa il “rapporto ottimale“ a 1000 assistiti per i primi ed a 600 per i secondi. Per poter svolgere al meglio le funzioni mediche che il suo ruolo richiede deve poter operare all’interno di tali massimali: assistere un numero maggiore di pazienti significa inevitabilmente uno scadimento della qualità del servizio e in definitiva della salute dei cittadini.

Un discorso a parte meritano i giovani medici che necessitano di un apparato amministrativo di supporto raddoppiato per i primi 4 mesi, perché sono travolti dalla nuova situazione. Deve conoscere 1500 persone, entrare nella comprensione della loro storia clinica e prendere il governo di una popolazione che non lo conosce. Solo una infrastruttura molto organizzata (ad es una medicina di gruppo già avviata) può reggere lo “tsunami” di 1500 nuovi pazienti.

Vista l’impostazione data al PNRR orientato a investire su spese per beni materiali con le Case della Salute si rischia di spendere tutti i soldi previsti dal Pnrr per un restyling edilizio, con il rischio di non avere dentro tali strutture né medici, né infermieri.

Burocratizzazione I MMG e PLS dovrebbero essere innanzitutto la prima risposta alla domanda di salute del cittadino agendo da filtro (gatekeeper) e da triage, affrontando, come medici, patologie fino ad una certa gravità e complessità, rimandando allo specialista o all’ospedale i casi più gravi o complessi.

In realtà il medico che dovrebbe innanzitutto essere un clinico è diventato gioco forza un amministrativo.

Mansionario senza limiti? Altro problema cui si è assistito nel corso degli ultimi 10 anni è la continua attribuzione di nuovi compiti ai medici del territorio: ad esempio le vaccinazioni. Su questo importantissimo problema, che si lega strettamente al tema del consumismo sanitario, e anche e soprattutto alla anti-microbico resistenza (AMR), occorre che si definisca uno stretto collegamento ed integrazione con Dipartimenti di Prevenzione.

Conflitti di interesse Il d.lgs. 502 del 1992 è stato definito la seconda riforma del Servizio Sanitario Nazionale. Esso ha stabilito la aziendalizzazione di Ospedali e ASL La conseguenza è stata che diventare sempre più ammalati ed in età sempre più precoce è utile ai profitti di chi produce farmaci e presidi innovativi, non sempre necessariamente i migliori.

Liste d’attesa, consumismo sanitario, aggressioni ai sanitari Il presidente FNOMCeO Filippo Anelli così si esprimeva nel 2021 “.. il medico diventa fornitore di beni e il cittadino è un cliente-consumatore. In questo trasformarsi di una relazione fiduciaria in un rapporto fornitore-consumatore si annida la crisi del rapporto medico-paziente.”..

Di fronte a ciò sarebbe stata elaborata una campagna di comunicazione con slogan del tipo “ Il nemico è la malattia e non il medico “ ma a quanto pare l’hanno vista pochissime persone.

Sindemie Nel 1994 l’antropologa americana Merril Singer, introduceva il termine “sindemia” come l’aggregazione di due o più epidemie simultanee o sequenziali o gruppi di malattie in una popolazione, con interazioni biologiche e sociali che esacerbano la prognosi e il carico di malattia. Come è stato per SARS-COV-2. Influenza aviaria, Dengue, Zika, Chikungunya, West Nile virus sono patologie che i medici dovranno imparare a riconoscere. Occorre quindi che anche in questa prospettiva i MMG e i PLS siano messi nelle condizioni di operare in modo efficace in collaborazione con ospedali e Dipartimenti di prevenzione.

Quindi, che fare? Occorrerebbe:

  1. Avviare/continuare una discussione per consolidare le Cure Primarie che coinvolga: Politica sanitaria, Accademia, operatori, perché si tratta di un tema cruciale per il «nostro» SSN affinché la casa sia il primo luogo di cura;
  2. Orientare verso un approccio sistemico, collaborativo e partecipativo, di promozione comunitaria della salute e di welfare generativo “secondo un approccio One Health”.
  3. Potenziare la telemedicina per snellire le liste di attesa e favorire l'impiego di piccola tecnologia sul territorio per evitare di intasare ambulatori specialistici (ad es doppler, ecg, spirometro). I tal senso va promossa una profonda integrazione dei servizi, valorizzando in tutte le regioni il fascicolo sanitario elettronico (FSE), con la condivisione delle cartelle cliniche, dei dati di laboratorio, delle storie di accesso alla sanità per ogni individuo.. In altre parole puntare ad una reale integrazione delle cure primarie con servizi ospedalieri, servizi della prevenzione e servizi sociali;
  4. Evitare la frantumazione della sanità in aziende “ultra-locali” , con decisioni applicate secondo declinazioni addirittura distrettuali;
  5. Passaggio dalla logica delle “prestazioni sanitarie” al “servizio per la salute” e al “prendersi cura”;
  6. Valorizzare non la categoria , ma il ruolo delle cure primarie favorendo un approccio comunitario;
  7. Fare riferimento al Servizio Sanitario Nazionale come bene da preservare per rispondere compitamente da quanto richiesto con l’art. 32 della Costituzione, indicando criteri uniformi a tutte le regioni;
  8. Superare la tendenza a ridurre il contatto personale tra pazienti e i Medici di famiglia a causa della riduzione dei MMG/PLS aggravato dagli strascichi delle misure anti-covid:
  9. Puntare sulla formazione dei nuovi e dei vecchi MMG/PLS anche e soprattutto prevedendo una specifica formazione universitaria per i medici di medicina generale che resti però saldamente ancorato alla attività pratica degli studi medici sul territorio valorizzando collaborazioni con l’Accademia.
  10. Un “tragico” esempio che deve essere ben considerato è stata la frattura tra Dipartimenti di Prevenzione e MMG durante la pandemia da CVID-19. Occorre che sia i MMG che i Medici igienisti conoscano concretamente gli obiettivi e le difficolta di entrambi. Questo potrebbe essere risolto facendo frequentare ai primi durante i corsi per i giovani MMG i Dipartimenti di prevenzione (non solo facendo vaccinazioni), e gli altri durante la specialità gli studi dei MMG;
  11. Integrarsi con le scuole, almeno quelle medie superiori, per chiarire cosa è il SSN, a cosa serve e chi deve tutelare. Per spiegare che un accertamento o un farmaco mutuabile sono pagati da tutti e non da nessuno;
  12. Promuovere una cultura della medicina come scienza umana complessiva (etica, sociale, psicologica), non solo come disciplina scientifica. Significherà educare a vedere la morte per malattia o vecchiaia non come IL nemico, ma una fase che deve intesa ad esclusivo beneficio del benessere e il rispetto della persona

Alcune proposte per promuovere le Cure primarie in una prospettiva di One-Primary-Health

In questo contesto è stata definita la proposta di una Rete Nazionale di Medici Sentinella per l’Ambiente (RIMSA).

Concretamente è in atto una importante esperienza pilota nella Regione Molise. Essa si realizzerà grazie ad una forte collaborazione ed integrazione tra Medici Umani e Veterinari in una prospettiva One Health che integra competenze, sensibilità e risorse informative in tema di salute “umana, animale e ambientale”. A tale scopo ci si concentrerà sul tema della Anti-microbico-resistenza che è un esempio paradigmatico in cui tale collaborazione deve necessariamente realizzarsi. Un’altra esperienza volta a sensibilizzazione medici e cittadini su questo tema nel territorio di Foggia.

Su questa linea sarebbe utile cominciare a accettare ed organizzare un ruolo della medicina del territorio anche come sentinella di violenza sociale, di cui si parla tanto in questi giorni e di cui si ha inevitabilmente conoscenza durante la pratica medica quotidiana.

R. Romizi (ISDE), M. Calgaro (ISDE), G. Santini (Mmg), S. Riccomi (Mmg), F. Romizi (ISDE), P. Lauriola (RIMSA/ISDE)



13 settembre 2023
© Riproduzione riservata


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