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Lavoro notturno e danni alla salute degli anestesisti

di Domenico Della Porta

Occorre avviare organici eventi formativi su come affrontare il lavoro notturno per contribuire a una percezione negativa dell'esperienza. Così pure sono essenziali investimenti nelle infrastrutture ospedaliere tra cui gli ambienti di lavoro e  promuovere la salute e il benessere dei medici finalizzate ad assicurare prestazioni di alta qualità

11 DIC - La mancanza di programmi di formazione e strutture di supporto, insieme a condizioni lavorative difficili, evidenzia la necessità di interventi mirati per migliorare il benessere degli anestesisti e la sicurezza dei pazienti. Si tratta di un quadro alquanto preoccupante che emerge da un recentissimo studio internazionale pubblicato a settembre scorso dalla rivista J Anesth Analg Crit Care.

Il 77% dei partecipanti ha dichiarato che il lavoro notturno influisce negativamente sulla loro qualità di vita, mentre il 65% ritiene che aumenti il rischio perioperatorio. Preoccupante è il 11% che ammette di lavorare di notte dopo un turno diurno, violando le normative.

Dei 1.085 partecipanti italiani, su un totale di 5.000, il 56% era rappresentato da donne, e il 76% aveva un'età compresa tra i 30 ei 55 anni. La maggioranza lavorava in ospedali pubblici (92%), di cui il 47% in strutture accademiche. La durata media dei turni notturni era di 12 ore (76%).

L’organizzazione dei turni di lavoro, e quindi del lavoro notturno, precisa l’Osservatorio sulle Malattie Occupazionali e Ambientali, OSMOA, dell’Università degli Studi di Salerno, come riportato anche in una pubblicazione del mese scorso di INAIL, “Lavoro notturno e salute riproduttiva” è regolamentata da accordi presenti nella contrattazione collettiva in diversi comparti produttivi (tra cui anche quello sanitario).

Questo comporta un grado di discrezionalità da parte del datore di lavoro per gestire l’organizzazione del lavoro in modo funzionale per l’attività lavorativa specifica. Comunemente non sono presenti delle rigidità che vincolino a turnazioni definite. All’interno di tale possibile variabilità è centrale che siano chiare le misure di prevenzione e protezione che possono andare a ridurre le alterazioni circadiane e quindi possibili eventi avversi. In tutti i casi, il consenso e il coinvolgimento dei lavoratori notturni sono essenziali nell’organizzazione di questi orari.

L’organizzazione del lavoro gioca, quindi, un ruolo centrale nella gestione del rischio da lavoro notturno e nell’adozione di turni e tempistiche che consentano di minimizzare i possibili rischi per la salute e la sicurezza.

Le linee guida emanate da organismi nazionali e internazionali contribuiscono a suggerire schemi di comportamento che consentono di aumentare il benessere dei lavoratori stessi. Gli elementi principali da tenere in considerazione per la valutazione del rischio sono: genere, età, lunghezza frequenza e regolarità del turno, direzione della rotazione, numero di notti consecutive, orario di inizio e fine turno, modalità di inserimento dei giorni di riposo, presenza di turni nel weekend, orario prolungato. Interventi compensativi riguardano ad esempio: la riduzione delle ore di lavoro notturno; l’incremento del numero dei riposi compensativi; la possibilità di passaggio al lavoro diurno ad intervalli periodici o in modo stabile dopo un determinato numero di anni; garantire un adeguato training per i lavoratori; messa a disposizione di appositi spazi/ stanze tali da consentire il godimento di brevi pisolini in rapporto al tipo di lavoro.

Importante il ruolo del medico competente, già previsto a partire dal d.lgs. 532/1999 art. 5, che dovrà valutare lo stato di salute del lavoratore, accertando l’idoneità alla mansione specifica che prevede lavoro notturno, conducendo visite preventive, visite periodiche almeno ogni 2 anni e visite in caso di condizioni di salute incompatibili con lo svolgimento del lavoro notturno. Il medico competente sarà chiamato a porre attenzione a quelle condizioni cliniche che potrebbero rappresentare rischi aggiuntivi per il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici, tenendo in considerazioni anche l’assetto endocrino.

Ad oggi pochi interventi hanno dimostrato di migliorare la qualità del sonno dei lavoratori notturni. Fra questi vi sono la rotazione dei turni seguendo l’ordine cronologico (mattina, sera, notte) con almeno 11 ore di riposo tra i turni. Per aumentare la vigilanza durante i turni di notte sono efficaci l’esposizione alla luce e l’utilizzo di caffè, sebbene peggiorino la disregolazione circadiana.

Per rendersi conto delle forti criticità presenti in questo delicato settore della salute, basta considerare che il 99% dei partecipanti ha dichiarato che nei loro centri non esistono programmi istituzionali per monitorare lo stress o la fatica tra i lavoratori notturni, nonostante la normativa vigente prevedesse obbligatoriamente questa forma di valutazione nei confronti di un rischio assolutamente presente nella categoria.

Questo dato solleva preoccupazioni significative, poiché la fatica e lo stress possono compromettere le capacità decisionali e il pensiero critico degli anestesisti, mettendo a rischio la sicurezza del paziente. L'implementazione di programmi di monitoraggio dello stress potrebbe contribuire a identificare precocemente i segni di affaticamento e consentire interventi preventivi.

Occorre, secondo OSMOA, avviare organici eventi formativi su come affrontare il lavoro notturno per contribuire a una percezione negativa dell'esperienza. Così pure sono essenziali investimenti nelle infrastrutture ospedaliere tra cui gli ambienti di lavoro e promuovere la salute e il benessere dei medici finalizzate ad assicurare prestazioni di alta qualità.

Domenico Della Porta
Presidente Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali OSMOA
Università degli Studi di Salerno

11 dicembre 2023
© Riproduzione riservata


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