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Federalismo. La spesa sanitaria procapite può variare fino a 150 euro tra le Regioni


Per la spesa farmaceutica territoriale la deviazione è di 30 euro. L'analisi dell’Istituto per la Competitività, che per razionalizzare la spesa, garantire equità e pari accesso alle cure propone un Fondo Farmaceutico Nazionale, in cui confluiscano le risorse della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera.

16 OTT - Una Sanità pubblica regionalizzata e disomogenea per livelli di spesa e disponibilità terapeutiche, anche come conseguenza della riforma federalista. È quanto emerge dal libro “Sanità a 21 velocità”, curato da Lorenzo Cuocolo, Stefano da Empoli e Davide Integlia e promosso da I-Com, (Istituto per la Competitività) e presentato oggi a Roma.

Dallo studio emerge come l’effetto combinato della devoluzione alle Regioni, ancor prima della riforma del 2001, e dell’introduzione dei vincoli del Patto di Stabilità abbia provocato un forte disallineamento tra le diverse Regioni rispetto all’allocazione di risorse pro-capite destinate ai servizi sanitari. Alle prese con una autonomia finanziaria frenata, però, da rigidi tetti di spesa, le Regioni hanno finito con l’adottare la logica, necessariamente poco lungimirante, della ‘minor spesa’. In particolare, la deviazione standard della spesa sanitaria pro-capite in Italia (cioè lo scostamento medio delle Regioni rispetto alla media nazionale) è balzata da una media di circa 25 euro pro-capite negli anni Novanta a quasi 200 euro pro-capite nel 2004, per poi lentamente stabilizzarsi poco sopra i 150 euro. Una differenza non da poco, se consideriamo che la spesa media annuale del servizio sanitario nazionale per ogni cittadino italiano è intorno ai 1.800 euro.   

Una logica che ha portato a tagliare anche l’innovazione di prodotto e di processo. Ad essere particolarmente penalizzata è stata la spesa farmaceutica, in particolare quella territoriale, che dal 1990 al 2012 ha registrato in termini reali (cioè al netto dell’inflazione) una contrazione del 22%.

Peraltro, un fenomeno analogo a quello della divergenza territoriale della spesa sanitaria si è verificato con la spesa farmaceutica territoriale. In questo caso, la deviazione standard ha superato nel 2006 i 40 euro pro-capite per poi stabilizzarsi intorno ai 30 euro pro-capite nei due anni di più recente rilevazione (2011 e 2012).

Tra l’altro la spesa farmaceutica territoriale incide solo per l’11,1% nel 2011 sulla spesa pro capite sanitaria. E, secondo gli esperti di I-Com, “è ancor meno giustificabile, in quanto sia l’autorizzazione all’ immissione in commercio sia i prezzi sono decisi dall’Aifa a livello nazionale.”

Secondo gli esperti di I-Com, dunque, la riforma federalista ha, di fatto, determinato una distorsione nella governance della politica sanitaria tra Stato e Regioni. “Queste ultime hanno, infatti, acquisito competenze sulla determinazione del prezzo dei farmaci e ampliato il potere decisionale dei Prontuari, che hanno oggi l’ultima parola rispetto all’effettiva introduzione di nuovi farmaci sul territorio (e relative tempistiche). Anche a dispetto delle già acquisite approvazioni da parte degli organismi competenti in Europa (EMA) e Italia (AIFA). Tale distorsione del ruolo dei Prontuari si traduce per le Regioni nella possibilità di ridurre la spesa farmaceutica. Per i cittadini italiani, invece, il risultato è un’assoluta disomogeneità di accesso alle terapie, per cui lo stesso farmaco potrà essere disponibile in alcune ASL del territorio nazionale e non in altre”.

Contro questa situazione I-Com propone la costituzione di un Fondo Farmaceutico Nazionale, in cui confluiscano tutte le risorse oggi destinate dallo Stato alla spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera. A gestire il nuovo Fondo potrà essere Aifa, che diverrebbe così una vera Autorità Garante con caratteristiche di terzietà e indipendenza rispetto al Governo.

Il Fondo Farmaceutico Nazionale si configurerebbe, dunque, come una piattaforma decisionale in grado di sostenere i seguenti obiettivi:
-    razionalizzazione e omogeneizzazione della spesa farmaceutica sui territori;
-    ripristino di appropriati meccanismi di valutazione dei farmaci (Health Tecnology Assessment) e valorizzazione delle best practice;
-    ingresso più rapido dei nuovi farmaci sul mercato e conseguente disponibilità per tutti i cittadini (oggi passano in media 305 giorni tra l’approvazione di AIFA e l’immissione sul mercato);
-    creazione di una governance più lineare e favorevole al potenziamento degli investimenti in Italia da parte delle aziende farmaceutiche.

“Il nostro Servizio Sanitario Nazionale, ispirato ai principi di universalità, uguaglianza e globalità, è ancora oggi considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità uno dei primi in Europa, se non al mondo”, ha commentatoin un messaggio Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute. “L’impegno comune deve essere quello di mantenere e migliorare i risultati che ci vengono riconosciuti e garantire la sostenibilità del sistema per le future generazioni. Questo significa investire in sviluppo, professionalità ed innovazione, significa promuovere qualità ed appropriatezza delle prestazioni e tagliare gli sprechi. Significa insomma ripensare il modello organizzativo e strutturale per attuare un modello di assistenza compatibile e solidale con le esigenze dei cittadini e al contempo con le esigenze di contenimento della spesa. Non è più possibile pensare ad un modello di assistenza orientato a rendere competitivi tra loro i singoli sistemi regionali: i tempi sono maturi e la parola d’ordine deve essere rendere competitivo il modello sanitario in Europa”.

Al dibattito ha partecipato anche l’ex ministro della Salute, Renato Balduzzi, attualmente presidente Commissione Parlamentare per le questioni regionali . “Alla fine degli anni '90 prevalse l'opinione che per migliorare il nostro sistema sanitario bisognasse dare più poteri alle Regioni e più spazio al privato. Oggi prevale l'opinione inversa.  A questo esito hanno concorso certo pratiche non esaltanti in questa o quella regione, ma anche la confusione creata da un'enfasi esagerata e confusa sul cosiddetto federalismo, oltre che il malfunzionamento dei controlli”. Per Balduzzi le possibile ricette per una sanità sostenibile sono “autonomismo responsabile, spending review vera, revisione del sistema dei ticket, attuazione integrale del d.-l. 158 del 2012”.

“Il Titolo V non è in contrasto con auspicabili politiche sanitarie nazionali forti in termini di elaborazione, monitoraggio, valutazione, sostegno all’innovazione, affiancamento delle Regioni in difficoltà, fino all’esercizio di poteri sostitutivi reali”, ha commentato Giovanni Bissoni, Presidente Agenas. Secondo il quale “ripartire dalle competenze, senza riflettere su quanto successo – oltre a tempi incerti e lunghi, non disponibili vista la situazione di alcune realtà regionali – non è la strada auspicabile”.

Per Luca Pani, Direttore Generale dell’Aifa, “il sistema sanitario nella sua versione ‘federalista’ non sta ottemperando al meglio all’obbligo, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, di tutelare la salute dei cittadini e garantire equità nell’accesso alle cure indipendentemente dalla Regione di residenza. Per questo non posso fare altro che auspicare una re-centralizzazione del sistema della farmaceutica, che da solo vale il 18,2% del Fondo Sanitario Nazionale, per colmare il divario creatosi in questi anni all’interno di territori diversi dello Stato, in termini di accesso alle cure, erogazione dei servizi e gestione delle risorse”.

16 ottobre 2013
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