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Cure palliative a domicilio. Il 41% delle Asl non le garantisce


Per molti italiani la possibilità di ricevere cure palliative a casa propria resta un miraggio.  La conferma viene dall'indagine dell’Agenas, svolta in collaborazione con Simg e Sicp. Solo 6 Asl su 10 garantiscono il servizio. E sono soprattutto al Nord. Per tutte le altre il medico di famiglia resta l’unico potenziale riferimento per garantire un percorso palliativo domiciliare.

26 NOV - È un sistema con più ombre che luci quello delle cure palliative domiciliari. L’offerta di questi servizi è in molti casi lacunosa, disomogenea sul territorio nazionale, poco flessibile. È scarsamente organizzata e, quindi, incapace di garantire in modo adeguato accessibilità, continuità delle cure, multidisciplinarietà dei trattamenti e integrazione tra i diversi setting assistenziali. Note positive? È buono il livello di qualità delle strutture che erogano le cure, più della metà garantisce continuità assistenziale h 24, nel 90% dei Centri la presa in carico dei malati è entro le 72 ore  e circa il 60% delle strutture ha la fornitura diretta di farmaci, presidi ed ausili. E nelle realtà dove il sistema funziona, soprattutto nel Nord Italia, sono due gli atout vincenti: le équipe professionali strutturate e supportate da organizzazioni del terzo settore; e i medici di medicina generale, spesso gli unici punti  di riferimento in grado di garantire un percorso palliativo domiciliare.
 
È questo il quadro emerso dall'indagine nazionale sul “Sistema delle cure palliative domiciliari” - realizzata dall’Agenas e dal Ministero della Salute in collaborazione con la Società italiana cure palliative (Sicp), la Società italiana di medicina generale (Simg), la Fondazione Floriani, la Federazione cure palliative (Fcp) e tutte le Regioni italiane - presentata oggi nell’ambito del congresso nazionale delle Simg in corso a Firenze.
L'indagine - condotta nel biennio 2008-2009 e pubblicata sull'ultimo numero dei Quaderni di Monitor, la rivista ufficiale dell’Agenas - assume un importante valore strategico soprattutto alla luce dell’approvazione, a marzo del 2010, della legge 38 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”. I dati, è bene quindi ricordare, fotografano la realtà prima dell'approvazione della legge.
Cosa è emerso? Innanzitutto, un rilevante scollamento tra il dire e il fare. Se, infatti, le aziende sanitarie dichiarano attenzione verso quest’area, di fatto, lo sviluppo dei servizi di cure palliative domiciliari non è una priorità nella loro programmazione strategica né, tantomeno, un ambito sottoposto a un monitoraggio strutturato. Ancora, la distribuzione dei Centri sul territorio nazionale è a macchia di leopardo anche “in conseguenza del processo di regionalizzazione della programmazione sanitaria, che anziché tradursi in una differenziazione virtuosa ha in alcune realtà rallentato lo sviluppo delle reti regionali di cure palliative”. Non solo, nelle stesse Regioni le reti si sono sviluppate in maniera disomogenea, soprattutto sono cresciute grazie a équipe professionali strutturate, motivate e supportate da organizzazioni del terzo settore.
 
Tirando le somme, il sistema non è in grado nella maggioranza dei casi di rispondere adeguatamente al bisogno di cure palliative domiciliari, e dal punto di vista quantitativo è significativamente al di sotto degli standard di riferimento. Al 40% dei residenti, soprattutto nelle Regioni del Nord, viene attualmente offerto un servizio di cure palliative domiciliari da équipe dedicate. Il restante 60% dei cittadini risiede in Asl dove non sono stati individuati Centri dedicati. Inoltre, dai dati emerge che in 20 Asl, che comprendono 6 milioni di residenti, non esistono Centri (dedicati e non dedicati). Qui il medico di medicina generale è “l’unico potenziale riferimento per garantire un percorso palliativo domiciliare”.
Ma ci sono anche segnali positivi. Nonostante l’offerta sia insufficiente, è buono il livello di qualità delle strutture che erogano le prestazioni. Soprattutto nelle realtà con équipe dedicate, che rappresentano il 54% circa dei centri monitorati e hanno assistito il 64% del totale dei malati censiti. “Queste realtà – si legge nel Rapporto – si caratterizzano per un approccio pluridisciplinare alle cure in grado di garantire in oltre il 53% dei casi, la continuità assistenziale sulle 24 ore e, nel 45%, una pronta disponibilità medica ed infermieristica”.  In oltre il 90% delle strutture, la presa in carico dei pazienti avviene entro le 72 ore e nell’86% dei casi è preceduta da un colloquio strutturato con i familiari. C’è la fornitura diretta di farmaci, presidi ed ausili in circa il 60% dei Centri. I più virtuosi sono quelli con équipe dedicate che si avvicinano ai valori suggeriti dalle buone pratiche in cure palliative domiciliari. Qui c’è, nella maggior parte dei casi, integrazione con le Organizzazioni no-profit, continuità assistenziale 7 giorni su 7 e l’erogazione del servizio dalle 8 alle 20, festivi inclusi.

Vediamo in sintesi alcuni dati presentati nel Rapporto.
 
Le cure palliative domiciliari nelle Asl …
Sotto la lente degli analisti sono finite 155 Asl.  La maggioranza delle realtà monitorate ha indicato la presenza congiunta di tutte e tre le figure professionali coinvolte nell’erogazione delle cure palliative domiciliari, ossia Medici di medicina generale (Mmg), Pediatri di libera scelta (Pls) e Medici di continuità assistenziale (Mca). In particolare, in 146 Asl c’è il Mmg, in 145 il Pls e 140 confermano la presenza di Mca.  Nel 59% delle Asl (ma il dato, avverte il Rapporto, potrebbe essere sovrastimato) esiste una rete di cure palliative costituita con provvedimento formale, locale o regionale, con almeno i due principali setting assistenziali (Centri residenziali di cure palliative/hospice e Assistenza domiciliare).  
Soprattutto il 41% delle Asl che non garantiscono una rete di cure palliative si trovano prevalentemente nel Sud Italia e nelle Isole. A livello di singola Regione le peggiori performance si registrano nelle Asl dell’Abruzzo (1 sola Asl su 5 garantisce una rete di cure palliative), della Calabria (1 su 6), della Sardegna (2 su 8). Non esiste una rete di cure palliative nelle due Asl della P.A. di Bolzano e della Valle d’Aosta. All’opposto, la maggiore prevalenza di Asl che prevedono reti di cure palliative è localizzata nelle Asl del Piemonte (11 su 12), del Friuli V.G. (5 su 6), dell’Umbria (3 su 4), dell’Emilia Romagna e della Toscana (8 su 11), oltre alle Asl uniche del Molise, delle Marche e della P.A. di Trento.
 
… e i Centri che erogano cure palliative domiciliari
Nonostante  dalle Asl  siano stati segnalati 544 Centri, solo 379 hanno aderito all’indagine. Di questi 312 hanno effettivamente erogato, nel 2008, cure palliative domiciliari, 28 non le hanno mai erogate, 29 hanno iniziato ad erogarle dopo il 2008 o hanno terminato prima dello stesso anno, 10 non hanno risposto.
In totale sono stati assistiti 68.628 pazienti (con una quota inferiore all’1% di under 18),  il 64%  in  Centri con équipe dedicate. Lombardia (20%), Emilia Romagna (15%), Lazio (12%) e Sicilia (7%) sono le Regioni che hanno assistito più del 50% del totale dei pazienti. È elevata la variabilità di pazienti assistiti da Regione a Regione: in media si va da valori più elevati nei Centri di Lazio (600 pazienti) e Sicilia (417) a valori nettamente inferiori per quelli di Abruzzo, Molise, Valle d’Aosta (valori inferiori ai 100 malati assistiti nel 2008).
Il 72% dei pazienti assistiti è di tipo oncologico con una maggiore prevalenza in Puglia, Valle d’Aosta, Sicilia e Molise (tassi uguali o prossimi al 100% dei malati assistiti) e valori inferiori nel Lazio (35%), Sardegna (37%), Calabria (55%) e Lombardia (53%).
 
L’identikit dei Centri.Il 38,6% rientra nella categoria Centri Asl con équipe distrettuali non specificamente dedicate che erogano Cp all’interno del modello Adi; il 25,1% sono Centri erogatori accreditati/convenzionati privato profit/no-profit con équipe specificamente dedicate alle Cp domiciliari; il 19,3% sono Centri ospedalieri/Asl/hospice pubblici che erogano specificamente e direttamente cure palliative domiciliari; il 7,7% sono Centri erogatori accreditati/convenzionati privato profit/no-profit senza équipe specificamente dedicate alle Cp domiciliari; il 6,8% sono Centri Asl in cui operano équipe distrettuali specificamente dedicate alle Cp domiciliari; il 2,5% rientrano nella categoria Centro ospedaliero e/o hospice privato che eroga specificamente e direttamente Cp domiciliari.
 
I Centri nelle Regioni.  Quasi il 24% dei Centri è in Lombardia, il 13% in Emilia Romagna, mentre lo 0,6% in Valle d’Aosta. Il 21,8% rappresenta Centri dedicati all’erogazione diretta di cure palliative domiciliari; il 31,9% sono Centri Asl di cure domiciliari che dispongono di équipe distrettuali, o di provider privati accreditati, specificamente dedicati; il 46,3%, invece, non dispone di équipe dedicate. In Puglia, Marche, Molise, Sicilia e Piemonte più dell’80% dei Centri erogano specificamente e direttamente cure palliative domiciliari, mentre in P.A. di Bolzano, in Emilia Romagna, Calabria e Abruzzo meno del 25% dei Centri è di questo  tipo.
La stragrande maggioranza appartiene al pubblico (il64,6% pari a 201 Centri di cui il 40% dotati di équipe dedicate). I Centri “privati” sono invece il 35,4% (110 Centri), di cui più di tre quarti (78%, pari a 86 Centri) con équipe dedicata.
 
I Centri e le organizzazioni no-profit. Il 42% dei Centri è supportato dall’attività di volontariato di Organizzazioni no-profit (con punte dell’89% in Puglia e 67% in Umbria). Questa percentuale sale al 56% per i Centri con équipe dedicate e scende al 26% per Centri senza équipe dedicate.
 
Modalità di remunerazione.Nel 67,5% dei Centri, i costi sono sostenuti solo e direttamente dalla Asl attraverso allocazione di budget, nel 22% solo attraverso un sistema di valorizzazione tariffaria, nel 4,5% con entrambe le modalità e  nel 6% con altra modalità. All’interno dei Centri con équipe dedicata la prima forma di finanziamento scende al 54% (la sola valorizzazione tariffaria sale al 33%), mentre per i Centri senza équipe dedicata sale all’84% (la seconda scende all’8% dei Centri con équipe non dedicata).
A livello regionale, nelle due Province trentine (100%), Emilia Romagna e Friuli, per più del 90% dei Centri i costi sono sostenuti solo e direttamente dalla Asl attraverso allocazione di budget, mentre le maggiori percentuali di Centri che sostengono i costi solo con valorizzazione tariffaria si trovano in Sicilia (58%), Lazio (56%), Abruzzo (42%). Interessante notare che più del 50% dei Centri pugliesi si finanzia con altra modalità.
 
Cartella clinica. Il 95% dei Centri (su 307 Centri che hanno risposto), utilizza una cartella/scheda clinica per la gestione delle cure palliative domiciliari. Sono invece poco utilizzate nei Centri della Liguria (66%) e Friuli (77%). Il 99% dei Centri con équipe dedicate utilizza la cartella, mentre solo il 90% dei Centri senza équipe dedicata la prevede. La cartella è prevalentemente cartacea (67% dei Centri che la prevedono) o parzialmente informatizzata (28%).
 
Giorni di erogazione. Il 69% dei Centri eroga il servizio sette giorni su sette, il 20% da lunedì a sabato e l’11% fino al venerdì. La copertura maggiore è assicurata nei Centri delle due province trentine, in Basilicata e in Emilia Romagna (percentuali pari o vicine al 100% dei Centri), mentre la copertura settimanale completa, in Calabria e Campania, viene registrata rispettivamente dal 23% e 29% dei Centri. Le cure erogate tra lunedì a venerdì sono dispensate dalle ore 8 alle 20 (73%, nei Centri dedicati sale al 76% e scende al 69% nei Centri non dedicati, con punte di eccellenza per Basilicata, Sicilia, Umbria, Molise e P.A. di Bolzano). Durante il sabato e i prefestivi prevale ancora l’orario di erogazione 8-20 (68%, omogeneo tra tipologie di Centri). La domenica e i festivi, con orario 8-20 viene garantito dal 74% dei Centri (questa volta con differenze più marcate tra tipologie di Centri: 79% per Centri con équipe dedicate e 69% senza équipe dedicate). Le cure sono assicurate durante le feste in Calabria, Liguria, Trento, Sardegna, Sicilia e Umbria dalle 8 alle 20.
 
I professionisti che operano nei Centri.Il 96% dei Centri prevede la figura dell’infermiere; l’84% il  medico di cure palliative (Mcp), 96% nei Centri dedicati e 70% in quelli non dedicati; il 65% prevede il Mmg, 45% nei Centri dedicati e l’89% in quelli non dedicati; il 64% lo psicologo, 79% nei Centri dedicati e il 46% in quelli non dedicati; il 54% il fisioterapista (48% nei Centri dedicati e 61% in quelli non dedicati (Figura 25).
 
Continuità assistenziale. Il 43% dei 299 Centri analizzati rispetto alla continuità assistenziale dichiara di garantirla per 24 ore (rispettivamente 53% e 29% per Centri dedicati e non), il 37% per 12 ore e il 20% per meno di 12 ore (rispettivamente 14% e 28% per Centri dedicati e non) (Figura 26). La gran parte dei Centri nella P.A. di Bolzano (100%), in Sicilia (75%) e Puglia (67%) assicura assistenza per 24 ore, mentre in Regioni come Valle d’Aosta, Molise, P.A. di Trento e Piemonte meno del 15% dei Centri garantisce la continuità 0-24h.
Globalmente, la continuità assistenziale sanitaria viene garantita sia attraverso il servizio di consulenza telefonica (per il 65% dei Centri) sia attraverso il servizio di pronta disponibilità (per il 62% dei Centri). Il 55% dei Centri che assicura il servizio di pronta disponibilità sono Centri di natura dedicata.
Nel primo caso, sono tipicamente medici e infermieri (Inf) a garantire la continuità assistenziale, nel 58% delle risposte sono solamente Inf (23% dei Centri) e solamente Medici (15% dei Centri) ed in maniera più marcata per Centri di tipo dedicato (64% Medici e Inf, rispetto al 50% garantito dai Centri non dedicati).
Nel caso di pronta disponibilità, nel 54% dei Centri sono ancora Medici e Inf a garantire la continuità assistenziale (solo Inf 31%, solo Medici 13%). Per i Centri di tipo dedicato tale percentuale sale al 64%, rispetto al 41% garantita dai Centri non dedicati.
 
Ausili e farmaci. Il 58% dei Centri fornisce direttamente presidi e ausili (percentuali omogenee tra tipologie di Centri). Più del 90% dei Centri della P.A. di Bolzano, della Valle d’Aosta e dell’Emilia Romagna fornisce tali supporti. Nel 52% dei casi sono forniti entro 48 ore (percentuale variabile tra il 69% dei Centri dedicati e il 30% per quelli non dedicati). Rispetto ai farmaci, il 32% fornisce direttamente e gratuitamente farmaci ai malati, un altro 32% solo i farmaci specifici per le cure palliative, mentre il 36% non fornisce farmaci (percentuali omogenee nelle due tipologie).
 Nel caso di fornitura di farmaci, nel 54% dei Centri esiste una procedura formalizzata per la prescrizione e l’erogazione dei farmaci oppioidi (nel 70% dei Centri dedicati e solo nel 37% di quelli non dedicati), soprattutto in Umbria e Molise.
I farmaci forniti direttamente e gratuitamente ai malati vengono di norma consegnati anche a domicilio per l’84% dei Centri fornitori, in maniera omogenea tra i due tipi di Centri.
 
Protocollo rapporto équipe-Mmg. La “collaborazione” tra i membri dell’équipe del Centro e i Medici di medicina generale del territorio è definito da uno specifico protocollo operativo formalmente approvato dall’Asl nel 61% dei Centri (dato omogeneo all’interno della tipologia di Centri).  A livello regionale, questo avviene soprattutto in Emilia Romagna (100% dei Centri), P.A. di Trento e Umbria (rispettivamente 87% e 83% dei Centri). Al contrario, in Molise, Campania e Lazio si registrano prevalenze, sul numero totale di Centri della Regione, pari rispettivamente a 0%, 21% e 25%.
 
Il Piano di assistenza individuale. Viene redatto nell’87% dei Centri, soprattutto in quelli senza équipe dedicate (94% dei Centri senza équipe e 82% in quelli con équipe dedicata).  Guidano la classifica delle Regioni che redigono i Pai Basilicata, Calabria, P.A. di Trento, Sicilia e Umbria (100% dei Centri), fanalino di coda Molise (33%), Valle d’Aosta (50%) e Lazio (56%).
All’interno del Pai, nel 67% dei Centri il Mmg opera in modo integrato (consulenza frequente) con lo specialista in cure palliative, nel 22% dei Centri con la consulenza sporadica del medico palliativista e nell’11% come unico referente medico dell’équipe. Percentuali che variano tra le varie tipologie dei centri: il Mmg opera in modo integrato con il medico di cure palliative nell’83% dei Centri dedicati (50% in quelli non dedicati), con consulenza sporadica nel 14% dei Centri dedicati (31% nei Centri non dedicati) e come unico referente nel solo 3% dei Centri dedicati (19% in quelli non dedicati). Tutti i Centri di Basilicata, Molise, Toscana, Valle d’Aosta prevedono la presenza del Mmg all’interno del Pai in modo integrato con lo specialista in cure palliative, invece tale modalità viene prevista per meno del 50% dei Centri della P.A. di Bolzano, Emilia Romagna e Campania.
E.M.

26 novembre 2010
© Riproduzione riservata


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