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La sanità non può essere organizzata col modello “fordista”

di Giuseppe Montante (Anaao Assomed)

Per garantire un reale ed omogeneo accesso ai Livelli essenziali di assistenza in tutto il Paese è indispensabile l’individuazione a livello nazionale di modelli organizzativi standard di sicurezza delle diverse macroattività sanitarie, specifici per ciascuna delle discipline specialistiche e correlati al ruolo di ciascun ospedale nella rete ospedaliera ed ai bacini di utenza

27 GEN - Da molti anni l’Anaao Assomed sostiene che la salvaguardia del diritto costituzionale alla cura dello stato di malattia su tutto il territorio nazionale non possa limitarsi solamente all’individuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) da parte della Conferenza Stato Regioni e all’emanazione di alcuni indirizzi generali su prevenzione, diagnosi e cure di alcune malattie.
 
La verafruibilità di tale diritto in modo omogeneo su tutto il territorio necessita della definizione nazionale di livelli minimi di sicurezza clinica ed organizzativa e del loro rigoroso rispetto in tutto il territorio, oltre che di finanziamenti nazionali, tecnologia, principi e standard di programmazione adeguati alle necessità reali.
 
E necessario però essere consci dell’esistenza di una stringente correlazione funzionale tra sicurezza, sia clinica che organizzativa, e modelli organizzativi minimi delle diverse tipologie di attività sanitarie espletate nei reparti ospedalieri (macroattività) e fra quest’ultimi e le dotazioni organiche minime necessarie.
 
Il fulcro strategico fondamentale della correlazione funzionale dovrebbe essere costituito dall’individuazione al livello nazionale di modelli organizzativi standard di sicurezza delle diverse macroattività sanitarie, specifici per ciascuna delle discipline specialistiche e correlati al ruolo di ciascun ospedale nella rete ospedaliera ed ai bacini di utenza.
 
Sono questi che nei fatti dovrebbero condizionare la determinazione della dotazione organica minima necessaria, che dovrebbero ridurre il rischio clinico ed organizzativo alla soglia di sicurezza e concorrere fortemente a rendere omogeneo in tutto il territorio la fruizione del diritto costituzionale.
 
Malgrado tali correlazioni siano lampanti da parecchi anni, molto poco è stato fino ad ora attuato dalle Istituzioni Sanitarie Nazionali e Regionali sul piano dell’omogeneità dei requisiti minimi di sicurezza clinica ed organizzativa al fine di rendere fruibili i LEA in modo omogeneo in tutto il territorio.
 
La risultante di tale disinteresse istituzionale è stata la subordinazione delle peculiarità della Sanità alla logica del rigore economicisticoche ha preso il sopravvento, determinando il progressivo impoverimento economico dei Fondi Sanitari Regionali a cui si è sopperito con crescenti tagli sulla spesa per il personale.
 
Conseguenza quasi scontata di questa deriva è stata la riduzione progressiva per asfissia delle dotazioni organiche (blocco parziale o totale del turnover, ecc.).
 
In queste condizioni, l’organizzazione nei reparti delle macroattività sanitarie è stata sempre più modellata sulla dotazione organica carente e non su quella necessaria per garantire le condizioni minime di sicurezza clinica ed organizzativa e di conseguenza la responsabilità di eventuali “eventi avversi” in sanità per insufficienze organizzative è stata spesso cinicamente ribaltata addosso al personale (soprattutto medici) dagli stessi politici responsabili della disorganizzazione (esempio eclatante: i recenti fatti avvenuti al P. S. dell’Ospedale di Nola).
Tutto questo nella gran parte delle Regioni è ovviamente accaduto in assenza di politiche programmatorie concrete di ottimizzazione della rete ospedaliera e dei servizi sanitari del territorio, per paura che il costo elettorale di eventuali non soddisfazione dei “campanili” potesse essere troppo pesante per i partiti.
 
Recentemente, le norme legislative sui riposi e sull’orario di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario dipendenti del Ssn, le norme programmatorie generali presenti nel Dm Salute n. 70/2015 e la progressiva carenza di medici specialisti hanno spinto il Legislatore Nazionale a obbligare le Regioni alla determinazione della dotazione organica necessaria di personale ed a calcolare l’eventuale fabbisogno di nuove assunzioni.
 
Il Mef ha inoltre preteso che i risultati sulla dotazione organica e fabbisogno di nuove assunzioni fossero validati mediante l’utilizzo di una metodologia di calcolo adeguata ed univoca per tutte le Regioni.
 
Questa necessità ha spinto la Conferenza Stato Regioni a tentare di individuare modalità oggettive di calcolo di queste, univoche per tutte le Regioni e per tale motivo nel 2016 è stata istituita presso il Ministero della Sanità una Commissione tecnica mista Ministero – Regioni.
 
Tutto ciò avrebbe potuto fornire alla Conferenza Stato Regioni una valida opportunità per creare condizioni organizzative più uniformi ed adeguate al livello nazionale, in considerazione della stretta correlazione logica esistente fra sicurezza clinica, bontà organizzativa e dotazione organica necessaria.
 
Da quanto ci risulta invece, la suddetta Commissione Tecnica ha elaborato una ipotesi metodologica ben diversa (non condivisa da parecchie Regioni), basata sulla valutazione a valle dell’efficienza del processo produttivo e della congruità della dotazione organica necessaria, mediante il confronto dei tempi medi di produzione delle prestazioni sanitarie con quelli standard di riferimento, ottenuti con rilevazioni statistiche e modulazione di questi con gli indicatori previsti dal sistema DGRs per le attività eseguite in regime di ricovero, al fine di rapportare tali tempi medi alla diversa complessità economica delle prestazioni.
 
In parole povere, la Commissione Tecnica non ha ritenuto necessario approfittare della situazione per favorire una fruibilità omogenea dei Lea, ma in coerenza con la deriva economicistica attualmente dominante in Sanità, ha ritenuto invece adeguato il “modello di lavoro fordista” (catene di montaggio con tempi medi standard di produzione di ciascun pezzo), introdotto nelle fabbriche automobilistiche all’inizio del ‘900!
 
Dinanzi a questa miopia Istituzionale e a questa ipotesi metodologica assurda ed illogica sul piano scientifico (incredibilmente già presa in considerazione dal Mef), la bocciatura da parte di tutte le Organizzazioni Sindacali della Dirigenza del Ruolo Sanitario è stata totale e senza appello.
 
La dirigenza dell’Anaao Assomed, conscia però dell’importanza strategica dell’individuazione di una metodologia di calcolo corretta e non rinunciando all’opportunità offerta dal legislatore, ha subito contrapposto all’ipotesi ministeriale una propria ipotesi di metodologia di calcolo della dotazione organica minima, basata sull’individuazione di modelli organizzativi standard minimi di sicurezza adeguati alle peculiari specificità della sanità e corretta sul piano scientifico.
 
Obiettivi prioritari di questa sono fornire:
-       principi metodologici validi a cui ispirarsi per creare condizioni di fruibilità maggiormente uniformi del diritto costituzionale alla salvaguardia della salute;
-       uno strumento tecnico adeguato a calcolare le dotazioni organiche necessarie ed a valutare l’efficienza produttiva di ciascuna Regione, a fronte di pari condizioni di sicurezza clinica e lavorativa.
 
Tale metodologia insieme ai limiti e requisiti minimi organizzativi delle più importanti macro attività svolte nei reparti ospedalierisono stati già adottati dalla Regione Veneto, dove ha già superato la fase di ipotesi teorica ed è approdata alla fase di formalizzazione attuativa, confermando il giudizio di adeguatezza ed attendibilità.
 
Ci auguriamo, soprattutto per i cittadini, che la stessa sia condivisa anche dalMinistero della Salute e dalle altre Regioni.
 
Giuseppe Montante
Vice Segretario Nazionale Anaao Assomed

27 gennaio 2017
© Riproduzione riservata


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