“E’ possibile che i servizi di salute mentale e le strutture convenzionate non prevedano competenze e interventi psicologici e psicoterapici? L’approccio psicologico e la psicoterapia sono una dimensione essenziale di ogni realtà che si occupa di salute mentale, e questo deve essere riconosciuto”. Ad affermarlo è il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi, David Lazzari, in apertura del convegno “Cosa è rimasto delle comunità terapeutiche per la salute mentale?” che si è tenuto oggi a Roma. Un evento, quello organizzato dal Cnop nell’anno in cui ricorre il 45imo anniversario dell’approvazione della Legge Basaglia, per presentare il libro bianco e il manifesto per “riaffermare la cultura biopsicosociale e psicoterapeutica delle comunità terapeutiche nella tutela della salute mentale”.
L’indagine sulla situazione delle comunità terapeutiche estensive in salute mentale – promossa dal gruppo tecnico “Comunità Terapeutiche residenziali” del Cnop coordinato dal prof. Claudio Bencivenga e dal gruppo di lavoro Sanità del Cnop coordinato dalla prof.ssa Donatella Fiaschi – è stata l’occasione per valutare lo stato dell’arte a 45 anni dalla legge 180. Dai dati emersi nello studio che ha coinvolto tredici regioni italiane, nei servizi specialistici di salute mentale è presente soltanto uno psicologo-psicoterapeuta ogni quattordici operatori e solo 7 prestazioni su 100 sono di natura psicoterapeutica. Nelle comunità per adolescenti uno psicologo-psicoterapeuta ogni dodici operatori e nelle comunità estensive per adulti uno ogni sedici. In generale nelle strutture per la salute mentale gestite dal privato accreditato secondo i criteri definiti dalle Regioni, è presente un solo psicologo ogni quindici operatori, che evidenzia quanti pochi interventi psicologici e psicoterapici vengano fatti in contesti che dovrebbero essere finalizzati alla cura e non solo all’assistenza e al contenimento. In molte Regioni questa figura non è neanche prevista tra il personale delle comunità psichiatriche estensive.