Comma 566. Bene concertazione. Ma non riduciamo tutto a una guerra sulle competenze
di Ivan Cavicchi
Come evitarlo? Bisogna alzare il tiro e ripensare i ruoli delle professioni ridiscutendo i loro postulati costitutivi al fine di riformarne le prassi. Perché, alla fine, ai malati le competenze non interessano. Quello che vogliono sapere è cosa fate e come mi curate?
05 MAR - Bene che il ministero della Salute abbia
convocato i medici per avviare la concertazione sulla questione spinosa del comma 566. Siamo contenti che il confronto includa e non escluda coloro che per evidenti ragioni professionali sono coinvolti ob torto collo in quel “
comma horribilis”. Ieri, sulla questione
le forze politiche parlamentari hanno chiarito la loro posizione, registrando una spaccatura, ma se avesse chiesto loro come intendere la concertazione prevista dal comma 566, sono sicuro che nessuno di loro si sarebbe dichiarato favorevole ad una
conventio ad escludendum a danno dei medici. Se non altro perché non
politically correct.Dico bene onorevole Gelli?
E ora che succede? I medici presumibilmente diranno che il comma è
horribilis, che la distinzione complesso/semplice è una stupidaggine, e tireranno fuori l’arma segreta dell’atto medico. A questo punto sul nascere la concertazione rischierà di impantanarsi e di riproporre la spaccatura storica che segnò l’esclusione dei medici dall’ accordo sulle competenze avanzate dell’aprile dello scorso anno. Toccherà al ministro e al sottosegretario, fare in modo che ciò non avvenga...e non solo perché non è giusto né saggio rubare la terra ai palestinesi ma anche perché è impossibile che i palestinesi derubati non si incazzino.
Che farà il ministero? Resto convinto che tutta la faccenda delle competenze avanzate fin dal suo inizio ha preso la piega del conflitto tra professioni perché la politica ha gestito con i piedi, cioè in modo consortile, la cosa sotto la benedizione informale della Fnomceo, con un’intesa sottobanco tra Regioni , Ipasvi e i sindacati degli infermieri, ma senza un pensiero davvero riformatore, cioè senza sforzarsi di trovare soluzioni coevolutive in un ordine più alto di mediazione e quindi in un ordine più alto di progettualità.
Il rischio di ridurre nuovamente la concertazione ad una contrapposizione tra presunti competenti e presunti incompetenti cioè di ridurre tutto, come insiste a fare ottusamente l’Ipasvi, ad una questione di mera redistribuzione di competenze, è quindi molto forte. Come evitare questo rischio? Suggerirei a tutti intanto di leggersi una lettera inviata a
QS il 17 febbraio 2015, “
Nuovi ruoli e competenze. E se fosse un problema di “filosofia?”, di
Alessandra Spedicato e
Michela Piludu, che sono due donne medico dell’Anaao Giovani.
Il pregio della lettera è di spostare la riflessione sui ruoli professionali dal terreno solito della competizione giuridico-contrattuale tra professioni, a quello del
modo come si conosce e si fa quello che si dovrebbe conoscere e fare per curare oggi degli ammalati e che le due giovane dottoresse, con mio grande piacere (insegnando io tra l’altro anche queste cose), chiamano “
epistemologia”.
In pratica, ritornando al
comma horribilis si tratta di non ridurre la questione alle competenze, come se si giocasse ai quattro cantoni, ma di alzare il tiro e ripensare i ruoli delle professioni ridiscutendo i loro postulati costitutivi al fine di riformarne le prassi. La ragione di tutto ciò? Semplicemente perché una serie impressionante di mutamenti positivi e negativi ce lo impongono. Le autrici della lettera a questo proposito citano opportunatamente una serie di progetti di studio internazionali, anche finanziati dall’UE, che dimostrano come tutta la sanità occidentale non si stia ponendo il problema delle competenze ma quello del “
rimodellamento” dei ruoli professionali semplicemente perché il divario tra professione e realtà (loro dicono tra
“teoria e pratica”) sta spiazzando tutte le professioni creando quei problemi anche economici che a più riprese ho definito di “
regressività”.
Quindi, rispetto al
comma horribilis, il terreno di mediazione e di riunificazione è quello del ripensamento dei ruoli nei loro contenuti, nelle loro forme, nei loro modi, quindi nelle loro organizzazioni.
Ma per rimodellare i ruoli c’è bisogno di un pensiero riformatore, che allo stato attuale temo non sia del tutto alla portata di mano di coloro che a diverso titolo dovranno trasformare il
comma horribilis in un
comma splendidus. Ma a questo si può rimediare organizzando tutto quanto serva ad organizzare una ideazione. Quindi quale pensiero riformatore ci serve?
Se partiamo dal presupposto che le professioni sono estensioni pragmatiche di una certa conoscenza e di una certa organizzazione del lavoro non credo che si possano rimodellare i ruoli professionali a prassi e a organizzazioni epistemicamente invarianti. Cioè non credo che si possano ridefinire gli agenti a prescindere dai loro contesti e dai loro atti, cioè dalle loro prassi, e non credo che gli atti o le prassi si possano definire a prescindere dagli agenti e dai contesti di lavoro in cui operano. In ciò consiste la complessità e difficoltà del rimodellamento dei ruoli .
Oggi mentre tutto cambia anche con il
comma horribilis il lavoro professionale continua ad essere descritto per compiti e mansioni per giunta descritti privi di modalità e del tutto decontestualizzati. Il salto da fare è definire
compiti impegni e
contesti e uscire dalla mefitica logica economicistica del
demansionamento a catena (tolgo al medico per darlo all’infermiere, tolgo all’infermiere per darlo agli oss o alle badanti) rispetto alla quale recentemente il presidente della Toscana, ma non solo lui, ci ha proposto un’applicazione a sua volta
horribilis.
Molti sono gli esempi che dimostrano l’inconcludenza di queste scorciatoie, o semplificazioni che hanno provato a ridefinire i ruoli professionali ma senza fare i conti con la loro complessità:
· Il nuovo codice deontologico dei medici del tutto subalterno ad un vecchio ruolo medico (
QS 26 maggio;
29 maggio;
31 maggio;
3 giugno 2014).
· La L.42 che per gli infermieri definisce profili in luogo di mansioni, autonomia in luogo di ausiliarietà ma che, per non essere riuscita a inventare un ruolo e una organizzazione adatta, oggi rischia di essere paradossalmente controriformata proprio dal
comma horribilis.
· Il
comma horribilis, per l’appunto che nell’incapacità di reinventare dei ruoli regredisce all’idea di mansione per accrescere il grado di flessibilità e di economicità del lavoro professionale in sistemi sanitari sempre più ri-tagliati dalle ristrettezze finanziarie.
· L’atto medico che non può più essere considerarlo solo una questione giuridica di competenze esclusive ma anche l’espressione di un ruolo professionale rinnovato.
· L’H24, quindi il tanto controverso decreto Balduzzi, che nella più classica logica marginalista, ritiene di poter risolvere i problemi delle cure primarie a ruolo medico invariato limitandosi semplicemente ad accrescerne la presenza.
Nel mio piccolo ho cercato di evitare le scorciatoie e, a parte l’idea base di “
autore” su cui ho già detto molte volte (
QS 31 ottobre,
3 novembre,
18 dicembre 2014), l’idea riformatrice che si presta meglio a rimodellare i ruoli è quella di “
reticolo professionale”. Il reticolo è un piccola rete di riferimenti che rimodella il ruolo professionale interconnettendo la necessità del malato, la formazione professionale, le regole deontologiche, le organizzazioni e quindi i contesti di lavoro.
Il comma 566 è
horribilis, (mi dispiace per l’Ipasvi che insiste nell’errore di farne il proprio cavallo di battaglia mentre la L.42 ancora oggi si propone come il primo esempio antesignano di rimodellamento del ruolo), perché come dimostra la riflessione internazionale sul rimodellamento dei ruoli, esso è culturalmente arretrato dal momento che le prassi professionali ormai non possono più essere definite solo attraverso le “competenze”, cioè le “mansioni”, ma debbono essere definiti attraverso gli impegni degli agenti (skill mix) che operano dentro contesti non casuali .
Quindi basta litigare tra
compitieri che messi alle corde dalle ristrettezze economiche cercano di mangiarsi l’uno con l’altro, cioè di demansionarsi in quella che alla fine resta una miserabile “
guerra dei bottoni” (QS 16 dicembre 2016). Con la regia politica del ministero cerchiamo di usare la concertazione per fare lo sforzo di accordarci tra “
autori”, concordando di rimodellare i nostri vecchi ruoli attraverso moderni reticoli professionali che sappiano innovare quello che per i malati alla fine conta più di qualsiasi altra cosa: cosa fate e come mi curate?
Quali le prassi e
come, cioè quali le loro modalità? Non quali competenze.
Ivan Cavicchi
05 marzo 2015
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lavoro e Professioni