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Nuovi ruoli e competenze. E se fosse un problema di “filosofia”?

di A.Spedicato e M.Piludu

17 FEB - Gentile direttore,
non è facile definire il termine “epistemologia”. Possiamo pensare ad una indagine critica intorno alla struttura e ai metodi (osservazione, sperimentazione e inferenza) delle scienze, ad una filosofia della scienza che conduca ad una logica delle procedure.
 
Può risultare azzardato pensare che l'epistemologia possa avere a che fare con la ricerca del legislatore di attribuire nuovi ruoli e competenze (forse anche responsabilità) tra le figure sanitarie?
In Italia l'accostamento di questi due fenomeni appare azzardato se non antitetico: se guardiamo il percorso legislativo che negli ultimi 20 e più anni ha cercato di ordinare, mansionare, modellare ruoli e compiti delle professioni sanitarie (non solo infermieri, dunque) è arduo cogliervi alcun approccio metodologico.
 
Partendo dall'art.6 comma 3 D.lgs 502/1992 (senza voler andare ulteriormente indietro nel tempo) per arrivare al comma 566 della L.190/2014 – meglio nota come legge di Stabilità- passando per la L.251/2000 e la L43/2006, si è scritto di autonomia professionale, competenze e responsabilità, senza nessun tentativo reale di passare dalla teoria alla pratica (anzi, lasciando un vuoto normativo che corre il rischio di essere riempito da azioni della magistratura) ma soprattutto non si è perseguito rigore scientifico e/o razionale nelle proposte sui percorsi professionalizzanti.
 
Ma epistemologia e skill mix (uno degli altri nomi con cui googlando si possono ricercare interessanti articoli sull'argomento) sono realmente così distanti?
A guardare cosa succede in alcuni paesi Europei non è così.
 
Ad Ottobre 2012 la Commissione Europea ha finanziato con circa 3 mln di euro un progetto denominato MUNROS Project - Health Care Reform: the iMpact on practice, oUtcomes and costs of New roles for health pROfeSsionals- dunque un progetto internazionale il cui obiettivo è valutare l'impatto, in un'ottica di riforma del Sistema Sanitario, di nuovi ruoli per i professionisti della salute.
 
Lo studio ha la durata di 48 mesi e coinvolge 8 paesi europei (Scozia, Germania, Olanda, Polonia, Italia (Università Cattolica del Sacro Cuore), Repubblica Ceca, Turchia, Norvegia, Inghilterra). I risultati ottenuti dovranno poi avere un peso sui decisori politici al fine di una migliore gestione delle risorse umane e della pianificazione della forza lavoro.
 
Andando a vedere il progetto, ciò che colpisce di questo è la metodologia con cui la ricerca è stata improntata. Il progetto è stato diviso in fasi. Al progetto partecipano attivamente medici, operatori delle professioni sanitarie e utenti. Ogni fase ha dei gruppi di lavoro dedicati che, con rigore e logica, si dedicano ai differenti aspetti della questione così che nulla venga lasciato al caso; dall'analisi della terminologia utilizzata – affinché la comprensione sia trasversale - alla chiara definizione di quali competenze possono essere scambiabili e/o sovrapponibili, dalla rilevazione dei dati alla gestione e analisi degli stessi, per finire con la valutazione dell'impatto dei possibili cambiamenti su tutti gli attori che ruotano nel mondo sanità: medici, infermieri, altre figure sanitarie e pazienti.
 
La certezza che poi, dal rimodellamento dei ruoli e dalla nuova organizzazione dei profili professionali, si potrà ottenere un vantaggio economico (rapporto costo/benefici) e/o di outcome del paziente continua ad essere il punto interrogativo sempre aperto fino al termine della ricerca.
 
Negli anni ci sono stati altri esempi virtuosi di studi, condotti con rigore e metodo, attinenti a questo settore. Possiamo pensare a “Skill Mix and policy Change in the Health Workforce” condotto nel Regno Unito nel 2005, a “RN4CAST” studio internazionale (l'Italia non era presente) sulle competenze infermieristiche e l'outcome dei pazienti.
 
In questo momento una nuova avventura di squadra, sotto l'egida dell'Health Programme dell'Unione Europea, è partita: “Joint Action on Health workforce Planning and Forecasting” (la Commissione Europea ha partecipato con circa 3 milioni di euro).
Entro il 2020 è prevista in Europa una carenza di circa un milione di figure sanitarie (medici, infermieri, ostetrici, farmacisti e dentisti) e l'obiettivo di questa azione comune è quello di fornire una piattaforma di collaborazione tra i diversi Stati Membri della UE al fine di scambiare buone pratiche, adottare misure sostenibili, conoscere i numeri delle figure sanitarie per adottare una programmazione consapevole nella formazione delle figure sanitarie, creare modelli di riferimento per la pianificazione.
 
Anche in questo caso l'approccio metodologico è stato rigoroso con work packages correlati tra loro orizzontalmente e verticalmente, gruppi di lavoro, gruppi di controllo sottolineando ulteriormente l'importanza dell'organizzazione e del metodo come funzionale al risultato.
 
L'Anaao Assomed ha chiesto e ottenuto di divenire Collaborating Partners della Joint Action. Parteciperà agli studi e contribuirà, in qualità di rappresentante di medici ospedalieri e di medici in formazione, a modellare e migliorare quella che potrà essere l'organizzazione sanitaria del futuro in Italia ed in Europa.
 
In ultimo possiamo pensare che il taskshifting, nato per sopperire alla carenza di personale qualificato nelle zone più povere e disagiate del pianeta, diviene però realtà consolidata e apprezzata quando si opera in contesti umanitari. Cosa cambia in quei momenti? Il confronto con modelli organizzativi internazionali consolidati nel tempo (come verificato personalmente durante una esperienza presso l'ospedale di Haiti in collaborazione con equipes americane)? L'assenza del peso della responsabilità professionale? La situazione di emergenza che costringe a far necessariamente affidamento alle sole risorse umane?
 
Quanto esposto finora vuole far emergere l'importanza dell'uso del rigore e della logica quando si decide di modificare modelli organizzativi consolidati nel tempo.
Non necessariamente un approccio filosofico al problema offre la soluzione esatta ma sicuramente offre un ventaglio di soluzioni ragionate e consapevoli, prepara ai limiti e rischi a cui si può andare incontro.
 
Le ricerche svolte finora sul task shifting a livello internazionale sicuramente non hanno ancora offerto soluzioni universalmente condivisibili, portato a cambiamenti drastici di politica sanitaria, o al delinearsi di profili e competenze definite. Ma dobbiamo ricordarci che è impossibile perseguire con certezza un tale obiettivo considerando che la medicina, la tecnologia in medicina, la definizione di salute e il tipo di malato sono in continua evoluzione.
Qualunque soluzione sarà in divenire, l'importante è mantenere l'esercizio di guardare il mondo sanitario (e non) che cambia attorno a noi. Una continua semeiotica del sistema salute.
 
Il comma 566 della Legge di Stabilità è dunque l'ennesimo atto pieno di parole, ma povero di contenuti. Eppure anche Leonardo da Vinci nella sua genialità si concedeva studi preparatori.
Possiamo immaginare di poter fare altrettanto?
 
Alessandra Spedicato
Direttivo nazionale Anaao Giovani - Vicecoordinatrice Settore Anaao Giovani
 
Michela Piludu
Responsabile Settore Anaao Giovani Regione Sardegna

17 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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