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Il paziente è nella condizione più debole. Noi medici non dobbiamo dimenticarlo mai 

di Carla Olivieri

01 SET - Gentile direttore,
ogni volta che mi sento esausta dopo un turno massacrante o anche prima di iniziare un turno, perché a volte non si riesce a recuperare la stanchezza del turno precedente, mi ripeto che la condizione più difficile è quella di chi ha bisogno delle nostre cure (dei pazienti, di chi sta male).

Quando si parla di malasanità in termini scandalistici non si fa un bel servizio né alla sanità né ai cittadini, si fa solo una operazione giornalistica per vendere qualche numero in più. Abbiamo uno dei servizi sanitari migliori al mondo e chi, come me, ha potuto vedere e toccare il livello dell’assistenza sanitaria in vari paesi del mondo, sa che è vero; ma questo non significa automaticamente che le persone siano assistite “bene”.

Il nostro Sistema sanitario è bello sulla carta ma, come la nostra bellissima Costituzione che garantisce tra gli altri il diritto alla salute, difetta nella fase dell’attuazione. I troppi interessi che si intrecciano sul campo della sanità non permettono di mettere la persona al centro dell’attività assistenziale. In questa situazione reale, per quanto sconosciuta fino a che si gode buona salute, chi ne fa le spese sono proprio i pazienti; la colpa di tutto ricade su chi lavora cercando di far sopravvivere una sanità pubblica sempre più traballante sotto i colpi dei tagli indiscriminati di chi governa.

I tagli sono stati fatti senza tener conto degli obiettivi della sanità e senza confronto con i cittadini e i lavoratori del settore; in questo modo non si sono tagliati mai i privilegi e gli sperperi ma solo i servizi. Quando dicono che non si tagliano i servizi e poi si lasciano servizi senza personale si fa una politica sanitaria disonesta; di fatto si tagliano i servizi e si lasciano i lavoratori a gestire situazioni ingestibili, con turni massacranti e senza mezzi.

Io credo che, come in altri settori, sia necessario che i cittadini trovino forme di organizzazione, di associazione, per far valere i propri diritti, per chiedere conto a chi dirige le strutture , gli ospedali, i servizi del territorio, ai politici di turno. Il singolo cittadino spesso non ha la forza psicologica e la capacità di districarsi nei percorsi burocratici, soprattutto quando si trova nella condizione più debole di malato o parente di persona malata; in questi casi la rabbia prende il sopravvento ma non risolve il problema, anzi, aumenta la sensazione di impotenza e di abbandono, di umiliazione.

Le associazioni di cittadini possono fare molto per sollevare il problema del diritto alla salute e la garanzia di una buona sanità pubblica; come lavoratrice della sanità credo che troveranno nei professionisti della sanità onesti i migliori alleati, consapevoli che prima o poi saremo tutti pazienti.
Questo mio intervento non intende difendere il comportamento caratterizzato da scarsa sensibilità o di maleducazione, che va sempre denunciato e condannato, di qualche professionista; voglio solo stimolare un dibattito costruttivo e propositivo perché la contrapposizione paziente- infermiere o paziente- medico non risolve i problemi dei livelli di assistenza a cui i politici e gli amministratori devono dare risposta adeguata da troppo tempo.

Carla Olivieri
Anestesista Rianimatore Ravenna
 

01 settembre 2012
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