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C’è un limite alla “cattiva” politica in sanità?

di Claudio Maria Maffei

09 GIU -

Gentile Direttore,
l’appassionato dibattito sulla crisi e relativi rimedi del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è ovviamente influenzato dalle esperienze e dal ruolo di ognuno dei partecipanti. Chi vive ad esempio più direttamente la sanità della Lombardia è naturalmente portato a ragionare sull’ingombrante e aggressivo ruolo del privato, come chi vive giornalmente il ruolo del Medico di Medicina Generale è portato a confrontarsi sulla evoluzione di questa figura in rapporto alla attesa evoluzione delle strutture e dei servizi previsti nel Piano di Ripresa e Resilienza.

Chi vive e opera nelle Marche invece è trascinato quotidianamente a interrogarsi sul rapporto tra politica e professionisti e soprattutto tra politica e bisogni dei cittadini all’interno della sanità regionale.

E’ di questi ultimi giorni un episodio molto significativo avvenuto nella Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche, con sede ad Ancona, che ha trovato spazio anche nella stampa locale. Una unità operativa di questa Azienda dell’area onco-ematologica ha fatto circolare tra i pazienti e i familiari un avviso in cui informava sugli effetti sulla qualità dell’assistenza della riduzione dei posti letto di ricovero ordinario da 12 a 8 disposta dalla Direzione della Azienda per problemi di carenza di personale e gestione (immagino) del piano ferie.

Al tempo dei social questo avviso esposto negli spazi della Unità Operativa ha avuto una ampia immediata diffusione (immagino anche in questo caso del tutto non voluta) con quel “danno di immagine” che a volte sembra essere l’unica cosa che interessa la politica.

Tanto è vero che l’Assessore alla Salute Filippo Saltamartini è immediatamente intervenuto per mettere una pezza alla situazione, Assessore che ha commentato davanti alle telecamere di una televisione locale che l’avviso fatto circolare dagli operatori era “uno svarione da stress” in fondo manco tanto giustificato.

Proviamo a dare un senso a questo episodio in modo da dargli un significato più generale che ci aiuti a capire il rapporto tra politica e sanità a livello regionale e quindi nazionale.

Per inquadrarlo dobbiamo fare una breve analisi innanzitutto della situazione dell’Ospedale in cui è avvenuto l’episodio: l’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche con sede ad Ancona.

Ho già avuto modo di recente di commentare qui su QS come mai nel giro di pochi mesi questa Azienda (attualmente distribuita su due presidi, la struttura “generale” con sede a Torrette, fuori città, e la struttura ginecologico-pediatrica con ancora per qualche anno sede nel centro della città) sia passata dall’essere considerato il miglior ospedale pubblico d’Italia a un ospedale in gravissima crisi per carenze di personale per inadeguata programmazione regionale.

In estrema sintesi, l’Azienda ha una dotazione organica e un tetto di spesa del personale inadeguati rispetto alle funzioni che deve svolgere. Quanto previsto per garantire il piano ferie nella Azienda Ospedaliera delle Marche è frutto di questa situazione di cui però la politica non si sente responsabile, come prevedibilmente fatto presente dall’Assessore alla stampa locale, Assessore che ha attribuito la vicenda in questione e tutti i problemi della sanità regionale ai tetti di spesa imposti dal livello centrale.

Peccato che in larga misura la grave situazione della sanità delle Marche sia fortemente influenzata dalle scelte di politica sanitaria (se politica si può chiamare) della attuale Giunta di centrodestra.

Ne è prova il nuovo Piano Socio Sanitario Regionale di recente approvato dalla Giunta, il 25 maggio 2023 e quindi meno di un mese fa. In questo Piano nulla si dice delle criticità della Azienda Ospedaliero-Universitaria di Torrette e nulla si dice sulle altrettanto grandi criticità della rete oncologica ed ematologica, testimoniate in modo drammatico dalla difficoltà di presa in carico da parte delle Unità Operative che ne fanno parte del monitoraggio dei loro pazienti, cui raramente si riesce ad offrire il percorso “assistito” di visite e controlli di cui hanno bisogno.

Questi pazienti spesso si sentono dire frasi come “a questo esame dovrebbe pensarci lei con il suo medico”. Come spesso a questi pazienti e ai loro familiari nella fase pure importante della palliazione non si riesce a offrire un percorso “assistito” che eviti ricoveri impropri in degenze non dedicate o peggio ancora un ricorso al Pronto Soccorso.

Su questi temi nulla, sottolineo nulla, si dice nel Piano approvato dalla Giunta, Piano che era la sede naturale per quelle razionalizzazioni di sistema (in particolare della ipertrofica perché mal distribuita) rete ospedaliera indispensabile per liberare risorse per i servizi ospedalieri critici e per i servizi territoriali.

Nello stesso tempo, contro la normativa e contro il buon senso, il Piano “crea” sei nuovi Pronto Soccorso gestiti dal Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) territorialmente competente. Quattro di questi non avrebbero dietro nemmeno un ospedale per acuti, ma un Ospedale di Comunità “rafforzato” (anche di questo ho recentemente scritto qui su QS). Questa soluzione contro la norma viene riservata esclusivamente ad aree di interesse elettorale della attuale Giunta.

Forse è utile ricordare come nella vicina Emilia-Romagna si stia prendendo la strada opposta rispetto a questa con la creazione delle strutture territoriali per le Urgenze a bassa complessità (CAU), come riportato qui su QS tre giorni fa.

Claudio Maria Maffei



09 giugno 2023
© Riproduzione riservata

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