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La manifestazione del 27 e gli infermieri. Aderiamo, ma i medici sono pronti a rimettersi in gioco?

di Fabrizio Moggia

25 OTT - Gentile direttore,
scrivo a proposito dell’adesione degli infermieri alla manifestazione del 27 ottobre, indetta dai sindacati medici a seguito delle norme in discussione e che impattano sul Servizio Sanitario Nazionale. Naturalmente, a scanso di ogni e qualsiasi equivoco, gli infermieri dell’Aniarti – Associazione nazionale infermieri di area critica - condividono le motivazioni di fondo, etiche e “di cittadinanza”, della manifestazione. Il pericolo dello smantellamento del sistema salute del Paese, insito nelle misure economiche, giustificate con l’urgenza finanziaria pubblica, è troppo elevato. Su questo tema è necessaria una mobilitazione delle consapevolezze e delle coscienze dei cittadini.
 
Questa manifestazione, però, è indetta con alcune motivazioni di specifico sindacalismo medico, il che ne limita inevitabilmente la portata anche valoriale: chi partecipa sostiene quegli obiettivi. E’ innegabile che ve ne sono altri che vengono sottaciuti e che sarebbe stato importante esplicitare, se la finalità fosse, fino in fondo, la salvaguardia del Sistema Sanitario pubblico contro le norme proposte dal Governo.
 
Nell’occasione, gli infermieri – e l’Aniarti – non possono, purtroppo ancora una volta, non rilevare dei dati di fatto sui quali con troppa superficialità si soprassiede sempre e sul fatto che si continua a ragionare per compartimenti stagni, anche su argomenti potenzialmente esiziali per la convivenza.
 
Per chiarezza, gli infermieri vivono disagio nel constatare che:
- il fatto che i sindacati dei medici, anche quelli di sigle che comprendono tutte le categorie di lavoratori, ritengano di poter indire, da soli, una manifestazione “per la difesa del Servizio Sanitario Nazionale”, significa purtroppo che essi si considerano rappresentativi del sistema stesso. Mentre è evidente che non è così;
- i punti focali della manifestazione sono centrati ancora quasi esclusivamente sul curare e rimane in penombra l’evidente priorità attuale del prendersi cura; che sono centrati sulle condizioni di lavoro dei medici (palesemente condivise anche da altri operatori…), sulla continua enfasi posta sull’autonomia piuttosto che su altri aspetti profondi dell’attività sanitaria di oggi ecc.
 
Un tanto, non per sfuggire alla gravità delle norme che tracciano una tendenza sociale che incrina le idealità faticosamente conquistate dal basso in passato.
E’ evidente, a chi vuole vedere, che gli infermieri italiani, al di là delle loro inevitabili lacune, immersi nella scarsa stima loro riservata e con i modestissimi mezzi messi loro a disposizione, hanno costruito, senza timore di smentite, buona parte della qualità di un sistema sanitario valutato come eccellenza mondiale.
Perciò anche a noi fa male vedere la pervicace disattenzione, più o meno esplicita e strutturata, nei confronti del Sistema Sanitario Nazionale; ci abbiamo messo passione, partecipazione, attenzione all’Uomo. Anche noi lo difendiamo tutti i giorni con il nostro personalizzare l’assistenza ai singoli malati e ideando ed assistendo con le nostre cure un’organizzazione delicatissima.
 
Ivan Cavicchi, è uno dei pochissimi intellettuali italiani capace di leggere anche gli infermieri nel contesto sanitario, senza retorica né sconti, con la consapevolezza che la estrema complessità del sistema salute non è dominio e pertinenza di una parte, ma deve essere responsabilità di tutto l’insieme. Cavicchi ha “sempre sostenuto la co-evoluzione delle professioni medica ed infermieristica, cioè il valore della relazione interprofessionale”; cosa che gli infermieri non hanno mai messo in discussione, anzi hanno sempre sottolineato e reclamato.
La visione che orienta gli infermieri continua ad essere non l’autonomia propria, non i propri interessi, ma prima di ogni altra cosa l’interdipendenza, l’integrazione delle competenze e delle responsabilità, nella convinzione che solo da tale modalità può derivare, nel cercare la salute, il bene comune.
 
Questo spiega le ragioni per cui gli infermieri hanno scelto di aderire ai valori sottesi alla manifestazione, ma di non scendere in piazza. 
Perché infatti, chiamare gli infermieri solo adesso, a manifesto molto schierato ed ampiamente diffuso e non avere invece, deciso all’origine del progetto di condividerne valori di fondo, obiettivi e strategie anche con gli infermieri, come con gli altri operatori e con i cittadini tutti, facendosi semplicemente promotori di una presa di posizione civile e non di parte interessata?
Questa è la domanda vera che gli organizzatori di questa manifestazione e questo paese dovrebbe porsi, visto che è lapalissiano, a chi abbia solo voglia di vedere, che cosa gli infermieri pensano – da sempre – del servizio sanitario pubblico e come e a che prezzo lo sostengono.
Questa è la domanda che gli infermieri si aspetterebbero da questo paese, finalmente! Invece…
 
Gli infermieri saprebbero mettere in chiaro, onestamente, anche altre richieste, ben più profonde, trasversali, di vero interesse collettivo, richieste per rimettere in discussione posizioni inveterate e considerate indiscutibili. Posizioni che, invece, gli infermieri ritengono esse stesse parte dei problemi che richiedono un riordino del nostro sistema salute.
 
Non si tratta qui di non voler collaborare: troppo facile l’accusa. Figurarsi: gli infermieri, come onestamente riconosce Cavicchi, hanno sempre collaborato fin troppo, a 360 gradi su tutto, anche contro i propri “interessi” ed anche nonostante gli ostacoli insensatamente frapposti da molti… 
E non si tratta di indifferenza politica. Anzi! Si tratta di chiarezza politica, nel senso più profondo e nobile di questa parola, se “politica” ha ancora un senso in una società che sembra orientata, nella indifferenza più sconcertante, alla ricerca dell’interesse di parte più che del bene comune.
Gli infermieri intendono smarcarsi dal sostenere un interesse di parte per richiamare con forza ancora maggiore un “interesse” primario ben più ampio.
 
La sfida che l’equivocità della manifestazione fa emergere è questa: sono tutti, disposti a rimettere in gioco il proprio ruolo, le prerogative insostenibili e solo consuetudinarie, di fronte ad un mondo che è cambiato profondamente? Se è vera l’iniquità delle misure in discussione, è altrettanto vera la necessità di un radicale ripensamento dei modi con cui i professionisti agiscono il sevizio, affinché diventi realmente una risposta dignitosa per le richieste, le esigenze, dei cittadini, delle Persone dell’oggi. Non si tratta di rinunce. Si tratta di coraggiose conquiste. Per questo, gli infermieri ci sono!
 
Fabrizio Moggia
Presidente Aniarti (Associazione nazionale infermieri di area critica)
 


25 ottobre 2012
© Riproduzione riservata

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