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Problemi etici in medicina neonatale

di Daniele De Luca e Mons. Renzo Pegoraro

21 DIC - Gentile direttore,
la medicina intensiva neonatale ha compiuto passi da gigante nel corso della sua breve storia e può ottenere risultati inimmaginabili solo pochi anni fa. Tuttavia, con l’aumento della nostra conoscenza e delle possibilità tecniche sono anche aumentati i problemi di natura bioetica e questo porta ad un “rallentamento” della disciplina, con conseguenze cliniche eticamente rilevanti e malattie neonatali ad oggi orfane (figura).



I temi principali sono certamente:

1) l’importanza della comunicazione e collaborazione multidisciplinare: essa è fondamentale giacché la cura dei piccoli pazienti inizia prima della nascita e molte terapie sono ormai possibili già dalla vita fetale e richiedono un successivo continuum postnatale. La multidisciplinarità è fondamentale anche perché la medicina intensiva neonatale è oggi una branca che utilizza conoscenze tipiche del “critical care” dell’adulto, sia pur adattate e “miniaturizzate”, condivise con quelle dell’ostetricia, della chirurgia pediatrica e, in minor misura, di altre specialità.

2) La mancanza di sufficiente innovazione e ricerca per “evitare, tra vent’anni, di curare i neonati, come facevamo vent’anni fa”. Questo tema è oggi trattato dalla Lancet Commission for the Future of Neonatology, che vede il contributo di vari esperti ed enti da varie parti del mondo, riscontrando tendenze preoccupanti. Le ragioni sono multifattoriali e risiedono in una scarsa attenzione degli specialisti alle tante malattie neonatali orfane, lo scarso interesse delle istituzioni pubbliche e delle aziende alla dimensione molto piccola del “mercato” neonatale, nonché la eccessiva burocrazia che rallenta la ricerca senza proteggere i neonati dalla … mancanza di ricerca.

3) L’evidente disuguaglianza tra le cure neonatali fornite in diversi Paesi del mondo e, a volte, anche tra diverse regioni dello stesso Paese, come accade in Italia. Questo pone interrogativi etici che dovrebbero guidare le scelte politiche e che sono particolarmente importanti per i bambini che sopravvivono grazie alle cure intensive neonatali disponibili ed hanno bisogno di successiva assistenza specialistica e supporto di lungo-periodo.

4) La perdita di una leadership medica in neonatologia. Il neonatologo dovrebbe essere il primo medico della vita, ma manca un pieno riconoscimento di tale specialità che spesso è insegnata in modi e con percorsi diversi. L’Italia di certo non vede un riconoscimento pieno ed avanzato della neonatologia come specialità come invece avviene in altri Paesi. Questo richiede una presa di coscienza dei neonatologi per svolgere un ruolo di leadership nella salute dei piccoli pazienti.

5) Le barriere allo sviluppo industriale di farmaci o dispositivi medici dedicati od almeno precipuamente adattati alle necessità dei neonati. La stessa normativa che riconosce le peculiarità neonatali ha rappresentato un ostacolo rendendo più difficile lo sviluppo di strumenti dedicati ai pochi neonati affetti da patologie rare (se ne era parlato su Quotidiano Sanità). Recentemente la Commissione Europea ha recepito questo problema e concesso delle deroghe, ma il problema di fondo resta. Stime parlano della necessità di oltre 20 anni per completare uno sviluppo farmacologico completo che consenta di mettere sul mercato un nuovo farmaco e questo ovviamente non è nell’interesse dei piccoli pazienti.

Vi sono inoltre problemi già noti, ma non meno importanti, come, la distanza tra ciò che è tecnicamente possibile e ciò che è eticamente consigliabile ora che le tecniche di medicina e chirurgia, sia fetale che neonatale, si moltiplicano. Questo problema si collega con la necessità di centralizzare i pazienti più fragili e vulnerabili in pochissimi centri di eccellenza che abbiano a disposizione tutte le professionalità e strutture necessarie. Ciò investe di problemi etici anche l’insegnamento della neonatologia e la regionalizzazione delle cure. È infatti eticamente difficile accettare che due professionisti abbiano lo stesso titolo avendo avuto percorsi ed esperienze professionalizzanti significativamente diversi. Similmente non è etico suddividere pazienti in molti centri, e in Italia ci sono ancora troppe sale parto con meno di 1000 nascite/anno.

Di tutti questi temi si è parlato, con la partecipazione di ventuno esperti Europei ed internazionali, nel recente convegno “Bioethical Issues in Neonatal Critical Care” organizzato dalla Pontifica Accademia per la Vita in collaborazione con il Centro di Bioetica e Scienze della Vita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si è trattato di un evento unico nel suo genere ed il primo, speriamo, di una serie di iniziative che possano accendere la luce sulle criticità etiche della medicina neonatale al fine di una sua crescita per il bene dei pazienti più piccoli e fragili. Essi meritano una maggiore attenzione sia da parte dei medici che degli altri professionisti sanitari ma anche di eticisti, dell’industria e delle istituzioni pubbliche.

Prof. Daniele De Luca
Ordinario di Neonatologia – Università Paris Saclay
Immediate Past President – European Society for Pediatric and Neonatal Intensive Care (ESPNIC)

Mons. Renzo Pegoraro
Bioeticista
Cancelliere – Pontificia Accademia per la Vita

21 dicembre 2023
© Riproduzione riservata

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