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I disturbi alimentari tra scarse risorse e un approccio clinico/penale

di Andrea Angelozzi

18 GEN -

Gentile Direttore,
la questione relativa al finanziamento ministeriale per il trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare presenta molti aspetti meritevoli di attenzione. A fronte della ipotesi di un mancato finanziamento per il 2024, Quotidiano Sanità segnala le tempestive precisazioni del Ministro Schillaci alla Camera, in risposta a specifica interrogazione.

Il Ministro segnala tre punti. Il primo è che di fatto le Regioni hanno speso solo una parte dei fondi destinati a questo ambito; il secondo è che il trattamento dei DCA in attuazione dei nuovi LEA, rappresenterà un diritto esigibile dal SSN per i pazienti affetti, che potranno quindi beneficiare degli interventi appropriati in materia; il terzo è che, nelle more della operatività dei nuovi LEA, il Ministero metterà a disposizione, per il 2024, 10 milioni di euro.

Purtroppo queste tre notizie, più che rappresentare una risposta, a mio parere rischiano di segnalare tre problemi. Il primo è che la mancata spesa del finanziamento è un dato importante e grave, in cui sarebbe molto utile sapere quale è stato il comportamento delle singole Regioni e quali i motivi di tale mancanza, in particolare se dovuta alla presenza di altre risorse, alla carenza di problematiche in quel territorio, o ad una grave disattenzione nei confronti del problema. Si tratta di aspetti diversi, dove un chiarimento potrebbe aiutare ad affrontare meglio il problema e non rimanervi impantanati per il futuro.

Il secondo è che la formalizzazione di un nuovo diritto esigibile dai pazienti, senza che sia definita una rete adeguata di servizi in grado di poterli erogare con adeguate risorse, rischia di finire come una enunciazione di princìpi, senza alcuna effettiva attuazione nella quotidianità. La Salute Mentale è ricca di prestazioni esigibili nei LEA che di fatto non sono erogabili, perché non ci sono né servizi né personale che possa erogarle. Il terzo è che comunque il finanziamento quest’anno sarà minore, e se qualche Regione lo utilizzava adeguatamente quest’anno avrà difficoltà, e se altre non lo utilizzavano, non saranno certo in grado di migliorare l'attività dei servizi in vista dei nuovi LEA.

La quarta notizia problematica la troviamo sempre in Quotidiano Sanità e rimanda alla presentazione di un apposito Disegno di Legge, naturalmente a costo zero, che si propone di completare le iniziative in atto per tali patologie.

Solo qualche giorno or sono sempre Quotidiano Sanità aveva ospitato una mia lettera in cui evidenziavo la fragilità dei tanti documenti regionali e nazionali che, senza essere né norma né scienza, danno indicazioni in ambito clinico, descrivendo percorsi per i quali non sono però definite quali siano le risorse effettive dei servizi che dovrebbero attuarli.

Il nuovo Disegno di Legge rappresenta in questo senso una lettura estremamente interessante, perché, accanto ad aspetti ormai consueti, troviamo anche aspetti del tutto nuovi.

Se scorriamo il testo ritroviamo un elemento classico: affidare ai servizi già esistenti nelle ASL ormai ridotti a livelli minimi per quanto riguarda il personale e le possibilità di intervento, questo ulteriore onere (che peraltro già attualmente in gran parte svolgono), senza tuttavia a questo punto poter contare su alcun finanziamento aggiuntivo. Sia che queste strutture siano integrate all’interno dei Dipartimenti di Salute Mentale o sia che costituiscano organizzazioni specifiche ed autonome, l’unica cosa che a questo punto cambia è quanto avranno in meno, cioè quelle poche risorse ministeriali che i finanziamenti attuali in qualche misura garantivano, destinate soprattutto al personale.

Un altro classico è riferirsi alla prevenzione, per cui diventa risolutiva una educazione sanitaria ed alimentare e la attivazione di incontri e dibattiti che sensibilizzino la popolazione e spingano i giovani interessati ad affrontare un percorso di cura (anche se a questo punto non si capisce dove ed attuato da chi ..). Duole vedere che la prevenzione, che era un punto innovativo solo pochi anni or sono, è diventato ormai un mantra salvifico specifico e soprattutto economico. Qualcosa da sviluppare non a completamento, ma al posto di processi di presa in carico e cura, garantita nella sua efficacia universale dalla psicologia popolare, ma lontana da quanto le metodologie ed i dati che la letteratura descrivono.

In questo senso diventa essenziale anche l’istituzione della ennesima giornata nazionale celebrativa, in cui per 24 ore le varie figure istituzionali potranno richiamare l’importanza del tema e ricordare che è in cima alla agenda degli impegni.

Tre invece sono gli elementi nuovi.

Vi è la premessa eziopatogenetica, dove una letteratura infinita viene condensata nel sicuro richiamo in primo luogo a fattori socioculturali e poi genetici.

E vi è una relazione annuale al parlamento che non verte su cosa effettivamente viene fatto, con quali risorse e per chi, ma sullo stato delle "conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche” su questi disturbi, “con particolare riferimento ai problemi concernenti la diagnosi precoce e il monitoraggio delle complicanze”, trasformando una sede politico legislativa in uno spazio scientifico congressuale.

Ma soprattutto sono colpito della introduzione e della rilevanza dell'intervento penale, diretto a chi in qualunque maniera istighi ad una cultura del disturbo alimentare.

Non so se in questo ambito rientreranno i vari sostenitori delle diete chetogeniche o del digiuno intermittente.

Non è questo il problema ma quello di incentrare una legge, che vuole occuparsi di patologie e pazienti, sulla possibile istigazione al sintomo, quasi che i poveri pazienti non siano in grado di produrli da sé e come se questa patologia fosse nata con internet.

Ma soprattutto mi preoccupa che la risposta alle risorse mancanti sia rappresentata da questo approccio clinico/penale. A questo punto consiglio cautela ai colleghi che chiedono risorse per la salute mentale, per non trovarsi con risposte che si incentrano sulla repressione della istigazione alle allucinazioni o al delirio, o peggio ancora alla depressione.

Sto già pensando ai processi per i tanti sostenitori della equivalenza romantica fra genio e follia, che saranno costretti alla latitanza per non trovarsi in carcere per il grave reato di patografia.

Andrea Angelozzi

Psichiatra



18 gennaio 2024
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