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La professione del Tsrm e leggi vigenti che la regolamentano

di Giampiero Cimino 

12 MAR - Gentile Direttore,
un ulteriore spunto di riflessione sul sempre attuale dibattito relativo ai problemi interpretativi delle norme che regolamentano il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie, con particolare riferimento ai Tecnici Sanitari di Radiologia Medica, non può prescindere da un’analisi del Decreto Legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della Direttiva 2013/59/Euratom in tema di radiazioni ionizzanti, tirato in ballo dall’intervento del collega Antonio Alemanno nell’articolo del 1° marzo del corrente anno.

Si tratta di un testo che, per espressa sua previsione, avrebbe dovuto limitarsi a fissare “le norme fondamentali di sicurezza uniformi relative alla protezione sanitaria delle persone soggette ad esposizione professionale, medica e della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti”, secondo quanto si legge all’articolo 1 nella sua formulazione originaria che ne puntualizza l’oggetto. Il successivo articolo 2, comma 1 poi ne determina meglio anche il campo di applicazione restringendolo “a qualsiasi situazione di esposizione pianificata, esistente o di emergenza che comporti un rischio di esposizione a radiazioni ionizzanti che non può essere trascurato”.

Giova a riguardo ricordare che l’Italia è stata deferita e poi condannata il 14 gennaio 2021, con sentenza della nona Sezione della Corte di Giustizia Europea, in quanto inadempiente per mancato recepimento della Direttiva in questione entro il termine prescritto di 5 anni, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 106 bis del Trattato Euratom con l’articolo 258 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

L’Italia è quindi venuta meno agli obblighi ad essa incombenti, unico Stato dell’Unione Europea a non aver adottato nei termini prescritti alcuna norma di recepimento in materia di Radioprotezione, non avendo neppure comunicato alla Commissione il testo di altre disposizioni sostitutive di diritto interno eventualmente adottate. Nel controricorso la Repubblica Italiana, per giustificare il rallentamento dell’iter di recepimento, ammetteva candidamente di avere incontrato non meglio precisate difficoltà nel trovare un accordo politico e amministrativo sul testo in esame.

Una conferma di questa imbarazzante situazione è stato il varo delle disposizioni integrative e correttive contenute nel Decreto Legislativo 25 novembre 2022, n. 203, che non risolvono comunque la controversia in quanto la Direttiva Europea, trattando di materia dettagliata contenente disposizioni precettive chiare e precise che non lasciano margini di apprezzamento per la loro trasposizione, andrebbe applicata, con valore vincolante, direttamente come semplice traduzione del testo originario, al pari delle Raccomandazioni.

Il Decreto Legislativo 101/2020 è in realtà una coacervo ipertrofico, addomesticato ad usum delphini, di complessivi 245 articoli, con aggiunta di ben 136 articoli in più rispetto agli originali 109, per non parlare degli allegati passati da 19 a 35, che offrono lo spettacolo poco lusinghiero di un insieme di norme talora contraddittorie e quindi inapplicabili. Una considerazione finale, ma non per questo meno rilevante, va fatta anche invocando la pertinenza di due brocardi che richiamano i principi giuridici della specialità e della temporalità.Il primo è lex specialis derogat generali che può essere chiamato a sostegno dell’opportunità dell’applicazione della Legge 251/2000, e del collegato Decreto Ministeriale 746/94, in quanto trattasi di norme speciali che prevalgono sulle norme generali del Decreto Legislativo 187/2000, peraltro ormai abrogato, e del Decreto Legislativo 101/2020, che lo ha sostituito, e che nella formulazione in lingua originaria si occupano di tutt’altra materia, certamente non dell’agire professionale. Il secondo è lex posterior derogat priori e quindi essendo stata la Legge 251/2000 posteriore al Decreto Legislativo 187/2000 avrebbe dovuto per il passato abrogare implicitamente la norma precedente.

Riunendo i due brocardi in uno, che operano rafforzandosi per reciproca azione, nella formula di lex specialis posterior derogat priori generali si può cogliere la reale portata del valore di norme mal formulate e di dubbia correttezza e che, ragionevolmente, andrebbero senz’altro disapplicate. L’unico limite di rilievo che ravviserei sull’agire professionale è quello della necessità di una prescrizione, che non bisogna dimenticare è rivolta al Tecnico e non ad altri operatori sanitari, contenente un quesito clinico, con possibilità anche di negare la prestazione quando se ne constati la palese incongruità.

L’argomentare fin qui sostenuto, lungi dal voler caldeggiare una verità assoluta, vuole rappresentare, con beneficio del dubbio, solo un punto di vista personale, su cui aprire anche un contraddittorio che ne metta alla prova la fondatezza, con un dibattito aperto e in un clima di auspicabile sereno confronto di opinioni diverse.

Giampiero Cimino
Vice Presidente Commissione d’Albo Tecnici Sanitari di Radiologia Medica di Enna

12 marzo 2024
© Riproduzione riservata

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