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Troppi farmaci agli anziani… e poca aderenza

di Saffi Giustini

31 AGO - Gentile direttore,
dalla letteratura internazionale sappiamo che “ogni anno si spendono in Gran Bretagna 706 milioni di euro per il solo prolungamento della degenza ospedaliera causato da eventi avversi da farmaco (a) e che ogni anno si spendono 2 miliardi di dollari australiani per eventi avversi da farmaci insorti in ospedale (b)”.
 
L’epidemiologia ci dice che:
 
-Dal 3% al 28% di tutte le ammissioni in ospedale sono relative a reazioni avverse a farmaci.
 Il 5% - 20% dei pazienti sperimenta una reazione avversa durante l’ospedalizzazione.
 
-I pazienti anziani (> 65 anni) hanno una probabilità 2.5 maggiore di avere una reazione avversa che richiede una visita di emergenza, a paragone con la popolazione generale, ed una probabilità 8 volte maggiore che questa richieda la ospedalizzazione.
 
-Farmaci con stretto indice terapeutico e/o quelli che richiedono il monitoraggio della terapia riguardano il 41,5 % di tutte le ospedalizzazioni indotte da farmaco.
 
-Quasi 2/3 delle reazioni avverse che richiedono una ospedalizzazione sono state ritenute potenzialmente prevenibili.
 
Oggi prescrivere farmaci sta diventando sempre più difficile e ciò aumenta il rischio di reazioni avverse e di interazioni tra farmaci (c).
 
L’uso dei farmaci andrà sempre più aumentando perché la popolazione invecchia, si tende in ogni modo a ridurre la durata dei ricoveri, saranno disponibili farmaci innovativi (vedi i cd “biologici), si ricorrerà ad un impiego estensivo di farmaci da banco, aumenterà l’uso di farmaci per prevenire malattie. Perché è necessaria un cultura delle reazioni avverse a farmaci?
Il principale scopo della segnalazione di un evento avverso è quello di “imparare dalla esperienza” e condividere tale esperienza in modo che altri “possano evitare” che lo stesso evento indesiderato accada (d).
 
Aumenta la popolazione di anziani, soggetti a maggior “rischio” per la concomitanza di polipatologie e l’uso di politerapie e non sempre i medici specialisti sono a conoscenza dei politrattamenti e delle possibili e prevedibili interazioni tra farmaci.
 
A questo fine è necessario uno sforzo da parte di tutti gli operatori sanitari per riconoscere, il più rapidamente possibile nuove reazioni avverse, migliorare ed allargare le informazioni su sospette o già note reazioni, valutare i vantaggi (o gli svantaggi) di un farmaco su altri o su altri tipi di terapia, comunicare l’informazione in modo da migliorare la pratica terapeutica.
 
Le sperimentazioni cliniche randomizzate e controllate sono sufficienti a valutare l’efficacia di un farmaco, ma sicuramente non abbastanza protratte per valutarne la sicurezza: soprattutto per i farmaci utilizzati in trattamenti prolungati, che richiedono studi di lunga durata, in quanto solo così è possibile evidenziare potenziali eventi avversi ritardati.
 
Spesso gli operatori sanitari non segnalano le reazioni avverse per l’erronea convinzione che siano commercializzati solo farmaci sicuri, per il timore di essere coinvolti in cause legali, per un senso di colpa per aver procurato danni al paziente a causa del trattamento prescritto.
Insomma. Nuovi farmaci: studi clinici insufficienti per la sicurezza e vecchi farmaci grande esperienza della pratica clinica ma poca dimestichezza con la segnalazione spontanea. Solo dalle segnalazioni provenienti dalla comune pratica clinica derivano le “evidenze” della “medicina di realtà” e le valutazioni nel più lungo periodo della sicurezza dei farmaci.
 
Che fare? Comunicare in maniera trasparente e trasferire informazioni sui farmaci con particolare riferimento a appropriatezza di impiego secondo i principi della medicina basata sulle prove di efficacia; al profilo di sicurezza dei farmaci e segnalare le sospette ADR.
 
 
 
Saffi Giustini
 
Medico di famiglia ASL 3 pt
Consulente AIFA Cure Primarie
SIMG Area Farmaco

31 agosto 2013
© Riproduzione riservata

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