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La "guerra" tra medici e infermieri. Stavolta dissento da Cavicchi

di Piero Caramello

04 DIC - Gentile direttore,
leggendo spesso gli interventi del professor Cavicchi, ho sempre apprezzato la sua capacità di vivacizzare il dibattito all’interno del mondo della sanità. Nel quasi 100% dei casi ho sempre finito di leggere concordando appieno alla sua analisi ma questa volta, su quest’ultimo articolo mi sento di dissentire. La sua analisi, assolutamente precisa nel merito, non tiene conto della particolare situazione che caratterizza la nostra sanità: la medico-centralità. Non credo sia semplicemente un problema di competenze, credo come dice Cavicchi, sia un problema di riconoscere il ruolo.
 
Cavicchi giustamente punta il dito verso tutti coloro che non hanno saputo governare la svolta epocale che ha portato la mia professione da ausiliaria a autonoma, mi chiedo: non hanno saputo, voluto o potuto? Inoltre, volendo riconoscere a chi governa la mia professione un errore (o più di uno se vuole), forse il sistema di comunicazione professionale non ha funzionato, forse le centinaia di migliaia di infermieri che lavorano in questo paese non sono state adeguatamente informate/formate al cambiamento, forse…
 
I puntini di sospensione non sono buttati a caso ma inevitabilmente voluti dal momento che sicuramente nessuno ha cercato di migliorare la nostra situazione professionale perché a nessuno conveniva far crescere una professione, troppo alta la torta da spartire? Credo che mi concederà questa piccola ma inoffensiva voglia di populismo.
 
Non ho alcun problema nel riconoscere al medico il suo ruolo, anzi, il mio collaborare quotidianamente con i colleghi medici rende sicuramente più facile il mio lavoro, come penso la mia collaborazione renda facile il loro, ma resta il dubbio, non può non restare.
Errori si sono commessi, molte delle leggi che regolamentato la mia professione all’atto pratico non hanno avuto nessun effetto, nei reparti si lavora (non in tutti) ancora con gli stessi ritmi e rapporti di 20 anni fa. Ma nei fatti l’azione dell’intersindacale non ha fatto altro che aprire una ferita, che ha ripreso a sanguinare ma a differenza di 20 anni fa, oggi gli infermieri sono più consapevoli, hanno più voglia di contare e soprattutto di dare.
 
Nei social network il tam tam è stato assordante e per la prima volta la classe infermieristica ha alzato le mani ad ha urlato il suo “no, stavolta non ci stiamo”. Non ci siamo frammentati, basta rileggere le dichiarazioni dell’IPASVI  e le reazioni dei colleghi.
Non stiamo delegando alcuna nostra prerogativa professionale alla figura dell’OSS, anzi, il loro apporto è fondamentale perché si possano esplicare le nostre funzioni primarie. Applicare le nostre teoriche sul piano pratico non sarebbe possibile se non avessimo come partner una figura cosi importante come l’OSS.
 
L’infermiere del futuro che ipotizza Cavicchi dovrebbe avere forse la stessa immagine dell’infermiere del passato? Non credo, comprendo la sua voglia di “pace” e la sottoscrivo ma questa “pace” deve essere costruita e non con le stesse basi del passato. Oggi abbiamo bisogno di un Infermiere che sappia e debba essere autonomo pur sempre nell’ambito di una visione interdisciplinare della cura e dell’assistenza, ne abbiamo bisogno perché molti studi dimostrano come la figura infermieristica sia assolutamente centrale rispetto al concetto “salute”.
 
Su una cosa do ragione a Cavicchi al 100%: siamo una professione ineguagliabile, spesso in silenzio, spesso invisibile. Ma ora abbiamo semplicemente detto “basta”, essere “invisibili” può essere una scelta ma certamente non può più essere mediata da qualcun altro.
 
Piero Caramello
Infermiere Esperto in Assistenza Geriatrica
Responsabile Attività Infermieristiche

04 dicembre 2013
© Riproduzione riservata

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