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Infermieri. Si discuta, ma senza denigrare il nostro lavoro

di Piero Caramello

09 GEN - Gentile Direttore,
ho letto con disappunto la lettera del Dr. Minniti, ammetto di averla digerita dopo 24 ore con difficoltà, ma poi l’astio è stato digerito e ha lasciato spazio all’amarezza. Nelle parole del collega medico c’era cosi tanto acredine verso il professionista infermiere che mi sono chiesto non tanto il perché ma verso chi era diretta quella lettera. Sono rimasto allibito per la forza delle sue parole e per l’ironia verso una categoria professionale che non può e non deve essere denigrata anche solo per il lavoro che svolge quotidianamente, a cui aggiungo nonostante blocchi di stipendio e di carriera.

Mi ha stupito l’ignoranza con cui ha sbeffeggiato il S&T, trattandolo alla stregua di “mediconzoli” i colleghi toscani, che tra l’altro vista la mia residenza nella ASF 10 di Firenze, conosco molto bene e ne apprezzo la professionalità.

Io non sono un dottore, nel senso medico, e non sono nemmeno un dottore in senso Infermieristico, sono un infermiere che svolge la sua attività professionale dal 1992 ed ha visto tutta l’evoluzione della professione di questi ultimi 20 anni.

Non è stato facile nemmeno per me adattarmi di volta in volta ai cambiamenti, ma è stato entusiasmante scoprire ogni giorno quanto potevo dare in termini di contributo assistenziale e di cura ai miei pazienti proprio grazie a quei cambiamenti.

Leggo, ascolto tutta la questione delle competenze e mi sono permesso in un paio di occasioni di dire ultimamente la mia opinione, con la solita umiltà che mi contraddistingue anche sul lavoro. Ammetto di aver aderito alla famosa dichiarazione di “guerra” della Sen. Silvestro, ammetto di non aver condiviso alcune letture del Prof. Cavicchi in merito alla questione, ma da professionista operativo ogni giorno pensavo di poter esprimere anche la mia di posizione. Non penso che il medico sia il mio nemico, penso che il medico sia un collega con il quale opero nel quotidiano, penso però che bisogna cominciare a lavorare culturalmente ad una sanità che non sia più medico-centrica ma paziente-centrica.

Mi occupo di Assistenza Geriatrica, i miei pazienti sono quelli che nessuno vuole più in Ospedale, sono quelli che la Demenza si è portata via l’unica cosa che ci regala la vera libertà ossia l’intelletto. Questi pazienti sono affetti da almeno due patologie, oltre al decadimento cognitivo ed io sento, nel mio quotidiano, di poter contribuire alla qualità della loro vita facendo l’unica cosa che un infermiere deve fare “rispondere ai loro bisogni”. Il mio lavoro quotidiano è trovare le risposte, che siano il più aderenti possibili alla loro richiesta. Collaboro con i MMG ed i MCA affinché, perso il sottile equilibrio che li sorregge, si possa far loro ritrovare. Cerco la compliance non solo del paziente ma anche della famiglia che spesso si trova in una condizione di non conoscenza, d sottovalutazione, di paura, di dubbio e spesso di dolore.

Accompagno i miei pazienti verso il fine cercando di rispettare tutte le volontà che sono riuscito ad individuare attraverso l’analisi della storia, dell’anamnesi che per me non è solo “quali malattie ha avuto” ma anche “che lavoro faceva”, “come erano i rapporti in famiglia”, “ha sempre assunto la terapia regolarmente”, eccetera. Seguo alla lettera il mio codice deontologico, cerco le risposte ai quesiti che mi pongono attraverso l’aggiornamento, non per i crediti ECM ma perché ogni giorno la ricerca ci regala nuove strade e nuove soluzioni.

Poi cerco di infondere nel mio gruppo di lavoro il concetto di teorica del nursing, cerco di appassionare i miei colleghi nella ricerca delle migliori strategie assistenziali. Per il 2014 ci siamo posti l’obiettivo di struttura “contenzioni free”, ma non mi limito agli annunci, spiego a tutti le motivazioni che ci sono alla base, compresi i MMG.

Non voglio, caro collega medico, ne fare diagnosi ne prescrivere farmaci ma pretendo di essere attore del mio lavoro in maniera autonoma e responsabile. Quando si parla di prescrizione mi vengono in mente tutte quelle richieste che un MMG deve farmi per l’incontinenza o per la gestione di una stipsi. La domanda che faccio e mi faccio: perché io infermiere non posso prescrivere direttamente tutto questo? Perché un farmaco può essere venduto senza ricetta ed io, che mi reputo un professionista sanitario, non lo posso prescrivere?

Vede, Dr Minniti, non volevo fare il medico. Mi creda, non mi interessa se non mi chiamano Dottore, mi è sufficiente che mi chiamino per nome e spesso non aspetto nemmeno che mi chiaminoNon mi interessava entrare dalla porta della diagnosi, mi ha sempre affascinato l’altra porta: quella della presa in carico, dell’assistenza. Negli anni ho scoperto che quella porta alla fine è la stessa, è davvero convinto che dobbiamo continuare ad aprirvela affinché voi passiate per primi?

Una collega americana ha scritto: fare l’infermiere non era il mio piano B, è sempre stato il mio piano A.  Chiedo rispetto per il mio piano A, poi discutiamo su come costruire la sanità del domani.
 
Piero Caramello
Infermiere Esperto in Assistenza Geriatrica
Responsabile Attività Infermieristiche


09 gennaio 2014
© Riproduzione riservata

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