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Precari ricerca. Bene Lorenzin, ma le sue proposte si applichino a partire da chi è precario oggi

di Eleonora Albanese

02 MAG - Gentile Direttore,
il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel messaggio di saluto inviato al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin in occasione dell' avvio dei lavori degli Stati Generali della Ricerca Sanitaria, ha affermato: “La ricerca sanitaria rappresenta un patrimonio di conoscenze e di esperienze di grande valore per la società, in termini di qualità della vita, di tutela della persona, di crescita delle stesse potenzialità economiche. Il nostro Paese vanta eccellenze in questo campo, così come nell'applicazione di biotecnologie avanzate. Occorre per questo compiere ogni sforzo per incrementare le risorse a disposizione e selezionare gli obiettivi sulla base di strategie ben definite, e il più possibile condivise. Investire nella ricerca vuol dire investire nel nostro futuro e far crescere le potenzialità del Paese. Per questo deve diventare una delle priorità dell'Agenda italiana, anche perchè è un modo per dare opportunità alle giovani generazioni ed evitare che alcuni tra i migliori siano costretti a costruire altrove il proprio percorso professionale".
 
Eppure la ricerca italiana, in particolare sanitaria, soprattutto negli IRCCS, in parallelo a ciò che è accaduto, più in generale, negli ultimi anni nel SSN, si è caratterizzata ed è stata sostenuta in larga maggioranza da precari privi di ogni certezza lavorativa, con basse retribuzioni e senza le tutele proprie del mondo del lavoro pubblico e privato, con un conseguente e consistente aumento di rapporti di lavoro in prevalenza atipici, co.co.co, co.co.pro., assegnisti e contrattisti di ricerca, consulenti, tempi determinati, sia nell'area della ricerca che nell’area dell’assistenza, con anzianità anche di 10-15 anni.
 
Una situazione questa che tuttavia non ha impedito al nostro Paese di rimanere ai più alti livelli di produzione scientifica, ma che ha causato gravi danni a centinaia di giovani ricercatori che dopo molti anni di impegno, anche ad elevati livelli, sono stati costretti a lasciare il mondo della ricerca o a cercare sistemazioni all’estero. In tal senso abbiamo assistito ad una consistente migrazione di risorse intellettuali che ha costituito uno dei fattori che ha messo in luce la necessità di affrontare il problema, che ormai caratterizza il nostro Paese come uno dei peggiori nell’assetto e nell’organizzazione della Ricerca sanitaria a livello internazionale.
 
Sotto questo profilo le proposte avanzate dal Ministro della Salute agli Stati Generali della Ricerca Sanitaria possono e debbono configurare la svolta verso un nuovo scenario che collochi l’Italia tra quei Paesi che investono risorse certe nella Ricerca scientifica, in particolare sanitaria, che ricercano qualità elevata negli assetti della ricerca, che chiedono performance certe ai propri ricercatori, che riconoscono i ricercatori come professionisti del settore con certezza di percorso lavorativo e professionale.
 
D’altro canto la recente Legge Madia ha previsto il riordino degli Enti Pubblici di Ricerca e, per altro verso, con il Jobs act è stata prevista la cessazione dei rapporti di lavoro che oggi sono caratteristici della maggior parte della “forza lavoro” degli IRCCS. Si tratta a questo punto di andare verso una definizione del percorso professionale dei ricercatori che, tenendo conto della loro peculiarità, riepiloghi in termini diversi dal normale contesto del mondo del lavoro il concetto di stabilità del rapporto.
 
Inoltre la Carta Europea dei Ricercatori prevede questi come professionisti veri e propri, operanti in ambiti dotati delle necessarie risorse, posti di fronte a prospettive certe di sviluppo, in uno scenario di flessibilità e di opportune opzioni di mobilità tra settori, paesi e contesti, con un giusto salario e misure di previdenza sociale adeguate. E’ su questi presupposti che appare collocarsi la proposta del Ministro della Salute che mira a definire un nuovo percorso per il personale della ricerca del SSN che affianchi per i ricercatori la continuità alla competitività.
 

La proposta del Ministro, da collocare in una apposita proposta normativa, che auspichiamo venga fatta in tempi brevi, in sintesi si basa su un contratto di lavoro a lungo termine, 10 anni più un possibile rinnovo di 5 anni, a step definiti, e può essere continuativo se sussistono le adeguate condizioni, soggettive, ovvero basate sulla capacità del ricercatore di rispondere a valutazioni progressive e specifiche, sia di merito che in termini di risultato della ricerca, ferme restando le compatibilità in relazione alle risorse economiche dell'Istituto.
 
Si verrebbe così a creare una carriera “a piramide”, con la possibilità finale, dopo un massimo di 15 anni, di rimanere nel settore della ricerca o di entrare nell'organico del SSN. In altre parole il Ministro ha proposto tre principali fasi di percorso, sottoposte a valutazioni progressive in termini di risultati di ricerca, preceduti da una fase di selezione e reclutamento e garantiti nel percorso e nel trattamento sempre che il ricercatore superi le valutazioni progressive. A ciò dovrebbe corrispondere un salario adeguato, articolato come già avviene per il SSN, in parte fissa e parte variabile legata alla misura delle performance in campo di ricerca.
 

La proposta del Ministro Lorenzin è certamente apprezzabile, risponde alla criticità estrema del momento che il Settore della Ricerca sanitaria attraversa all’interno del SSN, ma evidenzia una serie di problematiche. La prima di queste è che la proposta non può e non deve essere intesa proiettata solo sul futuro ma soprattutto riferita al presente ovvero alla risoluzione della vera e propria piaga del precariato della ricerca sanitaria. La proposta pertanto, e questo sarà chiarito dalle organizzazioni sindacali nel corso dei confronti previsti, dovrà dare una risposta concreta all’attuale contesto del precariato della ricerca.
 
Gli step proposti dal Ministro dovranno applicarsi, sotto forma di norme transitorie, agli attuali precari della ricerca che sono in larga parte già oltre ciascuno dei passaggi quinquennali e decennali definiti dal Ministro, e quindi già nelle condizioni di aspirare, nella pienezza dei requisiti previsti, alla stabilità del rapporto nell’area della ricerca o dell’SSN, come la stessa proposta ha previsto.
 
Nessuna soluzione prospettica potrà essere praticata se non a partire dalla risoluzione dell'attuale prevalente fascia di precariato a media lunga anzianità e ad elevata produttività scientifica ormai consolidata nei risultati. Resterà poi da comprendere come dare soluzione, anche qui in norma transitoria, alla questione legata, per chi opterà per il SSN, al possesso dei requisiti di specializzazione oggi previsti, anche utilizzando altri titoli di carriera acquisiti. Infine questione non ultima sarà quella di andare a prevedere le dotazioni organiche della ricerca oggi non presenti in diversi IRCCS del nostro Paese.
 
Eleonora Albanese
Esecutivo Nazionale Anaao Assomed


02 maggio 2016
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