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Stiamo condannando il nostro Ssn?

di Luca Sinibaldi

04 GEN - Gentile Direttore,
mi unisco alla riflessione qui esposta da Andrea Bottega. Riflessione ormai rimbombante e come tale forse ormai esausta nella sua forza. Il richiamo a quell’unità di mission che dovrebbe accomunare trasversalmente gli operatori sanitari, in primis Medici e Infermieri, talmente stretti in un tango interprofessionale da mettere in scena diversi “caschè” a volte…tutt’altro che amorosi e di fronte alla “tragedia” che ormai il mondo del lavoro qui in Italia vede scorrere inesorabile: la diaspora generazionale (i padri, ormai nonni, al lavoro, stanchi e demotivati; i figli, ormai a loro volta padri, raminghi “bamboccioni” d’Europa a rosicchiare un tozzo di pane come camerieri/laureati nei bistròt, a servire i loro coetanei ) insomma…un richiamo all’unità dal colore talmente sbiadito che trarne speranza, francamente, mi pare cosa ardua.
 
Un richiamo all’unità, come dice Bottega, che sembra essere poi minato alla base proprio da quelle istituzioni poste alla guida delle compagini che costituiscono il decantato Servizio Sanitario Nazionale italiano e…forse per questo…sotto attacco, da più parti e da tempo. Perché le cose che funzionano, nel senso dell’efficacia, del risparmio e della qualità, le cose che si sarebbero potute concretamente migliorare evidentemente danno fastidio a chi ha una visione solo imprenditoriale dell’esistenza, trasformando anche il bisogno di cura in una asettica e parametrabile variabile, all’interno dell’equazione post capitalistica. Se così non fosse…insomma….i Pronto soccorso non sarebbero intasati più da tempo, il territorio avrebbe le sue adeguate risorse e la sua ottima organizzazione. I
 
Cittadini si rivolgerebbero all’Ospedale con un’acuzie di grado sempre maggiore (perché adeguatamente assistiti al domicilio), risparmiando ad essi e ai poveri stanchi e insufficienti operatori, tormenti indicibili e spese assurde da sostenere per la copertura del famigerato “posto letto”.

Agitare, da una parte, quel vetusto callo di “privilegio” induritosi sul calcagno dei professionisti medici, dall’altra, l’esatto contrario…quel nervo scoperto di orgoglio tecnico e culturale di cui soffrono gli infermieri italiani (ceneretoli senza entrambe le scarpettein attesa di un principe azzurro definitivamente dissolto), è cosa fin troppo facile per chi, ancora una volta, ha saputo raziare le risorse dalla bisaccia della Sanità Pubblica, con quell’inconfondibile stile di perpetrazione del “vizio pubblico” cui ormai, ogni governo che passa, non sa astenersi!
 
E se chi rappresenta noi Infermieri, i Medici e gli altri operatori sanitari, parte viva ed essenziale della Sanità pubblica e privata italiana, non saprà prendere le distanze politiche da questa oramai palese situazione di degrado, supportando ed invitando i rispettivi affiliati a manifestare il loro aperto dissenso…be…credo che il 2017 non solo sarà, per la sanità italiana e i cittadini, un anno peggiore del precedente, ma segnerà la definitiva morte di un diritto universalistico sancito dalla nostra Carta.
 
Non sarà un caso che proprio mentre si è messa in discussione una parte importante dell’impianto costituzionale, tutta l’area pubblica del lavoro in Italia, viene mantenuta bloccata dal punto di vista contrattuale. Vorrei ricordare che “rinnovo contrattuale” non significa solo adeguamento stipendiale (sacrosanto!) ma anche adeguamento organizzativo. In 7 anni il mondo (ad esempio quello sanitario) è cambiato e progredito tecnologicamente in modo esponenziale.
 
A questo progresso è necessario rispondere rapidamente con efficaci adeguamenti normativi che trovino la loro applicazione proprio attraverso gli adeguamenti contrattuali. Fermare questi adeguamenti ha significato, per l’Italia, fermareil tempo e creare un ritardo spaventoso che pesa sulle spalle di operatori e cittadini: chi pagherà questo ritardo? Chi pagherà questi errori politici?
 
Luca Sinibaldi 
Infermiere di Medicina Generale

04 gennaio 2017
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