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Se la base della nuova alleanza medico-paziente è lo strumento burocratico del consenso informato

di Pietro Cavalli

07 DIC - Gentile direttore,
Quando il prof. Cavicchi parla di medicina amministrata, ho sempre il timore di non comprenderlo appieno. Cosa vuol dire medicina amministrata?

Forse i mille impicci ed inghippi della normativa locale, regionale, nazionale che regolano finemente ogni possibile intervento diagnostico, terapeutico, finanche prognostico? Forse la retorica delle raccomandazioni/linee guida/algoritmi decisionali che oggi, a dispetto delle intenzioni di Sackett, si sono trasformate in vere e proprie tavole della legge? Forse una professione che per essere esercitata necessita di un indispensabile ed importante supporto medico legale? Forse la latitanza di alcuni ordini professionali che lasciano spesso soli e disarmati i loro iscritti a vedersela con i cavilli giuridici-burocratici e le rappresaglie del potere politico? Forse la necessità di chinare sempre la testa davanti ad assessori e funzionari che hanno già deciso cosa va bene per il medico ed il paziente? Forse questo, ma molto altro ancora.

Nella definizione di medicina amministrata magari è ora di introdurre una riflessione anche sull’ampia problematica del consenso informato, ennesima riprova che la strada dell’inferno può essere lastricata dalle migliori intenzioni.

La base del consenso informato è, mi pare, il rispetto dell’autonomia del paziente. Immagino che il termine autonomia si debba intendere nella sua accezione kantiana, anche se non sono proprio sicuro che oggi abbia lo stesso significato.

Tuttavia, tralasciando discussioni dotte e poco comprensibili ad un medico normale, quale io sono, e riportando i problemi nella loro dimensione quotidiana, molti di noi si sono ormai accorti che il consenso informato è diventato assai spesso una foglia di fico che dà l’impressione di mettere il medico al riparo da ritorsioni giudiziarie. E allora, come ho già avuto modi di affermare, si elaborano testi assai minuziosi, che elencano, tra l’altro, gli effetti collaterali rari, comuni, frequenti e molto frequenti, con le rispettive percentuali, nell’illusione di costruire una barriera nei confronti di una possibile azione di rivalsa del paziente.
 
Tralasciando le forme tipografiche di consenso informato estese e ridondanti, fingendo di non vedere le reali condizioni di “somministrazione”, ignorando le modalità con le quali viene redatta la modulistica, dimenticando la dettagliata normativa relativa alla sua archiviazione, al di là delle buone intenzioni iniziali che, non dimentichiamolo, derivano dagli orrori nazisti, cosa è diventato oggi il consenso informato? Spiace constatare che, invece di costituire la base di una nuova alleanza tra medico e paziente, sia diventato uno strumento burocratico per una medicina ferocemente difensiva.

Ed è normale che siamo arrivati a questo punto, dal momento che, invece di lavorare sulle persone, invece di coinvolgere i medici in una Visione diversa della Medicina, si è preferito lavorare sugli strumenti, con lo sguardo miope di chi ritiene che siano gli strumenti a risolvere il problema, non già le mani e la testa di chi questi strumenti li usa.

Per i motivi sopra esposti, è difficile immaginare oggi la nostra professione senza “consenso informato”. Però verrebbe da aggiungere che il mondo della Medicina non si può (deve?) ridurre a questo e neppure che il consenso informato debba essere considerato lo strumento per risolvere tutti i problemi della Medicina. Stiamo parlando di un mezzo, appunto, non di un fine.

Ogni mezzo può essere molto utile, addirittura indispensabile. Come il martello, ad esempio. Seppure sia difficile immaginare un mondo senza martelli, vale la pena di ricordare Arthur Bloch: “Se tutto quello che hai è un martello, allora tutto ti sembra un chiodo”.

Il guaio è quando alcuni pensano di utilizzare il consenso informato come un martello, senza essere neppure carpentieri.

Vorrei umilmente aggiungere che il martello, se usato male, pur senza intenzioni malevole, può produrre danni anche rilevanti. Anche perchè, nella vita reale, lo strumento “consenso informato” non appare più lo stesso di quando si proponeva di rivoluzionare il rapporto medico-paziente.   
 
Pietro Cavalli
Medico

07 dicembre 2017
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